di Marco Iacona.

Fuori dalle mura catanesi da anni, mi “godo” il risultato ampiamente nelle previsioni. Enrico Trantino, avvocato penalista, Figlio di Enzo, avvocato penalista, è il nuovo sindaco di Catania. Nuovo nel senso che prima c’era un altro, Salvo Pogliese; ma non del tutto nuovo se si considera che, l’avvocato Enrico fu parte, anche se non da subito, della fallimentare giunta di quel tifosone del Catania Calcio, oggi senatore della Repubblica, con tanto di poster di Ezra Pound in cameretta (che male c’è? una volta l’ex sindaco orgogliosamente riferì di essere tifosone anche dell’autore dei Cantos).

Come è possibile, direte? Possibilissimo replico e con due parole. Tutto merito della sinistra, a Catania poco più che una burletta almeno politicamente, andate però a scandagliare le aule universitarie o cercate tra gruppi di massoni, “para-massoni” e paraculi per capire in quali luoghi e soprattutto come la sinistra giochi le proprie carte.

Lì è davvero un’altra storia. Lì quella destra spocchiosa che vince a mani basse le elezioni è “culo e camicia” col “nemico”. Fottendosene di “princìpi” e tradizioni culturali, essa bada a ingollare gocce di qualcosa offerte dai detentori del potere promettendo di ben comportarsi lasciando da parte i vari Evola, Juenger, Spengler, Mishima e compagnia cantante, autori cioè che quella sinistra (e quella destra se così formata) la prenderebbero volentieri a pedate.

Tutto merito dei leader nazionali anche. Di tale Salvini colto come un attore da commedia all’italiana o Meloni che pare riesca (ancora) a mettere d’accordo tutti: ex fascisti, se ce ne sono, nostalgici del passato e del futuro (come diceva “papà” Almirante), arrivisti, presenzialisti e qualche liberaluccio in vena di dialogo. Ma durerà poco. L’ho detto e lo ripeto, una volta votare destra, soprattutto a Catania, significava schierarsi contro il potere, protestare contro il sistema, assumersi la responsabilità del ghetto, paradossalmente però, credo si intuisca l’ironia, quando la destra è certa di occupare una stanza dei bottoni che non le è mai dispiaciuta (e ultimamente queste certezze sono diventate numerosissime), quel lato oscuro di estrazione borghese (loro sapranno di che parlo) si dà repentinamente a scortare la “carrozza”, per tradurre i passeggeri-cittadini in quei luoghi fisici o del pensiero che per nulla al mondo, essa, la destra, darebbe per persi. Altro che tradizionalismo o difesa di “posizioni perdute”.

Hanno vinto tutti dunque. Catania avrà il suo capacissimo sindaco, la destra potrà aggiungere un altro scalpo alla cintura, la sinistra non lascerà le sponde del potere culturale continuando a espettorare menate buoniste e/o comunistoidi (tanto per dimostrare che aveva ragione), la borghesia avrà il proprio referente, i cittadini lumpen si dedicheranno ai loro affaracci, la maggioranza nazionale ne uscirà rafforzata, i catanesi in generale si beeranno di aver eletto un sindaco dal così importante cognome. E via così.

Uno sconfitto, però, sono riuscito a scovarlo. Si chiama democrazia dell’alternanza. Per essa e secondo i suoi princìpi, governare male per una stagione dovrebbe tradursi in una bocciatura per gli amministratori uscenti; i cittadini quindi sceglierebbero o un membro dell’opposizione o magari un outsider per, come dire, rimettere le cose a posto. E oggi non è avvenuto. Spiegare il perché, al di là delle poche battute di questo intervento, sarebbe complicatissimo. Diciamo allora che, per concludere, la destra a Catania ha sconfitto la democrazia e l’ha fatto con le armi della stessa democrazia, cioè col voto. Mi chiedo però, per concludere, a chi (e a cosa) serva questo voto. Visto anche che metà dei cittadini oramai se ne lava le mani. Ma qui lascio la parola a chi vorrà volentieri dilungarsi…

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Iene Sicule

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