Catania

CATANIA S’INFILTRA NELLA MAFIA

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Schizo-cronaca di una città surreale.

di Marco Benanti.

Ha apprezzato davvero la mafia catanese gli ultimi dati sulla condizione sociale ed economica venuti dalla visita della Commissione Regionale Antimafia, guidata da quel burlone di Antonello Cracolici. Un uomo di mondo, divertente e simpaticone, anche e soprattutto nelle vesti di rappresentante delle istituzioni di questa “Repubblica antifascista” (caso da manuale di stato postfascista governato da forze culturalmente omogenee).

“Nel Catanese siamo passati da 40 segnalazioni di abbandono scolastico a oltre 1000, e non perchè qui siano aumentati gli abbandoni, ma sono piuttosto in aumento le segnalazioni“-così dixit Antonello. Non c’è niente da ridere, al massimo da apprezzare la satira involontaria.

Un esercito vero e proprio di ragazzi senza coscienza, senza istruzione, senza identità di sé che popola Catania e rende un “utile servizio” alla criminalità più o meno mafiosa: accade da decenni. Chi scrive leggeva del “giovani senza scuola” nel 1981. In quegli anni, il Presidente del Tribunale dei Minorenni Giambattista Scidà descrisse il fenomeno nelle sue implicazione di Potere: un “fiume” di energie per la mafia, realizzato grazie -e non malgrado- alle istituzioni di questo Stato, che spendevano in modo distorto le risorse pubbliche (consulenze, incarichi, sovvenzioni varie per gli amici e gli amici degli amici, dicono che ora non sia più così…). Risultato? Niente scuola, niente lavoro, niente Costituzione (antifascista). Insomma, un caso da manuale di “mafia amministrativa”.

Sulla Rai negli anni Settanta (programma “Az un fatto come e perché”) nel 1975 si parlava di Catania “capitale” della criminalità minorile. Il giornalista Nuccio Puleo portò le telecamere e il microfono a San Cristoforo, nel centro “brutto, sporco e cattivo”, per fare parlare i “giovani senza futuro”.

San Cristoforo oggi è ricoperta di microdiscariche di rifiuti: dicono che sia un problema che non si può risolvere. Chi ci guadagna? Scusate la domanda inopportuna.

Allora, la “città perbene” reagiva male: perché non una bella “pena di morte” per gli scippatori? Allora, erano i “penbensanti” di destra, oggi quasi le stesse cose le puoi sentire dai “benpensanti” di sinistra. Per loro, per la loro cultura (la stessa che li fa elogiare i “procuratori antimafia” con le loro manette di Stato) prima viene lo Stato, più o meno etico. A Catania, alla Procura è atteso il “nuovo”: dicono che sarà una “soluzione interna”. Come tradizione vuole. Eppure, oggi dall’Antimafia di Stato si parla di “modello Catania” nella lotta alla mafia. Proprio così.

A parte le burle, a parole il solito clichè del “prendiamoci per il culo”, uno potrebbe magari pensare che è Catania ad essersi infiltrata nella mafia. Che potrebbe sentirsi danneggiata. La “borghesia stracciona” che comanda a Catania e utilizza come “cane da guardia” le varie Cose nostre e cose loro, potrebbe un giorno essere chiamata a risponderne.

Che volevate fare il Pua? Le possibili opere, più o meno grandi, che si potevano o si possono fare non sono poche. Chissà se la mafia aveva o ha interessi. Chissà, puà. Potrebbe essere. La relazione della Dia, le sue analisi sull’imprenditoria, andrebbe letta: magari al contrario?

Milioni di euro per le reti idrauliche, boh. Quanti anni ci vorranno? Per adesso, non si fa. E la mafia potrebbe –sottolineiamo che è un’eventualità- rimetterci. Magari oggi va meglio, è più “alla moda” il metaverso, internet applicato agli affari: ma non tocchiamo quegli splendidi luoghi di scambio e di gioco che pullulano sotto l’Etna.

Anche perché una volta “’a manicula furriava” (per i non catanesi, la “cazzuola girava”), i palazzi si facevano in serie, i “cavalieri del lavoro” davano lavoro e progresso civile, chi ne parlava male era forse “invidioso” (il giornale di Ciancio e dei “liberali italiani” ha fatto pure questo, oggi vogliono sostenerlo col denaro pubblico e l’appoggio dei “lettori”).

L’edilizia, in realtà, a Catania non va così male: ogni tanto, come nel Vecchio San Berillo, in quella che il catanese con il suo provincialismo aveva chiamato la “City”, si improvvisa la “battaglia del decoro” o per cose simili. E il valore immobiliare? Mai dire mai.

A pochi metri dalla stazione centrale, stanno facendo la nuova “Cittadella giudiziaria”: mai luogo fu più adatto. A pochi metri dalla stazione, magari per scappare più rapidamente (nella sentenza che ha rigettato il ricorso contro l’opera si minimizza la distanza dal parcheggio più vicino, quello di piazza della Repubblica. Sembra sia solo un dettaglio). Scappare più rapidamente, allora. Sì, dalla Giustizia. Perché parlare di Giustizia a Catania è sempre e comunque un’offesa all’Intelligenza: puoi parlare di “quartieri ghetto” come di “scuola”, il risultato è sempre lo stesso. Ci credono solo i “mentecatti della legalità”, con la loro ideologia securitaria.

Gli affari vanno male? La mafia ci rimette! Il “Modello Catania” è anche questo: una serie di annunci. Di prese per il culo. Perché la memoria non esiste e se esiste va combattuta. Come la Storia a scuola, una delle “ossessioni” degli “ideologi del comando”. E li capiamo bene.

I parcheggi a Catania? No. Magari un altro giorno. Il “water front”? Che diamine! Volete un aeroporto in stile occidentale e non in “Bogotà style”? Ma che pretese! E al Porto? Passa “neve” o soltanto banane? I miliardi della “Ercolano family” da dove arrivano? Eventualità. L’eventualità di interessi mafiosi è nel campo delle ipotesi, nel campo della realtà è il “modello imprenditoria narcos” per tanti giovani catanesi. Splendido risultato dello sforzo nell’istruzione di Stato. A proposito, chi comanda nella logistica? Come si lavora in questo “settore strategico”, come dicono quelli con le “scuole alte”?

Ogni tanto, i radical-chic di “sinistra” ironizzano sul traffico: non lo possono fare i “poveri cristi” che per vivere devono lavorare e perdono anni della loro vita in mezzo al caos di una “città mostro”. Non hanno rendite. Colpa loro. E la mafia se avesse un qualche interesse? Ci rimetterebbe.

Povera mafia: il “modello Catania” va processato. E la mafia si deve costituire parte civile. Contro la “borghesia stracciona” rossazzurra.

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Benanti

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