Catania, ‘Iblis’, ma non solo, ovvero quando Procura della Repubblica e Ufficio Gip la pensano diversamente

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di Fabio Cantarella

L’udienza del procedimento “Iblis” a carico dei fratelli Angelo e Raffaele Lombardo, tenuta ieri davanti al Giudice per le indagini preliminari, Marina Rizza, ha confermato con forza un dato già emerso più volte negli ultimi tempi, ossia la profonda diversità di vedute tra la Procura della Repubblica e l’Ufficio Gip del Tribunale di Catania.

Un elemento a nostro avviso che deve essere valutato con estrema positività perché evidenzia l’assoluta indipendenza tra i due uffici. A differenza di altri, noi riteniamo che questo dato sia sinonimo di efficienza, competenza, professionalità e soprattutto, lo ribadiamo, indipendenza.

Come dicevamo è già successo più volte che Procura e Ufficio Gip la pensassero diversamente. “Iblis” su tutti. In esso, infatti, la Procura di Catania aveva chiesto più volte l’archiviazione per l’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa a carico dei fratelli Lombardo, ma il Gip, Luigi Barone, uno dei più preparati e appassionati del proprio lavoro, si era pronunciato assumendo una posizione totalmente contrapposta a quella dell’Ufficio retto dal dott. Giovanni Salvi (nella foto), tanto da ordinare l’imputazione coatta dei fratelli Lombardo accusandoli di concorso esterno all’associazione mafiosa e voto di scambio aggravato.

Ieri la Procura di Catania, anche alla luce delle risultanze istruttorie acquisite negli ultimi mesi, ha modificato la propria posizione dimostrando, ancora oggi, di non condividere appieno la tesi giuridica del dott. Barone, il gip dell’imputazione coatta per concorso esterno all’associazione mafiosa nell’altro troncone. Ieri, infatti, la Procura di Catania, nei confronti del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa, ha depositato una richiesta di rinvio a giudizio per reato elettorale aggravato dall’avere favorito l’associazione mafiosa, coerentemente a quanto chiesto in aula davanti al giudice monocratico Michele Fichera, dai procuratori aggiunti Michelangelo Patanè e Carmelo Zuccaro. Certo sono tronconi diversi, ma i fatti sono sostanzialmente gli stessi. Anche per questo saranno, con tutta probabilità, riuniti.

A renderlo noto, che la Procura ha avanzato richiesta di rinvio a giudizio per voto di scambio aggravate (adesso ci riferiamo al primo troncone processuale) al termine dell’udienza davanti al Gip, è stato lo stesso procuratore capo, Giovanni Salvi, un altro magistrato che per esperienza e qualità professionali è senza dubbio tra i più preparati in Italia e i frutti del suo lavoro catanese iniziano già a vedersi.

Certo, però, che fa specie vedere il Gip ipotizzare reati per i quali la Procura ha chiesto l’archiviazione anche perché nell’immaginario collettivo la Pubblica Accusa dovrebbe essere quella che osa di più.

Si tratta di una diversità di vedute che si è presentata anche in altre occasioni, per esempio nel procedimento penale relativo al cosiddetto scandalo dei servizi sociali del Comune di Catania. Anche in quell’occasione, per esempio, la Procura della Repubblica di Catania aveva chiesto l’archiviazione della posizione del sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, ma l’Ufficio Gip non ha condiviso per ben due volte, tanto che la dottoressa Sammartino ha prima disposto l’imputazione coatta di Raffaele Stancanelli e poi un altro Gip, il dott. Barone, lo ha definitivamente rinviato a giudizio per abuso d’ufficio.

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Redazione Iene Siciliane

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