di Marco Iacona

Auguri alla destra, auguri alla sinistra. A Catania è tempo di campagna elettorale, è tempo che i candidati pronuncino qualche discorsetto circa le intenzioni e le possibilità di far valere codeste intenzioni nel corso degli anni.

Chiunque vinca (o forse è meglio dire: perda), sarà la solita noiosissima passerella con facce grigissime e qualche bla bla pronunciato in presenza di cittadini disaffezionati alla politica o per meglio dire alla democrazia. Enrico Trantino parte coi “favori del pronostico” sostenuto com’è da un centro-destra, cioè dai conservatori, più o meno d’accordo su tutto (cioè che vincere è tutto); Maurizio Caserta invece dovrebbe rappresentare il nuovo che avanza, nuovo nei modi (forse), nei temi (probabilmente) e nelle eventuali risultanze. Se vincesse Trantino vedremmo le solite facce di destra, centro-destra occupare le solite poltrone portando a spasso l’idea (poi subito tramutata in prassi) che l’amministrare sia un freddo dirigere la cosa per la cosa, con un’adeguata spolverata di divertimenti (il circo) e qualche misuratissima uscita meta-politica, misuratissima ché la destra teme più di ogni altra forza politica il giudizio non della gente ma dei cosiddetti intellettuali di sinistra (cioè dei “padroni della parola”), che avvalendosi delle mille risorse inscritte nella categoria morale dell’antifascismo, vigilerebbero sull’andazzo del governo locale, non tanto sulle procedure quanto appunto sulle parole. Giovanni Orsina scriveva sulla “Stampa” oggi che il governo centrale – quello cioè della Meloni – non ha pressoché spazio di manovra rispetto a un indirizzo politico già dettato da ben altri soggetti, figuriamoci dunque cosa potrebbe fare un governicchio locale forte di cinque-sei laureati e/o borghesi tuttofare.

Il tutto si giocherà, come sempre, sulla parola e lì la sinistra è sempre stata imbattibile. Invero, anche sul fattore simpatia poi, la sinistra avrebbe molto da guadagnare. E da questo punto di vista, strano a dirsi, sembra che le cose stiano andando per il “verso giusto”; una sinistra (finalmente) più umana e comunicativa contro una destra rigida e boriosetta che più che nella cittadinanza ha sempre creduto nei possibili affari della cittadinanza, affari da trasformare prontamente nel proprio utile. La sola cosa in cui Pogliese era riuscito era quella di offrire un’immagine “sana” di ordinarietà di una destra “semplice” e non da quartieri alti. Su tutto il resto però è bene sorvolare. Adesso non vedo più neanche quello, neanche quella (apparente) leggerezza scapagniniana che, diciamocelo, i catanesi non hanno mai dimenticato. Chissà come andrà… Sarei infine curioso di sapere quale nome proporrà, il nuovo sindaco, per la delega alla cultura. Catania ha una responsabilità e un peso di livello europeo, e mettere una donna tanto per necessità di quote rosa, una “manager” o una tizia con belle gambe non funzionerebbe. Sarebbe bene ricordare alle donne “di destra” che una volta esse si limitavano al ruolo di amanti, ed è bene che prima o poi la destra “tradizionale” lo ricordi senza tema di replica o di aggressione.

Caserta invece è un professore universitario, se bravo o meno non so. Se amato o meno dagli studenti non mi è dato da sapere. Probabilmente gode dell’appoggio, non incondizionato, della Catania colta, “liberal”, progressista, un po’ troppo bernsteiniana (cioè quella che Tom Wolfe descrisse nel libro “Lo chic radicale” edito da quella meravigliosa casa editrice che era Rusconi che pubblicava contemporaneamente Sermonti, Del Noce, Bernanos e Sedlmayr), oggi parecchio aziendalista epperò dotata di notevole spirito critico, e chiarissima nel dire “cosa” e nel non dire “quanto”. La differenza infatti, al di là delle ristrette possibilità di prevalere sul complesso di un apparato cittadino e provinciale elefantiaco, improduttivo, ammalato da tempo sarà nella chiarezza e nella validità di messaggi e annunci opportunamente trasformati in “profondissime” verità. La sinistra è più brava, la sinistra è forse imbattibile ché abilissima a giocare contemporaneamente più partite sui tavoli della memoria lunga e breve. Da un lato quasi mai rinnegando la propria azione nobilitandola con le “giuste citazioni”, dall’altro sempre pronta a rinnovare il proprio vocabolario pescando nel calderone di nuovi e “assurdi” diritti per qualcosa e a qualcosa. Anche nel campo delle crisi della democrazia la sinistra avrà da dire senz’altro di più. Laddove per la destra il popolo in politica ha valore occasionale (quasi un incidente della storia che costringe a ripensare se stessi), per la sinistra ha valore strumentale (non un incidente della storia ma un soggetto eventualmente da domare o convertire), insomma per la destra il popolo è un fatto, per la sinistra (ancora) un “luogo” di esercizio. Se Caserta e gli altri lo capiranno maledettamente in fretta (i tempi sono strettissimi) la vittoria sarà sicuramente loro.

Auguri alla mia città, dunque. Comunque vada sarà un passo avanti, ma verso cosa?

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Iene Sicule

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