Antimafia e rapine: 5 arresti dei carabinieri


Pubblicato il 21 Febbraio 2013

Operazione contro presunti affiliati al clan Santapaola-Ercolano, c’è anche il figlio di Sebastiano Sciuto “Nuccio Coscia”, “pezzo da novanta” della mafia acese…

di iena giudiziaria

I carabinieri della Compagnia di Acireale hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di altrettanti presunti affiliati a Cosa Nostra appartenenti al clan Santapaola-Ercolano, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso finalizzata alla commissione di rapine.

I provvedimenti, dell’operazione denominata “Squalo”, sono stati eseguiti nei confronti di:

Antonino Patanè, nato ad Acicatena il 5 marzo del 1966 ritenuto dagli inquirenti reggente della cosca santapaoliana di Acireale/Acicatena;

Salvatore Indelicato, nato ad Acireale il 14 aprile del 1970;

Stefano Sciuto, nato a Catania il 21 agosto 1982 e residente ad Acicatena, figlio di Sebastiano “Nuccio Coscia” pluriomicida attualmente in carcere per scontare l’ergastolo;

Camillo Brancato, nato a Catania il 16 gennaio 1976 e residente a Giardini Naxos;Calogero Paolo Polisano, nato a Delia e residente ad Acireale.

Tra le rapine contestate nel provvedimento è da segnalare quella commessa nel febbraio del 2008 a Nicolosi ai danni della gioielleria “Pierre Bonnet”, cui prese parte Stefano Sciuto, nel corso della quale il titolare dell’esercizio commerciale, esplodendo numerosi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo dei tre rapinatori armati causò la morte di Sebastiano Catania, figllio dell’ergastolano Alfio e di Davide Laudani, nonchè il ferimento di Fabio Pappalardo.

Altra rapina di riferimento è quella perpretata nell’aprile del 2008 ai danni dell’agenzia di Credito Siciliano di Francavilla di Sicilia (alla quale presero parte Sciuto e Brancato) nell’ambito della quale i quattro rapinatori brandendo armi da taglio si impossesarono della somma di 2.343 euro.


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