Giudiziaria: sfruttatori di prostitute? No assolti


Pubblicato il 07 Novembre 2019

Quattro uomini di mezza età privi di precedenti penali, erano stati persino arrestati nel lontano agosto 2011, dalla polizia di Catania, in quanto accusati di sfruttamento della prostituzione per avere presuntivamente gestito all’interno di una ex discoteca catanese, Medea Club, poi denominata Pakidù, una serie di ballerine di lapdance che se plus-pagate si sarebbero intrattenute in privato con i clienti, cedendo nude ad interazioni erotiche vietate con gli stessi.

Nonostante la difesa avesse effettuato investigazioni difensive, ascoltando una dozzina di ragazze e qualche avventore che smentivano l’accusa contestata, così come una decina di questi sentiti invano dagli inquirenti, erano stati tutti condannati in primo grado con identica pena pari a quasi due anni di reclusione, dando credito ai racconti di una sola delle danzatrici al palo e del suo accompagnatore.

A nulla erano valse le ritrattazioni o contraddizioni della coppia sentita in giudizio di primo grado, che cercavano di meglio spiegare le dichiarazioni rese nella notte di piena estate alle stesse forze dell’ordine che avevano fatto irruzione in borghese, fingendosi interessati al ballo artistico, che sostenevano di averli visti entrambi riabbigliarsi anche se una perizia di parte aveva smentito tale effettiva possibilità.

Dopo otto anni, sorprendentemente, sulla scorta degli stessi elementi e avvocati, Eleonora Baratta e Claudio Galletta, qualche giorno fa, solo due di essi -Antonio C. e Giuseppe V.- difesi metà ciascuno come i condannati e cioè uno dalla prima e l’altro dal secondo, sono stati assolti dalla prima sezione della Corte d’Appello di Catania (Presidente Rosa Anna Castagnola) dalla grave accusa, forse perchè decisiva una circostanza che conosceremo dopo il deposito delle motivazioni.


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