Lo Monaco condannato per violenza privata nei confronti del giornalista della Gazzetta Alessio D’Urso: ecco tutta la sentenza!


Pubblicato il 18 Novembre 2011

Vi riportiamo, in esclusiva per i lettori di ienesiciliane.it, la sentenza con la quale il giudice monocratico Antonino Fallone, della Seconda sezione penale del Tribunale di Catania, ha condannato l’amministratore delegato del Calcio Catania Pietro Lo Monaco, riconoscendolo colpevole di violenza privata in continuazione nei confronti del giornalista della Gazzetta dello Sport, Alessio D’Urso.

A voi i particolari nei fatti riportati nel provvedimento del giudice, fatti a seguito dei quali il dott. Fallone ha ritenuto di dover condannare Pietro Lo Monaco. Approfittiamo per ribadire che su queste pagine abbiamo più volte esaltato le capacità professionali di Pietro Lo Monaco, unico e vero artefice di questo Catania che non smette mai di entusiasmare i propri tifosi. Tuttavia, in questa occasione, non possiamo che schierarci a fianco del collega Alessio D’Urso per l’inaccettabile trattamento che gli è stato riservato e che voi stessi, leggendo i fatti esposti nella sentenza che segue, potrete valutare. E’ lunga, circa 50 pagine, ma in essa troverete il racconto di numerosi noti giornalisti, dirigenti e addetti alla sicurezza. Scusate eventuali errori (soprattutto accenti e apostrofi) generati dal programma che ha convertito il file dal formato pdf.

SENTENZAIn prima istanzaUDIENZA del 18.10.2011N. 1668/01 RoG. Trib.N. 11216/07 R.G. N.R.REPUBBLICA ITALIANAIn nome del Popolo ItalianoIl Tribunale penale di Catania 2° Sez. in composizione monocratica in persona del dott. A. Fallone ha pronunciato la seguenteSENTENZAnel procedimenlo penaleCONTROLo Monaco Pietro nato a Torre Annunziata l’01.11.1954 con domicilio dichiarato presso lo studio dell’Avv. Piero Amara; Libero, contumaceIMPUTATOIn relazione al seguenti capi:A) reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 1 e 610 c.p., perché, in concorso e previo concerto tra di loro, impedivano al giornalista D’URSO Alessio prima di accedere allo stadio Comunale di Paternò per la partita Catania-Gela e poi di accedere alla tribuna stampa di Paternò. Ed infatti all’arrivo allo stadio il D’URSO veniva bloccato da MAGNI Arturo che gli impediva l’accesso allo stadio tramite una ostruzione fisica e dando disposizioni in tal senso al personale della sicurezza. Successivamente (dopo che il D’URSO riusciva ad accedere allo stadio tramite l’intervento dei Carabinieri) una volta che il D’URSO giungeva presso la tribuna stampa, veniva prima fermato da LO MONACO Pietro che gli intimava di lasciare il settore riservato al giornalisti con gesti minacciosi ed esplicite esortazioni (“qui non puoistare, vai via, vattene”), e poi veniva accompagnato fuori da PULVIRENTI Antonino che gli diceva di lasciare la tribuna “perché altrimenti la situazione avrebbe potuto prendere una brutta piega”. Con l’aggravante di aver agito per futili motivi, non gradendo il contento degli articoli di stampa del D’URSO sul Calcio Catania. In Paternò il 29.07.2007

LO MONACO PietroB) reato p. e p. dagli artt. 61 n. 1, 81 e 610 C.p., perché, nella sua qualità di Amministratore delegato del Calcio Catania, in più occasioni, dando la disposizione al personale della sicurezza di impedire fisicamente l’accesso alla sala stampa dello stadio Massimino e/o agli incontri con la stampa al giomalista D’URSO Alessio, impediva allo stesso di accedere alla sala stampa. Ed infatti il D’URSO presentatosi per accedere agli incontri con la stampa in occasione del dopo partita di Catania-Genova del 02.09.2007, in occasione dell’incontro del 14.04.2008 in vista della trasferta per la semifinale di Coppa Italia, in occasione del dopo partita di Catania-Lazio del 20.04.2008, in occasione del dopo partita di Catania-Reggina del 04.05.2008 non poteva mai accedervi in quanto gli veniva impedito con la forza l’accesso dal personale di sicurezza su espressa indicazione del LO MONACO alla presanza degli altri giomailsti. Con l’aggravante di aver agito per futili motivi, non gradendo il contenuto degli articoli di stampa del D’URSO sul Calcio Catania. In Catania il 02.09.2007

LO MONACO Pietro e xxxxx xxxxxxC) reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 1 e 610 c.p., perché, il LO MONACO nella sua qualità di Amministratore delegato del Calcio Catania, dando disposizione al personale della sicurezza di impedire fisicamente l’accesso alla sala stampa della sede del Calcio Catania al giornalista D’URSO Alessio in occasione della presentazione del nuovo allenatore, impediva allo stesso di accedere alla sala stampa. Ed infatti recatosi presso la sala stampa, gli veniva impedito con la forza l’accesso da parte del MAGNI, che lo faceva altresì allontanare dalla sede del Calcio Catania. Con l’aggravante di aver agito per futili motivi non gradendo il contenuto degli articoli di stampa del D’URSO sul Calcio Catania. In Catania il 01.04.20.08

Il Pubblico Ministero Dott.ssa Vincenza Gambera V.P.O., il difensore Avv. Piero Amara di fiducia per l’imputato, il difensore Avv. Caterina Malavenda per la parte civile D’Urso Alessio.Le parti hanno concluso come segue:Il P.M. chiede l’assoluzione per non aver commesso il fatto.Il difensore della parte civile conclude come da comparsa conclusionale che deposita unitamente alla nota spese.Il difensore dell’imputato chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Deposita note difensive e documenti legali ‘allegati.IN FATTO E IN DIRITTO

Emesso dal Pubblico ministero il decreto di citazione a giudizio nei confronti di Magni Arturo, Lo Monaco Pietro e Pulvirenti Antonino, stralciate le posizioni di Magni e Pulvirenti che chiedevano di procedersi con le forme del rito abbreviato e il cui giudizio veniva conseguentemente celebrato dinanzi ad altro Giudice, verificata la regolarità del contraddittorio nei confronti di Lo Manaco Pietro, del quale stante l’assenza se ne dichiarava la contumacia, e la regolarità della costituzione di parte civile D’Urso Alessio avvenuta fuori udienza regolarmente notificata alle altre parti ex art. 78 c.p.p., preliminarmente il Pubblico ministero all’udienza del 21 Maggio 2009, provvedeva alla rettifica del capo d’imputazione contestato alla lettera B) del decreto di citazione, modificando la data di consumazione dei reati ricompresi nella lettera B) dall’originaria formulazione “in Catania il2 settembre 2007” nella nuova formulazione “In Catania dal 2 settembre 2007 al 4 maggio 2008” (p. 20 del verbale di udienza).Diversamente da quanto osservato dalla Difesa dell’imputato tale rettificà è da considerare dei tutto legittima costituendo un mera rettifica e non già una modifica del capo d’imputazione (arg. ex Casso sez. V sent. 13267 del 21/10/1999 Rv 214605) trattandosi sostanzialmente di un errore materiale desumibile dallo stesso tenore letterale del capo d’imputazione (ed invero mentre nel capo d’imputazione si fa espresso riferimento a diversi episodi di violenza tutti indicati specificamente anche in relazione alla singola data di commissione del reato, nell’indicare la data di commissione di relativi reati veniva erroneamente indicata solo la data del primo episodio e non anche le altre date; ed infatti in sede di rettifica il Pubblico ministero ha precisato che i reati sono stati commessi dal 2/9/2007, data di commissione del primo episodio di violenza contestato, al 4 maggio 2008; data di commissione dell’ultimo episodio di violenza contestato specificamente nel capo d’imputazione di cui alla lettera B).

E’ in tale clima e contesto circa i rapporti tra D’Urso e Lo Monaco che s’inseriscono i singoli episodi di violenza di cui ai capi d’imputazione sui quali il D’Vrso ha specificamente riferito. Iniziando dall’episodio verificato si in data 29 luglio 2007 (capo A della rubrica), il giornalista ha dichiarato che in tale data si recò presso lo stadio del comune di Paternò per espletare la su attività di giornalista sportivo relativamente alla partita di calcio amichevole Catania/Gela; ivi giunto circa un quarto d’ora prima dell’inizio della partita, recatosi all’ingresso della tribuna stampa, munito di regolare richiesta di accredito e del suo tesserino Coni, gli venne impedito l’ingresso allo stadio dal responsabile della sicurezza del calcio Catania, Magni Arturo, che gli diceva in maniera esplicita che la sua presenza non era gradita al Direttore Lo Monaco e che quindi se ne doveva andare; insieme al Magni era presente anche l’addetta stampa del Calcio Catania Evelin Trochidis; precisa D’Vrso che al suo tentativo di entrare, gli venne opposta una netta ostruzione fisica e poco dopo il cancello veniva chiuso con un lucchetto; in seguito a ciò D’Vrso si rivolse ai Carabinieri presenti, spiegando la situazione; quindi insieme ai militari tornò nuovamente dal Magni, il quale dopo essersi allontanato, per parlare verosimilmente con il Lo Monaco, ritornàto dal D’Vrso, quando già la partita era iniziata da diverso tempo, lo fece accompagnare nella tribuna riservata ai tifosi, ovvero in un posto che oggettivamente non gli consentiva di poter svolgere la sua attività lavorativa (precisa infatti il D’Vrso che nella tribuna ordinaria, diversamente dalla tribuna stampa, non vi sono ovviamente né le prese del telefono per attaccare il computer per poter comunicare con la redazione del giornale, né l’elenco delle formazioni ufficiali delle due squadre, né tanto meno dei piani d’appoggio ove sistemare il computer); finito il primo tempo, grazie anche all’intervento del Sindaco del tempo,. il D’Vrso riuscì ad entrare nella tribuna stampa; sennonchè accortosi il Lo Monaco della presenza in tribuna stampa del D’Vrso, iniziò a gridare contro di lui dicendogli che se ne àoveva andare, che lì lui non poteva stare; quindi si avvicinò al D’Vrso anche il presidente del Calcio Catania, Antonino Pulvirenti, che con fare bonario invitò il D’Vrso ad uscire dalla tribuna stampa dicendogli che in caso contrario la situazione poteva degenerare; al che il D’Urso si trovò costretto nuovamente ad abbandonare la tribuna stampa per recarsi nella tribuna ordinaria; terminata la partita il D’Urso tentò per l’ennesima volta di entrare in tribuna stampa per svolgere la propria attività lavorativa, ma anche questa volta gli fu impedito l’ingresso, al che il D’Urso andò via definitivamente dallo stadio; l’indomani sul giornale uscirono dei comunicati stampa del U.S.S.I. (Unione Stampa Sportiva Italiana) di protesta per quanto era accaduto e con i quali si contestava al Lo Monaco di avere impedito ad un giornalista lo svolgimento del suo lavoro; conclude quindi D’Urso ricordando che tra i giornalisti presenti in tribuna stampa vi erano anche il giornalista Luca Allegra e il giornalista Concetto Mannisi. Passando all’episodio verificatosi il due settembre 2007 (capo B della rubrica), in tale data allo stadio Cibali di Catania si giocava la partita Catania/Genoa; in occasione di questa partita, D’Urso entrò regolarmente all’interno della tribuna stampa dello stadio, ivi seguendo tutta la partita, ultimata la quale, il D’Urso insieme a tutti gli altri giornalisti, si recò in sala stampa per proseguire nella sua attività lavorativa; sennonchè ivi giunto mentre a tutti gli altri giornalisti venne consentito l’acceso in sala stampa, al D’Urso ciò gli fu precluso; ed infatti, riferisce in dibattimento il D’Urso, l’addetta stampa del calcio Catania, Evelin Trochidis, gli disse che il Direttore Lo Monaco non gradiva la sua presenza all’interno della sala stampa, invitandolo in tal modo ad andare via; quindi intervenne anche l’addetto alla sicurezza Magni, il quale afferrando il D’Urso gli impedì d’entrare dicendogli in modo ironico “Chissà come ti sei procurato questo accredito stampa”; anche in questa occasione D’Urso si rivolse alle forze dell’ordine presenti sul posto, e anche lo stesso funzionario di polizia responsabile del servizio di sicurezza gli disse che non riusciva a spiegarsi simile comportamento; al che un collega del D’Urso, Maurizio Nicita, anch’egli giornalista della Gazzetta dello Sport, che frattanto era entrato in sala stampa, chiese al Presidente Pulvirenti di fare entrare pure il D’Urso, ma anche in tale circostanza il presidente Pulvirenti ritenne di non dover intervenire per fare entrare il D’Urso in sala stampa; l’indomani sul giornale la Gazzetta dello Sport uscì una nota con la quale la redazione si scusava con i lettori precisando che al collega Alessio D’Urso era stato impedito di svolgere la sua attività giornalistica a fine partita e quindi il giornale non era nelle condizioni di riferire approfonditamente sul relativo evento sportivo.

A proposito del Pulvirenti, il D’Urso riferisce che in diverse occasioni lui cercò di affrontare la questione direttamente col Presidente del calcio Catania, senza la presenza di altre persone; sennonchè in tali circostanze il Pulvirenti gli diceva chiaramente che lui non poteva andare contro le decisioni di Lo Monaco. Altro episodio è quello contestato al capo C) della rubrica, quando in data 1/4/2008, in occasione della presentazione alla stampa del nuovo allenatore della squadra del calcio Catania, Walter Zenga, a D’Urso venne impedito l’ingresso nei locali della sede del calcio Catania ove era stata organizzata la r~lativa conferenza stampa; riferisce infatti a tal proposito il D’Urso, che anche in tale occasione gli venne fisicamente impedito da parte del Magni l’accesso ai locali ove si svolgeva la conferenza stampa; precisa il D’Urso che il Magni, a giustificazione del suo comportamento, gli disse che stava per arrivare il Lo Monaco; circostanza questa confermatagli subito dopo dall’addeho stampa Angelo Scaltriti; a specifica domanda, il teste chiarisce che per tale evento non era munito di accredito, atteso che, non essendo una partita di calcio, non era necessario alcun preventivo accredito; in ogni caso comunque, la società era stata preventivamente avvertita dal giornale della presenza del giornalista della Gazzetta dello Sport. Circa due settimane dopo, il 14 Aprile 2008, l’allenatore del Catania aveva indetto una conferenza stampa presso i locali del campo sportivo di Massa Annunziata, per presentare la prossima partita relativa alla semifinale di Coppa Italia (capo B della rubrica); in relazione a tale evento, riferisce il D’Urso, vi era stata una precedente telefonata avvenuta tra il vice direttore della Gazzetta dello Sport, Stefano Cazzetta, e lo stesso Lo Monaco, in occasione della quale, si era giunti ad una sorta di composizione bonaria del contrasto insorto tra il giornalista e il direttore del Calcio Catania;in seguito a tale telefonata quindi, il D’Urso pensava che questa volta non ci sarebbero stati problemi per la sua partecipazione alla conferenza stampa; la previsione però si rilevò ben presto del tutto errata; ed infatti anche in questo caso, giunto al campo sportivo di Massa Annunziata, al D’Urso fu impedito di accedere ai locali ove l’allenatore della squadra stava per tenere la conferenza stampa da un addetto alla sicurezza, il quale gli disse esplicitamente che non poteva entrare perchè questo era l’ordine tassativo del direttore; aggiunge il teste, successivamente lo stesso Lo Monaco, presente all’interno dei locali del campo sportivo, visto che il D’Urso non si allontanava, da dietro una cancellata, inveiva contro il D’Urso dicendogli che da lì doveva andarsene; anzi in tale circostanza il Lo Monaco cercava anche di aprire il cancello, per tentare, evidentemente, di giungere al contatto fisico con il D’Urso.

Altri due episodi contestati sono quelli del 20 Aprile 2008 in occasione della partita Catapia-Lazio e del 4 maggio 2008 in occasione della partita Catanfa-Reggina (capo B della rubrica). In entrambe le circostanze le dinamiche sono state pressocchè le stesse: in occasione di entrambe le partite infatti il D’Urso, munito di regolare accredito, riuscì ad entrare nella tribuna stampa per assistere alle partite, e dopo finite le patite, ad accedere alla sala stampa sita nei piani sottostanti la tribuna’ stampa; sennonchè oltre la sala stampa è collocata, nei sottopassaggi, la così detta mix zona o zona mista, ove i giornalisti sono messi nelle condizioni di intervistare i giocatori prima che questi si allontanino definitivamente dallo stadio salendo a bordo dei pulman; orbene, prosegue il teste, in occasione di entrambe le partite, al D’Urso fu impedito da due uomini della sicurezza l’accesso alla zona mista, precludendogli cosÌ la possibilità di intervistare i giocatori a conclusione della partita (cosa evidentemente, di primaria importanza per l’attività del giornalista sportivo); quindi gli addetti alla sicurezza accompagnarono ( a forza) il D’Urso alla sala stampa. Conclude quindi il suo esame dibattimentale il D’Urso dichiarando che la conflittualità, ormai insostenibile, che si era venuta a creare tra lui e la società calcio Catania, ebbe fine solo quando a partire dalla stagione 2008/2009, la direzione del suo giornale, preso atto che il D’Urso non poteva più lavorare a Catania, lo trasferì a Palermo, eliminando così il problema all’origine; ricorda infine il D’Urso che della sua vicenda professionale se ne occupò anche la trasmissione televisiva “La Domenica sportiva”, con un servizio firmato dal collega Saverio Montingelli, il quale nel corso del suo servizio denunciò la gravità dell’atteggiamento del direttore Lo Monaco, lesivo della libertà di stampa. Ultimato l’esame della parte civile, l’udienza del 13 aprile 2010 si è chiusa con l’esame del teste Luca Allegra, giornalista sportivo di Studio 90 Italia Radio Catania, che da circa sei anni segue le vicende del Calcio Catania; tale teste riferisce in merito all’episodio di cui al capo A) della rubrica; a tal proposito l’Allegra dichiara che il 7 luglio del 2007 si era recato allo stadio di Paternò per assistere all’amichevole Catania/Gela; precisa il dichiarante che in tale circostanza non era munito di accredito, essepdosi limitato a comunicare preventivamente tramite telefono il suo arrivo; giunto allo stadio entrò regolarmente in tribuna stampa; nelle circostanza vide però l’addetta stampa del calcio Catania Evelin Trochidis che insieme ad un’altra persona da lui non identificata, disse al D’Urso che per espressa disposizione della direzione del calcio Catania lui non poteva accedere alla tribuna stampa; successivamente vide il D’Urso che entrava nella tribuna stampa, al che Lo Monaco, ivi presente,iniziò ad inveire in maniera molto veemente contro il D’Urso dicendogli che lui non era gradito e che doveva andare via; al che il Presidente Pulvirenti raggiunse il D’Urso e prendendolo con se sotto il braccio, lo accompagnò fuori dalla tribuna stampa; chiesto quindi all’Allegra se era a conoscenza di altri episodi di questo genere verificatisi magari con altri giornalisti, l’Allegra riferisce che ciò è accaduto più volte e in alcuni casi anche nei suoi confronti; e così accadde che in occasione di due partite del campionato di serie A, all’Allegra venne impedito l’accesso alla tribuna stampa dicendogli che a causa di ciò che diceva, lui non era gradito alla società calcio Catania; in un altra occasione al teste fu impedito di partecipare ad una conferenza stampa per espresso volere dell’amministratore delegato (ovvero Lo Monaco).

All’udienza del 15 Giugno 2010, col consenso delle parti sono state acquisite ex art. 500/7 C.p.p., le dichiarazioni rese in sede d’indagini preliminari dal dott. Gambuzza Pietro, al difensore della parte civile; dichiara il dott. Gambuzza, funzionario della Polizia di Stato in servizio presso lo stadio Cibali di Catania che in occasione della partita di calcio Catania/Genoa, i responsabili della sicurezza della società calcio Catania impedirono “con atteggiamento arrogante e determinato” al giornalista D’Urso Alessio della Gazzetta dello Sport di accedere alla sala stampa, giustificando tale loro comportamento in considerazione del fatto che il D’Urso a loro dire era “non gradito alla società”. Acquisito il verbale delle dichiarazioni rese dal dotto Gambuzza alla difesa di parte civile, si procedeva quindi all’esame del teste Francesco Ricca, giornalista sportivo per conto di emettenti radiotelevisive locali, che riferiva in merito all’episodio di cui al capo A) della rubrica; dichiarava il teste che il 2 settembre 2007 si era recato allo stadio di calcio del Paternò per accedere alla tribuna stampa per assistere alla partita amichevole Catania/Gela; in tale circostanza era in compagnia del giornalista Luca Allegra; poco distanti da loro vi era anche il giornalista D’Urso Alessio; giunti all’ingresso della tribuna stampa, lui e l’Allegra entrarono regolarmente all’interno della tribuna stampa, mentre al D’Urso fu impedito l’accesso, da parte dell’addetto stampa del calcio Catania Elvin Trochidis e del responsabile della sicurezza Arturo Magni; anzi, precisa il teste, fu proprio quest’ultimo che si mise dinanzi al cancello impedendo al D’Urso !’ingresso dicendogli che ciò era dovuto ad una decisione presa dalla società nei suoi confronti; trascorso del tempo, quando già era finita la prima metà della partita,prosegue il teste, il D’Urso riuscì ad entrare all’interno della tribuna stampa; accortosi di ciò, il Lo Monaco ivi presente, “gli intimava con aria minacciosa e perentoria di non essere gradito, che non poteva stare lì e di andare via”; a questo punto intervenne anche il Presidente Pulvirenti che accompagnò il D’Urso fuori dalla tribuna stampa; a specifica domanda, precisa infine il Ricca che in tribuna stampa vi erano molti posti liberi, e che lui per quella partita non aveva un accredito formale, essendosi limitato ad avvisare preventivamente la società tramite telefono della sua presenza.

Altro teste sentito all’udienza del 15 giugno 2010, è stato il giornalista sportivo Alberto Cigalini del locale quotidiano La Sicilia; riferisce quindi il Cigalini che era a conoscenza stante la sua attività lavorativa dei rapporti conflittuali che si erano venuti a creare in seguito al contenuto di alcuni articoli scritti dal D’Urso tra quest’ultimo e la direzione del calcio Catania; rapporti conflittuali che erano giunti al punto tale che al D’Urso in diverse occasioni era stato impedito l’accesso allo stadio per svolgere la sua attività professionale; precisa anzi il teste che assistette personalmente ad una di queste “esclusioni” del D’Urso; e precisamente, dichiara il Cigalini, in occasione della presentazione alla stampa del nuovo allenatore del Catania, Walter Zenga, avvenuta nei locali della sede del calcio Catania, siti all’interno dello stadio Cibali (capo C della rubrica), vide il comportamento tenuto dal responsabile della sicurezza del calcio Catania, Arturo Magni, che impedì fisicamente al D’Urso l’accesso ai locali del calcio Catania ove stava per svolgersi la conferenza stampa del nuovo allenatore: precisa il teste che il Magni agì “con fare categorico e minaccioso ribadendo fermamentè al D’Urso la volontà della società” di non volerlo far’ partecipare alla conferenza stampa. Il teste riferisce inoltre circa le procedure in vigore in merito alla partecipazione dei giornalisti agli eventi sportivi; chiarisce a tal proposito il teste che occorre distinguere tra le partite di calcio e gli altri eventi sportivi (come ad esempio le conferenze stampa); nel primo caso, l’accesso alle tribune stampa da parte dei giornalisti sportivi è preceduta da una richiesta di accredito presentata dal testata giornalistica e/o emittente radio televisiva di riferimento alla società sportiva; in conseguenza di tale richiesta si provvede ad effettuare l’accredito, comunicando eventualmente al richiedente la risposta negativa e le ragioni di detta risposta negativa; di regola comunque la richiesta di accredito è sempre accolta, Per quanto riguarda invece le manifestazioni sportive diverse dalle partite di calcio, in tal caso non occorre nemmeno un preventivo accredito, essendo sufficiente che il giornalista interessato a partecipare all’evento sia presente nel luogo e nell’ora in cui si tiene detto evento sportivo. Dichiarazioni sostanzialmente analoghe circa la procedura da seguire da parte dei giornalisti sportivi per presenziare agli eventi sportivi, distinguendo come sopra fatto tra partite di calcio ed altri eventi, rende sempre all’udienza del 15/62010, Alessandro Vagliasindi, giornalista sportivo per conto dell’emittente televisiva Telecolor nonché inviato del giornale La Repubblica, precisando che in caso di assenza di risposta da parte della società alla richiesta di accredito inviata dalla testata giornalistica, la richiesta s’intende tacitamente accolta. I! teste dichiara altresì che era a conoscenza del contrasto, attrito, che intercorreva tra il D’Urso e la dirigenza del calcio Catania in seguito ad alcuni articoli scritti da quest’ultimo; anzi precisa il Vagliasindi, che successivamente alla pubblicazione di uno di questi articoli, relativo ad episodi di mobbing, mentre si trovava casualmente in macchina insieme al D’Urso, ebbe modo di sentire una conversazione telefonica intercorsa tra quest’ultimo ed il Lo Monaco, nel corso della quale quest’ultimo contestava al d’Urso il contenuto dell’articolo.

Il Vagliasindi inoltre, riferisce ‘su due distinti episodi di cui al capo B, ai quali assistette personalmente; il primo episodio fu quello relativo alla partita Catania/Genoa del 2/9/2007: il teste riferisce che finita la partita i giornalisti stavano accedendo in fila alla sala stampa ove avvengono le interviste; ricorda che lui era proprio dietro al D’Urso e che in tale circostanza, il responsabile della sicurezza, Magni, nonostante il D’Urso gli avesse esibito regolare pass, gli impedì di entrare alla sala stampa dicendogli che queste erano le disposizioni della dirigenza. L’altro episodio al quale il Vagliasindi assistette personalmente fu quello relativo a ciò che si verificò nel maggio 2008 dopo la partita Catania/Reggina (capo B della rubrica); anche in questo caso il teste vide il Magni, che impedì con fare energico e minaccioso, l’accesso del D’Urso alla mix zona. Altro giornalista sentito in merito ai fatti per cui si procede, è stato Maurizio Nicita, giornalista della Gazzetta dello Sport sin dal febbraio 1989, sentito all’udienza del 19 Ottobre 2010; riferisce Nicita che scrivendo per lo stesso giornale conosce da molto tempo il D’Urso, precisando anche che era conoscenza dei contrasti intercorsi tra quest’ultimo e la dirigenza Calcio Catania, a causa del contenuto di alcuni articoli scritti dal D’Urso sul conto della detta società di calcio. In particolar modo Nicita riferisce degli episodi verificatisi in data 2 settembre 2007 e 20 aprile 2008 (capo B della rubrica).

In merito al primo episodio il teste dichiara che quel giorno insieme al collega D’Urso era presente allo stadio Cibali di Catania per scrivere gli articoli relativi alla partita Catania/Genoa che si disputava quella domenica; sia lui che il D’Urso erano muniti di regolare accredito rilasciato dalla società calcio Catania relativo a quella partita (la difesa del D’Urso ha prodotto tali accrediti che sono stati acquisiti al fascicolo del dibattimento); finita la partita, tanto il Nicita quanto,il D’Urso, che avevano seguito la partita insieme seduti nella tribuna stampa, così come gli altri giornalisti presenti ed accreditati, si recarono giù in sala stampa per procedere ad effettuare le interviste con i protagonisti dell’evento sportivo; sennonchè, giunti all’ingresso della sala stampa, mentre al Nicita, così come a tutti gli altri giornalisti, fu consentito l’ingresso, al D’Urso venne impedito l’accesso alla detta sala; precisa il teste che uno dei responsabili della sicurezza con fare deciso e minaccioso si pose dinanzi alla porta d’ingresso della sala stampa impedendo di fatto al D’Urso l’ingresso, e alle rimostranze di quest’ultimo che faceva notare che anche lui era munito di regolare accredito del tutto simile a quello del collega Nicita, l’addetto alla sicurezza rispondeva semplicemente che lui (D’Urso) non poteva entrare e lui sapeva il perché, e senza dare ulteriori spiegazioni intimava perentoriamente al malcapitato di andare via. Chiarisce anzi il teste, che già nell’intervallo tra il pnmo ed il secondo tempo l’addetto stampa del Calcio Catania, Elvin Trochidis, si avvicinò al D’Urso, preannunciandogli che lui non sarebbe potuto entrare in sala stampa, e alle sue rimostranze, la Trochidis rispose dicendogli “tu lo sai, Lo Monaco non ti vuole”.

Proseguendo nel suo racconto, Nicita dichiara altresì che non appena lui fece ingresso nella sala stampa si avvicinò al Presidente del calcio Catania, Antonino Pulvirenti, chiedendogli un suo intervento per fare entrare il collega D’Urso in sala stampa; sennonchè il Pulvirenti, con poche parole fece capire al Nicita, che lui di questa storia non ne sapeva niente (e verosimilmente, non ne voleva sapere niente), lasciando il Nicita alle sue recriminazioni. L’indomani sulla Gazzetta dello Sport uscì un articolo con il quale si stigmatizzava quanto accaduto, evidenziando per l’appunto che il collega D’Urso non era stato messe nelle condizioni di poter lavorare. Riferisce altresì il teste di essere a conoscenza che il vice direttore della Gazzetta dello Sport, Stefano Cazzetta, ripetutamente ebbe dei colloqui telefonici con il Lo Monaco per cercare di risolvere questa incresciosa situazione; ma tali tentativi non sortirono purtr0l;>po gli effetti sperati. Ed infatti, il 20 aprile 2007, in occasione della partita Catania/Lazio (capo B della rubrica), Nicita, presente a tale evento sportivo, constatò personalmente per la seconda volta come al collega D’Urso venisse impedito di svolgere regolannente la sua attività lavorativa. In tale circostanza, dichiara il teste, finita la partita, dopo che tanto a lui quanto al D’Urso era stato consentito l’ingresso nella sala stampa (entrambi erano regolarmente accreditati e muniti dei rispettivi pass), al solo D’Urso venne impedito dal personale addetto alla sicurezza l’accesso alla mix zone; precisa il teste che diversamente dall’episodio del 2/9/2007 quando vide direttamente l’addetto alla sicurezza impedire al d’Urso l’accesso alla tribuna stampa, in occasione dell’episodio del 20/412008 lui non riuscì a vedere direttamente il momento in cui al D’Urso venne impedito l’accesso alla mix zona; certo è comunque che il D’Urso presente insieme a lui in tribuna stampa, non lo vide poi all’interno della mix zona. Anche in questo caso, l’indomani sulla Gazzetta dello Sport venne pubblicato un articolo a firma del vice direttore, Stefano Cazzetta, con il quale si stigmatizzava nuovamente il comportamento del Lo Monaco nei confronti del giornalista D’Urso.

Chiarisce quindi il teste Nicita, che i giornalisti sportivi muniti di apposito accredito rilasciato dalle rispettive società su richiesta delle testate di appartenenza, sono autorizzati a partecipare alle manifestazioni sportive, siano esse partite di campionato siano partite c.d. amichevoli; ed infatti precisa il teste, mentre in passato vi poteva essere una differenza di procedura tra partite di campionato e partite amichevoli, col tempo, considerato ormai che anche le partite amichevoli, avuto riguardo. all’importanza delle squadre che si affrontano, sono degli eventi sportivi al pari delle gare di campionato, tale differenza ormai non sussiste più, sicchè anche per le partite amichevoli si ricorre di regola alla procedura dell’accredito; tutto al più può accadere che a volte, verosimilmente in relazione agli eventi sportivi di minore importanza, l’accredito può avvenire anche tramite semplice comunicazione e-mail. Infine, a specifiche domande, il teste chiarisce la differenza che c’è tra la sala stampa e la mix zona, precisando che mentre nella sala stampa si fanno le interviste agli allenatori e ai dirigenti delle due squadre, oppure a qualche giocatore particolarmente importante e che si è particolarmente distino durante la partita, nella mix zona si fanno le interviste a tutti gli altri giocatori ai quali i giornalisti intendono porre delle domande; precisa ulteriormente che tanto alla sala stampa quanto alla mix zona i giornalisti accedono con lo stesso accredito; è di tutta evidenza quindi, sottolinea il teste, come sia particolarmente importante per il giornalista poter accedere alla sala stampa e alla mix zona; anzi con specifico riferimento ai fatti per cui è processo dichiara il teste Nicita che l’attività principale del D’Urso era proprio quella di intervistare i giocatori.

Completato l’esame dei testi indicati dalla pubblica accusa e dalla parte civile, all’udienza dell’ otto febbraio 2011 si è proceduto con l’esame dei testi indicati dalla Difesa; per quanto concerne l’esame dell’imputato, non essendosi lo stesso sottoposto ali’ esame dibattimentale, su istanza di parte si disponeva l’acquisizione ex art. 513 c.p.p, del’interrogatorio di garanzia del Lo Monaco; in tale sede l’imputato riferiva esclusivamente sull’episodio accaduto in occasione della partita Catania-Gela giocata a Paternò il 29/7/2007; dichiarava quindi il Lo Monaco che già alle ore 17,30 del 29/7/2007 la tribuna dove si sistemavano i giornalisti era già del tutto piena, sicchè diede disposizioni di fare accomodare eventuali ulteriori giornalisti che fossero sopraggiunti presso la tribuna A; ed infatti il giornalista D’Urso sopraggiunto successivamente venne fatto accomodare in tribuna A; nell’intervallo tra il primo ed il secondo tempo il D’Urso raggiunse la tribuna ove si trovavano gli altri giornalisti e dove vi erano anche il Lo Monaco ed il Presidente del Calcio Catania Pulvirenti, dicendo che anche lui si voleva accomodare nella tribuna riservata ai giornalisti; al che Lo Monaco fece notare al giornalista che la tribuna era occupata in ogni ordine di posti, sicchè per ragioni d sicurezza era opportuno che lui continuasse a seguire la partita dalla tribuna A; nonostante tali indicazioni del L Monaco il D’Urso continuò ad insistere nella sua richiesta, sicchè intervenne il Presidente Pulvirenti il quale avvicinatosi al D’Urso, con fare gentile .)e garbato, lo prese sotto braccio e lo accompagnò nella tribuna A; precisa infine l’imputato che la tribuna A è adiacente alla tribuna riservata ai giornalisti e alle autorità, sicchè anche dalla tribuna A, il D’Urso poteva tranquillamente seguire la partita e svolgere la propria attività lavorativa. Venendo all’udienza aibattimentale, dopo aver rinunciato ad alcuni dei testi indicati nella propria lista, rinuncia fatta propria anche dalle altri parti processuali, la Difesa procedeva all’esame di Cammarata Claudio.

Riferisce il teste di essere segretario generale del Calcio Catania e delegato alla sicurezza per conto della stessa società; dichiara quindi il Cammarata che per quanto è a sua conoscenza né lui né altre persone addette alla sicurezza hanno mai ricevuto disposizioni da parte della dirigenza della società, e segnatamente dal Lo Monaco, di impedire al giornalista D’Urso l’accesso alle zone riservate ai giornalisti; ammette tuttavia che era a conoscenza dell’esistenza “di screzi” tra il D’Urso e la società (p. 13); circa l’organizzazione del servizio di sicurezza, il Cammarata chiarisce che addétti alla sicurezza vengono posizionati all’ingresso della tribuna stampa, della sala stampa e alla mix zone con la finalità specifica di controllare che a tali siti accedano solo i giornalisti accreditati (p. 9); chiarisce il Cammarta che la mix zone è la zona dove i giornalisti possono intervistare i calciatori, ovviamente se ed in quanto questi ultimi intendano rispondere alle domande rivolte loro dai giornalisti; riferisce inoltre il teste di ricordare che all’epoca su alcuni giornali, e segnatamente sulla Gazzetta dello Sport, vennero pubblicati dei pezzi relativi ad episodi verificatisi ai danni del giornalista D’Urso al quale sarebbe stato impedito dalla società Calcio Catania l’accesso alle zone riservate ai giornalisti; precisa però il teste che per quanto era a sua conoscenza tali notizie non avevano riscontro nella realtà (p. 13), nè tanto meno era a conoscenza di eventuali iniziative successive intraprese dalla società per smentire il contenuto di simili articoli pubblicati dalla Gazzetta dello Sport, nè è a conoscenza di eventuali iniziative intraprese dalla Lega Calcio contro il calcio Catania in ordine agli episodi lamentati con i pezzi di cui sopra pubblicati sulla Gazzetta dello Sport. Infine in merito alle procedure che regolano l’accesso dei giornalisti alle zone ad essi riservate, precisa il Cammarta, che tali procedure, che consistono essenzialmente nel previo accredito del giornalista da parte della società, sono disciplinate nel relativo regolamento della Lega Calcio, ma che tale regolamento vale solo per le gare ufficiali ovvero le partite di campionatò e quelle di coppa Italia (p. 17); ciò detto, precisa tuttavia il teste, che anche per quanto concerne le altre manifestazioni e le partite C.d. amichevoli, pur non esistendo alcuna procedura specifica e formale in tal senso, di fatto, sebbene in modo certamente più “elastico” rispetto a quanto accade in occasione delle gare ufficiali, si far pur sempre ricorso alla prassi del previo accredito e/o autorizzazione da parte della società, anche se ribadisce il teste, la società in questi casi è del tutto libera non essendo vincolata da alcun regolamento specifico (p. 19).

Nel corso della medesima udienza dell’ 812120 l l, la Difesa dell’imputato chiedeva l’acquisizione al fascicolo del dibattimento, delle dichiarazioni dibattimentali rese dai testi Mannisi Concetto, Maurizio Carmelo e Schillaci Giuseppe all’udienza del 15/7/2010 nell’ambito del processo stralciato celebratosi a carico di Magni Arturo e Pulvirenti Antonino; nulla osservando le altri parti processuali, veniva disposta ex art. 238/4 c.p.p., l’acquisizione dei relativi verbali dibattimentali. Iniziando dalla deposizione di Mannisi Concetto, giornalista del Corriere dello Sport, questi dichiara che si recò insieme al collega D’Urso allo stadio comunale di Paternò in data 29/7/2007 per assistere alla partita di calcio amichevole Catania/Gela; ivi giunti mentre stavano per accedere alla tribuna stampa, il responsabile delle pubbliche relazioni del Calcio Catania, Evelin Troc1edis, impedì l’ingresso al D’Urso dicendogli che per volere dell’amministratore delegato Lo Monaco, lui non poteva entrare; precisa il teste che lui entrò nella tribuna stampa che era gia quasi del tutto completa; appena entrato nella tribuna stampa, che sostanzialmente coincideva anche con la tribuna riservata alle autorità, raggiunse il Lo Monaco ivi presente per chiedfrgli di fare entrare il D’Urso; il Lo Monaco però rimase fermo nelle sue decisioni dicendogli che non doveva entrare (pp 6,7); chiarisce ulteriormente il teste che il motivo del rifiuto categorico opposto dal Lo Monaco al D’Urso prescindeva comunque dalla questione relativa all’esistenza o meno dell’accredito da parte del D’Urso (p. 8); al rifiuto oppostogli, il giornalista della gazzetta dello Sport si rivolse ai Carabinieri presenti, e così riuscì ad èntrare nella tribuna riservata ai tifosi; durante l’intervallo, prosegue il teste, D’Urso riuscì ad entrare in tribuna stampa cercando di raggiungere il Lo Monaco, il quale accortosi della sua presenza iniziò a gridare e con fare perentorio intimò al D’Urso di andare via perchè lui lì non poteva stare (p. 12-p. 24); successivamente intervenne il Presidente del Calcio Catania, Pulvirenti, che avvicinatosi al D’Urso lo convinse ad allontanarsi dalla tribuna stampa; successivamente prosegue ancora il teste, apprese dallo stesso D’Urso che il Pulvirenti gli disse che avrebbe cercato di appianare la situazione che si era venuta a creare tra lui (D’Urso) e Lo Monaco; circa le procedure per l’accesso allo stadio da parte dei giornalisti, il teste chiarisce che il giornalista munito della tessera CONI Stampa può accedere a qualimque manifestazione sportiva organizzata sul territorio nazionale; per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, è stato stabilito, e in tal senso vi è un apposito protocollo stilato dalla Lega calcio ed il Coni, che i giornalisti sportivi per accedere ai siti loro riservati per assistere alle manifestazioni sportive devono essere preventivamente accreditati dalla società che gestisce la singola manifestazione; a tal fine le testate di appartenenza del singolo giornalista comunicano alla società la presenza dei propri giornalisti che conseguentemente vengono autorizzati dalla società, previa apposita e preventiva comunicazione (accredito) all’accesso; chiarisce il Mannisi che il motivo per il quale la società può eventualmente negare l’acceso del giornalista, è essenzialmente ed esclusivamente legato a ragioni di sovraffollamento, owero se l’apposito sito riservato ai giornalisti risulta già completo ed esaurito in ogni postazione, è ovvio che la società non può più rilasciare ulteriori accrediti, proprio perchè in tal caso non vi sarebbe materialmente il posto da riservare al giornalista che ha fatto richiesta; ma al di là di tali casi l’accredito viene sempre concesso (pp. 18,19); circa le manifestazioni a cui si applica il protocollo siglato tra la Lega calcio ed il Coni, il teste precisa che tale protocollo fa specifico riferimento alle partite ufficiali, nelle quali non sono ricomprese le C.d. amichevole; in ogni caso comunque anche nella partite amichevoli, l’ingresso del giornalista ai siti loro riservati è essenzialmente subordinato alla disponibilità dei posti, e per questo anche in questi casi di regola si procede con la prassi delle degli accrediti (p. 27); in merito alla partita’ Catania/Gela, il teste Mannisi precisa di ricordare che essendo la tribuna loro riservata abbastanza piena, lui come anche Lo Monaco, rimasero in piedi (p. 20).

Venendo alla deposizione resa da Triolo Maurizio Carmelo, sempre nell’ambito del processo stralciato, il teste dichiara di essere uno degli stuart addetti al controllo degli ingressi, e che in occasione della partita amichevole Catania Gela del 27/9/2007 disputatasi presso lo stadio comunale di Paternò lui era addetto al controllo degli ingressi alla tribuna stampa; insieme a lui c’era l’addetto stampa del calcio Catania, tale signora Evelin; ricorda quindi che in occasione di questa partita si era presentato all’ingresso un giornalista, forse D’Urso, che chiedeva di entrare; al ché lui verificò se fosse inserito nella lista dei soggetti accreditati, e constatando che in questa lista non vi era tale nominativo, disse al D’Urso che non poteva entrare perché queste erano le disposizioni (p. 30 e ss); precisa quindi il teste, che la signora Evelin nella circostanza non disse alcunchè e che il D’Urso insistendo nel voler entrare chiese di poter parlare col responsabile del servizio di sicurezza Arturo Magni che era anche lui presente; al che anche il Magni confermò quanto prima detto dal Triolo, ovvero che il D’Urso non disponendo di accredito non poteva entrare; nel tentativo di calmare il D’Urso il Magni acconsentì a che il D’Urso entrasse nella tribuna A riservata ai tifosi.

Altro addetto alla sicurezza presente allo stadio in occasione della partita amichevole Catania/Gela era Schillaci Giuseppe, anch’egli sentito all’udienza del 15/7/2010 nell’ambito del processo stralciato a carico di Magni e Pulvirenti; riferisce il teste che lui in occasione di questa partita era addetto all’ingresso alla tribuna A e che a tale ingresso si presentò il giornalista D’Urso chiedendo di entrare; sennonchè, dichiara lo Schilaci, non avendo regolare biglietto, disse a D’Urso che lui non poteva entrare in tribuna A e che lui in quanto giornalista se accreditato era riservato l’ingresso in tribuna stampa (p. 41 e ss); al che il D’Urso disse che voleva parlare col responsabile della sicurezza, Aruto Magni; lo Schilaci si rivolse quindi al Magni, il quale messo al correntè della situazione decise di fare entrare D’Urso in tribuna ‘A; precisa lo Schillaci che in seguito a tale disposizione data dal Magni, D’Urso entrò nella tribuna A senza alcun intervento dei Carabinieri. Ritornando all’esame dei testi escussi nel dibattimento del presente processo, all’udienza del 29/3/2011 è stato sentito altro teste della Difesa a nome Giuffrida Alessandro, il quale, addetto per il Calcio Catania alla sala stampa, ha dichiarato che lui personalmente non ricevette mai alcuna disposizione da parte del Lo Monaco che riguardasse il giornalista D’Urso; precisa che lui si limitava a fare accedere i giornalisti che erano scritti in una lista che gli veniva data dalla società. Proseguendo con l’esame dei testi della Difesa, all’udienza del 16/512011 SI procedeva con l’esame di Failla Giuseppe, Sindaco del Comune di Paternò all’epoca della partita Catania/Gela; dichiara a tal proposito il Failla che lui assistette a tale partita dalla tribuna riservata alla stampa e alle autorità; ricorda che in tribuna vi era anche il Lo Monaco che ebbe una discussione con un giornalista; la tribuna, giocando il Catania, era parecchio affollata; riferisce ulteriormente il teste che successivamente alla discussione avuta con il Lo Monaco (precisa il teste che non sentì l’oggetto della discussione trai due), il giornalista chiese di parlare con lui, al che il FaiIla, compreso che si trattava di un giornalista, gli si avvicinò, e così ebbe modo di apprendere che il Lo Monaco non volva fare entrare questo giornalista; appreso ciò, diede disposizioni di fare entrare il giornalista, anche perchè “Lo Monaco a Paternò non aveva nessun diritto di parola perchè lo stadio era del Paternò e quindi …” (p. 7). Ultimata l’esame dei testi ammessi, la Difesa dell’imputato chiedeva di sentire ex art. 195 c.p.p. la teste Evelin Trocledis; ammessa anche tale testimonianza, si procedeva alla relativa escussione all’udienza del 21/6/2011; riferisce la teste che all’epoca dei fatti per cui è processo era responsabile della comunicazione per la società Calcio Catania; in questa sua veste si occupava anche degli accrediti dei giornalisti; ciò precisato, a proposito della partita Catania/Genoa del 2/9/2007, la Troc1edis, riferisce che il giornalista D’Urso era regolarmente accreditato e che pertanto entrò regolarmente in sala stampa, dichiara quindi di non ricordare di alcun ostacolo frappostb al D’Urso, né di aver avuto discussioni particolari con questo o con altro giornalista (p, 4,5); precisa ulteriormente la teste, che anche con riferimento ad altre eventuali partite non ricorda di aver mai impedito l’ingresso al giornalista D’Urso nonostante fosse regolarmente accreditato; né ricorda di avere avuto disposizioni in tal senso da parte della dirigenza della società; a proposito della partita amichevole Catania/Gela giocata allo stadio comunale di Paternò, la teste dichiara di ricordare che D’Urso non era accreditato, ma che vide il D’Urso entrare ugualmente in tribuna, ma non però in quella riservata alla stampa (p. 10); dichiara comunque la Troc1idis di esser a conoscenza che tra il D’Urso e il L Monaco vi erano dei “dissapori” e che in alcune occasioni Lo Monaco aveva impedito al D’Urso di assistere agli allenamenti del Catania (p. 12); circa la prassi éhe veniva seguita per l’accesso dei giornalisti allo stadio, la Troc1idis dichiara che occorre distinguere tra partite amichevoli e partite ufficiali; ed infatti mentre per le partite ufficiali si conforma a quanto stabilito da un regolamento della lega, che prevede essenzialmente la prassi dell’accredito, per quanto riguarda le partite amichevoli non vi è alcun protocollo prestabilito; a proposito dei “dissapori” esistenti tra il D’Urso e Lo Monaco, la teste ricorda di un comunicato stampa del sindacato dei giornalisti critico nei confronti del Lo Monaco per alcuni suoi atteggiamenti; conclude infine la teste dichiarando di non ricordare che la società le diede mandato di fare un comunicato di risposta a quello pubblicato dal sindacato dei giornalisti (p. 15).

Fin qui l’istruttoria dibattimentale; passando alla valutazione del materiale probatorio sopra rassegnato e alla conseguente decisione, ci si soffermerà prima sulla questione di fatto riguardante, con riferimento a ciascun singolo episodio contestato, se al giornalista D’Urso sia stato o meno impedito l’accesso ai luoghi riservati alla stampa in occasione di determinati eventi e manifestazioni sportive, il motivo per cui, qualora si dovesse accertare che impedimento vi fu, tale ostracismo fu posto in essere e se tale impedimento fosse comunque riferibile all’odierno imputato; esaurite le questioni di fatto, qualora si dovesse accertare che l’impedimento vi fu e che era riconducibile all’odierno imputato, verificare, questione di diritto, se tale impedimento integra la fattispecie penale contestata, con specifico riferimento alla questione dibattuta tra le parti se il giornalista sportivo, e nel caso specifico, D’Urso Alessio, sia o meno titolare di un diritto soggettivo ad assistere alle manifestazioni sportive nell’esercizio e per l’esercizio della sua attività professionale.Iniziando dalle questioni di fatto, l’istruttoria dibattimentale ha offerto ampia prova circa l’esistenza di un aperto contrasto esistente tra l’amministratore del Calcio Catania Pietro Lo Monaco ed il giornalista della Gazzetta dello Sport Alessio D’Urso.

Dichiara a tal proposito la persona offesa che i rapporti tra lui e Lo Monaco s’incrinarono a cominciare da quando il giornalista scrisse sul suo giornale degli articoli critici nei confronti della società, in particolar modo quando scrisse di tre distinti episodi di mobbing posti in essere dalla società Calcio Catania ai danni di suoi tre giocatori, in favore dei quali la società venne successivamente condannata al risarcimento dei relativi danni; in seguito a tali articoli il Lo Monaco ricattò esplicitamente il D’Urso dicendogli che o lui (D’Urso) scriveva quello che a lui (Lo Monaco) piaceva, o in caso contrario lui (Lo Monaco) gli avrebbe impedito di parlare con i giocatori e di interloquire con la società; conclude quindi il D’Urso che il contrasto tra lui e Lo Monaco si concluse solo nel corso della stagione 2008/2009 quando il suo giornale, preso atto che il D’Urso non poteva più lavorare a Catania, lo trasferÌ a Palermo; ricorda infine la parte civile che del suo caso se ne occupò anche la trasmissione televisiva “La Domenica Sportiva” con un servizio del collega Saverio Moningelli, nel corso del quale si denunciava il fatto che il Lo Monaco con il suo atteggiamento aveva leso la libertà di stampa. Tali dichiarazioni del D’Urso hanno trovato plurimi ed univoci riscontri, financo in quanto dichiarato anche dagli stessi testi indicati dalla Difesa. Iniziando da Alberto Cigalini, giornalista del locale quotidiano “La Sicilia”, riferisce (ud. 15/6/2010), che era a conoscenza, stante la sua attività lavorativa, dei rapporti conflittuali che si erano venuti a creare in seguito al contenuto di alcuni articoli scritti dal D’Urso tra quest’ultimo e la direzionè del calcio Catania; rapporti conflittuali che erano giunti al punto tale che al D’Urso in diverse occasioni era stato impedito l’accesso allo stadio per svolgere la sua attività professionale.

Analogamente altro teste, Alessandro Vagliasindi (ud. 15/6/2006), giornalista sportivo per conto dell’emittente televisiva Telecolor nonché inviato del giornale La Repubblica, dichiara che era a conoscenza del contrasto, attrito, che intercorreva tra il D’urso e la dirigenza del calcio Catania in seguito ad alcuni articoli scritti da quest’ultimo; anzi precisa il Vagliasindi, che successivamente alla pubblicazione di uno di questi articoli, relativo ad episodi di mobbing, mentre si trovava casualmente in macchina insieme al D’Urso, ebbe modo di sentire una conversazione telefonica intercorsa tra quest’ultimo ed il Lo Monaco, nel corso della quale quest’ultimo’ contestava al d’Urso il contenuto dell’articolo.

Altro giornalista sentito in dibattimento (ud. 19/10/2010) Nicita Maurizio della Gazzetta dello Sport, dichiara che era a conoscenza dei contrasti intercorsi tra quest’ultimo e la dirigenza del calcio Catania, contrasti dovuti ad alcuni articoli scritti dal D’Urso sul conto della società; precisa anzi che l’indomani dell’episodio verificatosi in occasione della partita di calcio Catania/Gela (al quale assistette personalmente, e sul quale v. anche infra), sulla Gazzetta dello Sport venne pubblicato un articolo con il quale si stigmatizzava quanto era accaduto, evidenziando al contempo come il collega non fosse stato messo nelle condizioni di poter svolgere il proprio lavoro. Riferisce altresì di essere a conoscenza che il vice direttore della Gazzetta dello Sport, Stefano Cazzetta, ripetutamente ebbe dei colloqui telefonici con il Lo Monaco per cercare di risolvere questa incresciosa situazione; ma tali tentativi non sortirono purtroppo gli effetti sperati. Conclude infine il Nicita, ricordando che anche il giorno dopo all’episodio verificatosi in occasione della partita Catania/Lazio (al quale assistette personalmente, v. infra), sulla Gazzetta dello Sport venne pubblicato un articolo a firma del vice direttore, con il quale si stigmatizzava nuovamente il comportamento del Lo Monaco nei confronti del giornalista D’Urso.

E che “il fare deciso” del Lo Monaco fosse una prassi che il dirigente del calcio Catania, utilizzasse nei confronti di giornalisti “non particolarmente graditi”, è confermato da quanto dichiarato in dibattimento dal giornalista Luca Allegra, il quale riferisce che era a conoscenza di altri episodi del genere di quelli verificatisi ai danni del D’Urso, accaduti nei confronti di altri giornalisti; anzi precisa l’Allegra che ciò accadde anche nei suoi confronti, come quando in occasione di due partite del campionato di serie A, all’Allegra venne impedito l’accesso alla tribuna stampa dicendogli che a causa di ciò che diceva, lui non era gradito alla società calcio Catania; in un altra occasione aì teste fu impedito di partecipare ad una conferenza stampa per espresso volere dell’amministratore delegato (alias Lo Monaco).

Ma come già sopra anticipato, dei contrasti Lo MonacolD’Urso hanno riferito in dibattimento financo i testi della Difesa; ed infatti il teste Cammarata, segretario generale del calcio Catania, sebbene abbia precisato di non essere a conoscenza di disposizioni date dalla dirigenza al fine di impedire al D’Urso l’accesso alle zone riservate ai giornalisti, ha tuttavia dichiarato che era a conoscenza dell’esistenza di “screzi” tra il D’Urso e la società; analogamente la Trocledis, responsabile delle relazioni esterne del calcio Catania, pur negando di essere a conoscenza di episodi in occasione dei quali su mandato della dirigenza venne impedito al D’Urso di accedere alle zone riservate ai giornalisti, dichiara anche lei che era a conoscenza dei “dissapori” esistenti tra il Lo Monaco e D’Urso, tanto che (e la precisazione, evidentemente, acquista una particolare valenza probatoria) in alcune occasioni il Lo Monaco aveva impedito al D’Urso di assistere agli allenamenti del Catania.

Concludendo sul punto vanno infine richiamate le dichiarazioni rese dal dott. Gambuzza, funzionario della Polizia di Stato in servizio presso lo stadio Cibali di Catania in occasione della partita di calcio Catania/Genoa, al Difensore della parte civile (le cui dichiarazioni sono state acquisite col consenso della parti al fascicolo tlibattimentale): dichiara il funzionario di Polizia che durante la partita di calcio Catania/Genoa vide i responsabili della sicurezza del Calcio Catania impedire “con atteggiamento arrogante e determinato” al giornalista D’Urso di accedere alla sala stampa, giustificando tale loro comportamento in quanto il D’Urso “non era gradito alla società” . Ciò detto circa il motivo ed il contesto nell’ambito del quale sono maturati i singoli episodi contestati, venendo ora alla disamina di tali singoli fatti, si osserva preliminarmente che, ad eccezione dell’episodio relativo alla partita Catania/Genoa del 2/9/2007, la stessa Difesa non ha sostanzialmente contestato in punto di fatto il verificarsi di tali episodi (v. specificamente le note difensive prodotte all’udienza del 8/7/2011), soffermandosi essenzialmente sulla mancanza in capo al D’Urso di un diritto soggettivo all’accesso ai luoghi riservati ai giornalisti, e conseguentemente sul venir meno in punto di diritto delle fattispecie penali contestate ali ‘imputato.

Ciò rilevato, in punto di fatto con specifico riferimento ai singoli episodi ci si limita a richiamare sinteticamente le relative risultanze processuali; soffermandosi maggiormente in ordine all’episodio di cui alla partita Catania/Genoa Iniziando dall’ episodio di cui al capo A) della rubrica ovvero quanto accaduto in occasione della partita di calcio amichevole Catania/Gela giocatasi presso lo stadio comunale di Paternò in data 29/7/2007, il D’Urso dichiara che recatosi circa un quarto d’ora prima dell’inizio della partita all’ingresso della tribuna stampa, munito di richiesta di accredito e tessera Coni, il responsabile della sicurezza Arturo Magni glì impedì fisicamente di entrare dicendogli espressamente che la sua presenza non era gradita al Direttore Lo Monaco; quindi il D’Urso si rivolse ai Carabinieri, grazie al cui intervento, il Magni “si convinse” a farlo entrare quanto meno nella tribuna dei tifosi; nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo, D’Urso, grazie anche all’intervento del Sindaco di Paternò Failla, riuscì ad entrare in tribuna stampa; qui giunto venne “investito” dalle grida del Lo Monaco che gli urlava che lui li non poteva stare e che doveva andare via; al che il Presidente del calcio Catania Pulvirenti, lo prese sotto braccio, dicendogli che per evitare che la situazione degenerasse era opportuno che il D’Urso si allontanasse. Orbene ·quanto dichiarato dal D’Urso ha trovato preciso e puntuale riscontro nelle dichiarazioni di ben altri tre giornalisti, tutti presenti ai fatti (Allegra, Ricca e Mannisi) alle cui dichiarazioni, sopra riportate, qui si fa rinvio. Venendo ai testi della Difesa, Triolo, Schillaci e Trocledis, essi confermano che in effetti in occasione dell’amichevole Catania/Gela fu impedito al D’Urso di accedere alla tribuna stampa, ma ciò accadde perché il giornalista non era regolarmente accreditato, e non già per disposizioni specifiche date dello Monaco con riferimento alla persona del D’Urso; sennonchè tale circostanza appare chiaramente smentita e contraddetta da una pluralità di risultanze processuali di segno contrario; in primo luogo non può non farsi riferimento a quanto dichiarato dallo stesso imputato, secondo il quale al D’Urso fu impedito l’accesso, non perché non accreditato, bensì perché la tribuna stampa (sostanzialmente coincidente con la tribuna autorità) era al completo; in secondo luogo è emerso dall’istruttoria espletata che la prassi dell’accredito vale per le gare ufficiali ma non per le gare amichevoli, quale era la partita Catania/Gela (in tal senso ad esempio v. le stesse dichiarazioni della Troc1idis); è stato peraltro chiarito che in effetti, sebbene in maniera “più elastica” alla prassi dell’accredito si ricorre anche in occasione di alcune partite amichevoli, ma in tal caso di regola la “maggiore elasticità” si so stanzia nel fatto che è sufficiente che il singolo giornalista comunichi preventivamente alla società la sua presenza: a tale comunicazione non segue alcun formale risposta, a meno che non trattasi di una risposta negativa, da parte della società (cosa che invece è necessaria, donde l’accredito formale, in caso di partite ufficiali); ne consegue quindi, che avendo il D’Urso comunicato preventivamente la sua presenza, e non avendo avuto alcuna risposta negativa da parte della società, doveva ritenersi autorizzato ad accedere alla tribuna stampa. Inoltre dalle deposizioni dei testi Allegra e Ricca risulta chiaramente che essi nonostante non fossero “regolarmente accreditati” (Allegra dichiara che non aveva nemmeno comunicato preventivamente alla società la sua presenza, Ricca invece precisa che si era limitato a comunicare preventivamente la sua presenza senza averè alcuna risposta da parte della società), entrarono ugualmente nella tribuna stampa; e quindi appare evidente anche sotto questo profilo, la natura discriminatoria del divieto imposto al D’Urso di accedere alla tribuna stampa.

Per quanto riguarda poi, specificamente l’asserito esaurimento dei posti in tribuna stampa (così come dichiarato dal Lo Monaco), a parte che tale dichiarazione contrasta per l’appunto con quanto invece riferito da Triolo, Schillaci e Troc1edis, è da osservare che il D’Urso arrivò insieme al giornalista Mannisi, il quale venne fatto entrare regolarmente, e quindi non può non apparire strano che in quel momento la tribuna stampa era al completo per il D’Urso ma non anche per il Mannisi! Ed ancora, altro giornalista presente Ricca, precisa comunque che in ·tribuna stampa vi erano ancora altri posti liberi.

Venendo ai singoli episodi di cui al capo B) della rubrica per quanto concerne la contestazione relativa alla partita ufficiale Catania/Genoa del 2/9/07, come già sopra richiamato il D’Urso dichiara di aver seguito regolarmente tutta la partita dalla tribuna stampa; conclusa la partita, tutti i giornalisti presenti si trasferirono nella sala stampa per procedere ad effettuare le interviste del dopo partita; al solo D’Urso fu però impedito l’ingresso nella sala stampa, da parte del responsabile delle relazioni esterne Evelin Trocledis e del responsabile della sicurezza, Arturo Magni, i quali dissero chiaramente al D’Urso che il Lo Monaco non gradiva la sua presenza all’interno della sala stampa. Quanto dichiarato dal D’Urso ha trovato anche in questo caso puntuale ed univoco riscontro nelle dichiarazioni dei giornalisti Vagliasindi e Nicita sopra riportate e a cui si fa rinvio, nonché nelle dichiarazioni del funzionario di Polizia dotto Gambuzza, presente ai fatti; ed ancora ~ conferma di tutto ciò come riferito dal D’Urso e dal Nicita, il giorno dopo ai fatti sulla Gazzetta dello Sport, venne pubblicato un pezzo ove si stigmatizzava tale comportamento tenuto dalla società ai danni del giornalista D’Urso; stante tali plurime ed univoche, e certamente attendibili, risultanze processuali, la dichiarazione della Trocledis, la quale dichiara di non ricordare che al D’Urso in occasione della partita Catania/Genoa venne impedito l’accesso alla sala stampa, appaiono per l’appunto smentite dai plurimi, concordanti e specifici elementi di prova sopra evidenziati. Né appare condivisibile la tesi di cui alla memoria difensiva punto d) del paragrafo relativo alla partita Catania/Genoa, secondo la quale anche ammesso che al D’Urso fu in effetti impedito l’accesso alla sala stampa, non può escludersi che tale iniziativa sia stato il frutto di autonome scelte del personale addetto ai controlli; ed invero la tesi appare chiaramente smentita da quanto fin qui esposto, atteso che risulta ampiamente provato la volontà del Lo Monaco più volte manifestata in maniera esplicita di precludere al D’Urso l’accesso ai siti riservati alla stampa al fine di impedirgli, con specifico riferimento all’attività del calcio Catania, l’esercizio della professione giornalistica, e ciò in quanto il D’Urso scriveva cose non gradite al Lo Monaco; non solo, ma con riferimento proprio all’episodio ora in contestazione, ovvero la partita Catania/Genoa, sono state acquisite risultanze probatorie specifiche dalle quali emerge chiaramente come la decisione di non fare entrare il D’Urso in sala stampa fosse una decisione presa dalla dirigenza del calcio Catania, e quindi del Lo Monaco (v. in tal seno le dichiarazioni di D’Urso, Gambuzza, Vaglaisindi e Nicita). Altro episodio contestato nel capo B) della rubrica è quello relativo alla conferenza stampa indetta dall’allenatore del Catania Calcio, Zenga, per discutere della prossima partita in trasferta che doveva giocare il Catania; diversamente dagli altri episodi in questo caso l’unico elemento specifico acquisito è costituito dalle dichiarazioni della persona offesa; riferisce D’Urso che giunto al campo sportivo di Massa Annunziata, ove si teneva la conferenza stampa, gli fu impedito di accedere ai locali ove l’allenatore della squadra stava per tenere la conferenza stampa da un addetto alla sicurezza, il quale gli disse esplicitamente che non poteva entrare, perchè questo era l’ordine tassativo del direttore; aggiunge altresì che successivamente lo stesso Lo Monaco, presente all’interno dei locali del campo sportivo, visto che il D’Urso non si allontanava, da dietro una cancellata, inveiva contro di lui dicendogli che da lì doveva andarsene; anzi in tale circostanza il Lo Monaco cercava anche di aprire il cancello, per tentare, evidentemente, di giungere al contatto fisico con il D’Urso. Venendo agli episodi relativi alle partite Catania/Lazio del 20/4/08 e Catania/Reggina del 4/5/2008 (capo B della rubrica), il D’Urso ha riferito che in occasione di entrambe le partite nonostante gli fosse stato consentito di entrare tanto alla tribuna stampa quanto alla sala stampa, gli fu però impedito dai responsabili della sicurezza, l’accesso nel dopo partita alla C.d. mix zona o zona mista; chiarisce il D’Urso (in senso del tutto analogo v. anche le dichiarazioni del Nicita) che la mix zona, ovvero il lungo corridoio che devono percorrere i giocatori prima di salire a bordo dei pulman per allontanarsi definitivamente dallo stadio, è la zona riservata alle loro interviste; è evidente quindi che impedire ad un giornalista l’accesso a tale zona significa precludergli la possibilità cii intervistare i giocatori, ovvero precludergli la possibilità di svolgere il proprio lavoro.

In merito a tali condotte, la difesa dell’imputato ha preliminarmente osservato che nei relativo capo d’imputazione (capo B) si far riferimento solo alla sala stampa e non anche alla zona mista, conseguentemente il fatto deve ritenersi diverso e come tale non suscettibile di accertamento processuale in questa sede non essendosi proceduto ad alcuna modifica del capo d’imputazione. L’eccezione, a giudizio di questo decidente, non appare fondata in fatto e in diritto. Sotto il primo profilo va innanzi tutto rilevato che come emerso chiaramente dall’istruttoria espletata, la mix zona altro non è se non un sito “accessorio” una “prosecuzione” della sala stampa; e quindi sotto questo profilo non vi è alcuna differenza sostanziale, ai fini ora in esame, tra sala stampa e mix zona. Ed invero, è stato chiarito che la sala stampa è il sito riservato alle interviste degli allenatori, dei Presidenti delle due squadre e dei giocatori più importanti, mentre la mix zona è il sito riservato alle interviste di tutti gli altri giocatori; anche logisticamente il collegamento tra i due siti appare evidente, atteso che (almeno per quanto concerne lo stadio Cibali di Catania), alla mix zona si accede passando dalla sala stampa. Ciò rilevato in punto di fatto, anche in punto di dititto, l’eccezione sollevata non appare condivisibile; ed invero costituisce giurisprudenza ormai consolidata il principio secondo il quale “In tema di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza deve affermarsi che, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri l’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie difensive, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di potersi difendere in ordine all’oggetto della imputazione” ( Fattispecie relativa a contestazione del delitto di bancarotta post-fallimentare qualificato dalla S.C come bancarotta pre-fallimentare Casso Sez. Un. sent. Nr. 36551 del 15/7/2011 Rv 248051; nello stesso senso Casso Sez. Un. Sent. nr. 16 del 19/6/1996 Rv 205619) ed ancora insegna la giurisprudenza “l’obbligo di correlazione tra accusa e sentenza non può ritenersi violato da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione dell’imputazione pregiudichi la possibilità della difesa dell’imputato: la nozione strutturale di “fatto” contenuta nelle disposizioni in questione, va congiunta con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi” (Cass. Sez. IV, sent. nr. 10103 del 15/0112007 Rv 236099).

Orbene, stante quanto sopra detto circa il significato dei termini sala stampa e mix zona con specifico riferimento ai fatti per cui è processo, è da ritenersi che in base ai pronunciamenti appena richiamati, nel caso in esame non sì è verificato alcun mutamènto sostanziale del fatto; non solo, ma anche avuto riguardo al secondo presupposto indicato dalla giurisprudenza, ovvero la concreta possibilità dell’imputato di difendersi, deve osservarsi che con specifico riferimento al problematica inerente alla mix zona, di certo la Difesa dell’imputato nel presente processo è stata in condizioni di esercitare ampiamente ed esaustivamente il proprio ministero, tant’è che sia in sede di controesame relativamente ai testi della Pubblico ministero e della Parte civile, sia in sede di esame diretto relativamente ai propri testi, la tematica della mix zona è stata oggetto di specifiche domande ed argomentazioni da parte della Difesa. Ciò rilevato in merito all’eccezione di modifica del fatto, tornando alla prova dei fatti di cui alle partite Catania/Lazio e Catania/Regina, quanto riferito specificamente sul punto dal D’Urso ha trovato preciso riscontro nelle dichiarazioni del Vagliasindi relativamente alla partita Catania/Reggina e nelle dichiarazioni del Nicita relativamente alla partita Catania/Lazio. Da ultimo rimane da esaminare il fatto verificatosi in data 1/4/08 di cui al capo C) della rubrica, ovvero l’aver impedito al D’Urso la partecipazione alla conferenza stampa indetta dalla società per la presentazione di Walter Zenga, nuovo allenatore della squadra.

Dichiara a tal proposito la persona offesa, che giunto nei locali della sede del Calcio Catania ove era stata organizzata la conferenza stampa, il responsabile della sicurezza Arturo Magni, gli impedì di entrare dentro dicendogli che stava per arrivare Lo Monaco; anche in questo caso quanto riferito dal D’Urso ha trovato puntuale conferma nelle dichiarazioni di altro giornalista presente ai fatti, Cigalini Alberto. Dovendosi quindi ritenere, a giudizio qi questo decidente, pienamente provati i fatti così come contestati all’imputato, ovvero avere Lo Monaco dato disposizioni affinchè venisse impedito al giornalista D’Urso Alessio di accedere ai siti riservati ai giornalisti in occasione delle diverse manifestazioni sportive specificamente indicate nei capi d’imputazione, impedendogli in tal modo l’esercizio della propria attività di giornalista, e ciò Ìn quanto il D’Urso si era reso “responsabile” di aver scritto aegli articoli “non graditi” al.Lo Monaco, occorre ora passare alla questione di diritto, e verificare conseguentemente se tali condotte integrino o meno le fattispecie penali contestate. La tesi difensiva sostiene che il giornalista, non può ritenersi in alcun modo titolare di un diritto soggettivo all’accesso ai siti riservati dalla società sportive ai giornalisti medesimi, sicchè mancando tale diritto, la fattispecie penale del reato di violenza privata non può dirsi realizzata, in quanto l’aver impedito al D’Urso l’accesso ai siti riservati ai giornalisti con costituirebbe in alcun modo un atto di violenza, appunto perché in relazione a tale accesso il giornalista non vanterebbe alcun diritto soggettivo.

La parte civile, ha osservato invece che tale diritto soggettivo sussiste, tanto che l’accesso del giornalista ai siti riservati è espressamente previsto nei relativi regolamenti della Lega Nazione Calcio (regolamenti prodotti e acquisiti agli atti). Controdeduce la Difesa dell’imputato rilevando che La lega Calcio è un’associazione di diritto privato ….(per cui i relativi) regolamenti ….non valgono a costituire né obblighi né posizioni di diritto soggettivo in capo a terzi estranei all’associazione (leggasi giornalisti) ma vincolano solo gli associati” (p. 2 memoria difensiva); inoltre osserva la Difesa in tali regolamenti comunque l’accesso ai siti riservati ai giornalisti è previsto solo per le partite ufficiali e non anche quindi per le partite amichevoli e per gli altri avvenimenti sportivi; aggiunge inoltre la Difesa, anche qualora si volesse ritenere che il diritto soggettivo del giornalista all’accesso ai siti riservati deriverebbe dal regolamento della Lega nazionale Calçio, tale diritto comunque non sussisterebbe in relazione ai fatti per cui è processo atteso che per quanto riguarda la partita amichevole Catania/Gela il regolamento non sarebbe comunque applicabile perché esso fa riferimento alle gare ufficiali e la partita amichevole non è invece una gara ufficiale, mentre per quanto riguarda le partite ufficiali (Catania/Lazio, Catania/Reggina) il regolainento non sarebbe neanche in questo caso applicabile atteso che nel caso specifico “l’impedimento” sarebbe consistito nell’aver precluso al D’Urso l’accesso alla c.d. mix zona; orbene osserva la Difesa, l’accesso alla mix zona venne preso in considerazione solo con il regolamento della stagione 2008/2009 e quindi successivamente ai fatti verificatisi; infine relativamente alla mancata partecipazione del D’Urso alle due conferenze stampa, trattandosi di evento sportivo e non di partita, non rientrerebbe nelle previsioni del regolamento; da ultimo infine, limitatamente alla partita Catnia/Genoa la Difesa ha negato che al D’Urso sia stato impedito l’accesso alla tribuna stampa. Per contro, osserva ancora la parte civile che l’esistenza del diritto soggettivo in capo al giornaiista di accedere ai siti riservati quanto meno alle gare ufficiali è espressamente previsto dalla Determinazione llf. 33 del 2007 dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni sportive, istituito presso il Dipartimento di Sicurezza del Ministero degli Interni (allegato agli atti, p. 2 memoria della Parte civile); sennonchè anche in relazione a tale Determinazione, la Difesa controbatte rilevando che tale Determinazione ” ..non costituisce affatto diritti soggettivi dei giornalisti possessori di tessera CONI stampa nei confronti delle società calcistiche, ma… si occupa di dettare norme finalizzate a controllare e comprimere, in funzione di esigenze di sicurezza, la potestà autoregolamentare della lega Calcio in occasione dei propri eventi sportivi” (memoria difensiva p. 4).

Sennonchè ritiene questo decidente che il diritto del giornalista sportivo ad accedere in occasione degli eventi sportivi ai siti appositamente predisposti per la stampa per ivi espletare la propria attività professionale, costituisce espressione e manifestazione di un diritto ben più ampio e fondamentale in un ordinamento democratico quale è il diritto di cronaca, manifestazione quest’ultimo della libertà di stampa di cui ali’ articolo 21 della nostra Carta costituzionale. Ed invero pacifico deve ritenersi in giurisprudenza che il diritto di cronaca giornalistica rientra nella più ampia categoria dei diritti soggettivi pubblici relativi alla libertà di pensiero e di stampa consacrati al citato art. 21 della nostra Costituzione; diritto soggettivo pubblico che il titolare può vantare oltre che nel confronti dello Stato e delle sue articolazioni, anche e a maggior ragione nei confronti dei privati, i quali quindi sono tenuti con il proprio comportamento a non ostacolare l’esercizio di tale diritto soggettivo.

La Cassazione infatti sin dagli anni ’60 ha affermato che “L’art. 21 della Costituzione annovera il diritto di cronaca giornalistica tra i diritti soggettivi pubblici inerenti alla libertà di stampa e di pensiero. Tale diritto può essere esercitato anche quando ne derivi una lesione all’altrui reputazione, sempre che ricorrano le seguenti tre condizioni: a) verità della notizia pubblicata; b) interesse pubblico a conoscere i fatti pubblicati; c) obiettiva esposizione delle notizie pubblicate (Cass. peno Sez. I sent. nr. 16 del 18/1/1966 ·Rv 101525), e in tempi recenti il Supremo collegio si è cosi pronunciato “L’esercizio dei diritto di cronaca e di critica, che è lecito anche se in conflitto con diritti e interessi della persona ove sussistono i parametri dell’utilità sociale alla diffusione della notizia, della verità oggettiva o putativa, della continenza del fatto narrato o rappresentato, costituisce estrinsecazione della libertà di manifestazione del pensiero prevista dali’ art. 21 Cost. e dall’ art. lO della Convenzione europea dei diritti dell ‘uomo. Queste norme, a loro volta, trovano riferimento nella Costituzione europea, la quale con formula più vasta, prevede sotto il valore universale della libertà, ali’ art. 2, 71, la libertà di espressione e di informazione, formula questa, da interpretarsi secondo l’Addendum 22 al documento CIG 87/04 (agosto 2004), in conformità dell’art. lO della CEDU, che prevede al comma secondo, limiti di ordine pubblico o di interessi fondamentali della persona, quali la salute, la reputazione o diritti fondamentali (come la dignità, la presunzione di innocenza, etc.) anche tenendo presente che le Corti europee di Giustizia di Lussemburgo (sentenza 8 luglio 1999 in causa 150/98) e di Strasburgo (sentenza 21 gennaio 1999, Fressoz) considerano la libertà di informazione come un patrimonio comune delle tradizioni costituzionali degli Stati dell’Unione e del Consiglio d’Europa” (Cass. Civ., Sez. III, sent. nr. 15887 del 17/7/2007 Rv 598667).

Ciò rilevato, secondo questo decidente, appare del tutto consequenziale ritenere che nell’esercizio del diritto di cronaca rientrino ‘tutte quelle attività strettamente connesse e funzionali alla pubblicazione delle notizie a mezzo stampa; ne consegue ancora che non può non ritenersi strettamente connesso con l’esercizio del diritto di cronaca sportiva relativa ad un determinato evento sportivo di pubblico interrese, sia esso una partita di calcio (poco importa se ufficiale o amichevole, purchè di pubblico interesse) sia qualunque altro evento sportivo (come la presentazione del nuovo allenatore di una squadra di calcio), la possibilità per il giornalista di assistere all’evento e di intervistare i protagonisti dell’evento medesimo. Ed invero che senso avrebbe riconoscere il diritto di cronaca giornalistica relativamente ad una determinata manifestazione di pubblico interesse, se al contempo non si riconosce all’interno e nell’ambito di tale situazione giuridica di vantaggio, la possibilità (il diritto) per il giornalista di assistere a tale manifestazione e di intervistare i relativi protagonisti?

Ed infatti la definizione tradizionale di diritto soggettivo fa riferimento a quella “signoria del volere, al potere di agire (agere licere) per il soddisfacimento dell’interesse protetto dall’ordinamento giuridico”. In relazione a tale specifico profilo la Cassazione ha precisato che per aversi diritto soggettivo penalmente rilevante “E’ necessario…che l’attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in questione” (Cass. sez. III, sent. nr. 5889 del 8/5/1996 Rv 205511; il caso preso in esame dalla Cassazione faceva riferimento all’ipotesi in cui il diritto soggettivo era invocato dall’imputato quale causa di giustificazione ex art. 51 c.p.; a maggior ragione, si ritiene quindi, che tale principio possa essere utilizzato anche per il diritto soggettivo vantato dalla persona offesa) . Da quanto precede emerge altresì ) che presupposto necessano ed indispensabile affinchè possa ritenersi sussistente il diritto soggettivo di cronaca giornalistica è che la notizia che il giornalista deve pubblicare, e quindi l’attività strettamente connessa e necessaria per l’acquisizione e pubblicazione della stessa, sia una notizia di “pubblico interesse”, di “rilevanza sociale”; al di là di tale “pubblico interesse”, non vi è infatti alcun diritto di cronaca giornalistica. Orbene venendo al caso in esame, questo decidente ritiene ehe tutti gli eventi sportivi di cui ai capi d’imputazione, costituiscano degli eventi di “pùbblico interesse” e di “rilevanza sociale”, Ed invero per quanto riguarda le partite di campionato CatanialLazio, Catania/Genoa e Catania/Reggina il “pubblico interesse” è di tutta evidenza sol che si pensi al pubblico sugli spalti e al pubblico televisivo che segue di regola tali avvenimenti; ma, a parere di questo decidente, di “pubblico interesse” devono considerarsi anche gli eventi costituiti dalle conferenze stampa indette dalla società Calcio Catania per la presentazione del nuovo allenatore Walter Zenga del 1/4/08 e per la trasferta relativa alla partita di Coppa Italia del 14/4/Ù8, nonché l’evento partita amichevole Catania/Gela giocatasi alla stadio comunale di Paternò in data 29/7/07.

Ed infatti per quanto riguarda le conferenze stampa indette dalla società, “il pubblico interesse” emerge oltre che dall’oggetto delle due conferenze stampa (si pensi in particolar modo alla presentazione ufficiale del nuovo allenatore di una squadra del campionato di serie A quale era il Catania), dalla natura stessa della conferenza stampa; ovvero in tanto si indice una conferenza stampa in quanto le notizie che saranno diffuse tramite la conferenza sono per l’appunto ritenute, anche dallo stesso soggetto che indice la conferenza, notizie di “pubblico interesse”; ma anche per quanto concerne la partita amichevole Catania/Gela, a parere di questo decidente, “l’interesse pubblico” alla conoscenza dell’evento, deriva dalla natura dell’evento medesimo (sotto questo profilo invero si ritiene non particolarmente rilevante la natura amichevole e non ufficiale della partita), nonché dalla circostanza che l’evento si svolgeva in un pubblico stapio dinanzi ad un pubblico certamente sufficientemente numeroso. Ciò detto a proposito del diritto soggettivo diritto di cronaca spettante al giornalista Alessio D’Urso con specifico riferimento alle notizie relative ai fatti per cui è processo, va altresì rilevato come l’accesso da parte del D’Urso ai siti riservati alla stampa per esercitare la sua attività professionale, costituisce altresì· espressione e manifestazione di altro diritto soggettivo esistente in capo alla persona offesa: il diritto al lavoro, diritto altrettanto fondamentale come quello del diritto di cronaca giornalistica, riconosciuto anch’esso a livello costituzionale dall’art. 35 (oltre che dall’ art. l) della nostra Carta costituzionale. Ed invero avere impedito al D’Urso di accedere ai siti riservati alla stampa 1ll occasione delle manifestazioni sportive specificamente indicate nel capI d’imputazione, ha precluso in maniera decisiva il suo diritto al lavoro; non a caso infatti, proprio a causa di questa sostanziale impossibilità da parte del D’Urso di esercitare a Catania il proprio mestiere, la testa di appartenenza decise di trasferire il giornalista ad altra sede, ovvero a Palermo (evidente anche sotto questo profilo, appare quindi il danno subito dalla parte civile in conseguenza della condotta illecita delI’odierno imputato).

Certo nel nostro ordinamento i diritti soggettivi, anche quelli riconosciuti a livello costituzionale, non sono mai dei diritti assoluti, nel senso che quando possono presentarsi situazioni di contrasto con altri diritti (magari anch’essi costituzionalmente tutelati), l’ordinamento interviene cercando di contemperare adeguatamente le situazioni conflittuali ponendo necessari limiti e bilanciamenti; e così ad esempio con specifico riferimento al diritto di cronaca per tutelare la riservatezza, e quindi i diritti della persona, e bilanciare adeguatamente tra diritto di cronaca e riservatezza, la giurisprudenza come è noto (v. supra) ha individuato limiti della verità, della pertinenza e della continenza della notizia. Inoltre, e con specifico riferimento alla tematica ora in esame, non vi è dubbio che il concreto esercizio del diritto di cronaca giornalistica deve contemperarsi con eSigenze di tutela dell’ordine e della) sicurezza pubblica; ed è questo infatti il fondamento delle limitazioni all’accesso dei giornalisti ai siti ad essi riservati in occasione delle manifestazioni sportive di cui al regolamento della Lega Calcio, nonché alla Determinazione nr. 33 del 2007 dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive sopra richiamato; tali disposizioni infatti, muano sostanzialmente a’ garantire che nei vari siti riservati ai giornalisti accedano’ un numero di giornalisti compatibile con le effettive disponibilità dei singoli siti, avuto riguardo per l’appunto alle esigenze di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico. Ed ancora, sempre con riferimento specifico alle tematiche relative al caso del presente processo, non vi è dubbio che il diritto di cronaca, soprattutto se inteso anche come diritto ad acquisire le notizie di pubblico interesse come sopra specificato, e quindi in particolar modo diritto ad accedere in determinati siti, può entrare in contrasto con altri diritti costituzionalmente tutelati quali l’inviolabilità del domicilio (art. 14 Costituzione), tramite il quale si garantisce e si riconosce il diritto del singolo alla riservatezza, ovvero il diritto dell’individuo ad escludere chicchessia asuo insindacabile giudizio dall’accesso ai luoghi in relazione’ ai quali al singolo è riconosciuto dall’ordinamento il diritto alla riservatezza e conseguentemente il suo diritto ad escludere i terzi; trattasi del C.d. ius excludendi alios, a tutela del quale è prevista la fattispecie penale dell’art. 614 c.p. Orbene, è da ritenere che una corretta interpretazione del nostro ordinamento giuridico, deve tendenzialmente far prevalere in casi del genere il diritto individuale della persona sul diritto pubblico di cronaca giornalistica, nel senso che, quale che sia l’evento che si verifichi in un ambito spaziale caratterizzato dal diritto individuale alla riservatezza e quindi dal diritto dell’individuo, non sembra dubitabile che sul diritto pubblico deve prevalere il diritto individuale, ovvero il diritto da parte dell’individuo di escludere dall’ambito della propria riservatezza, ovvero dal luogo entro il quale l’ordinamento gli riconosce il diritto alla riservatezza, chiunque ritenuto a suo insindacabile giudizio non gradito, prescindendo comunque e del tutto da ogni questione relativa ad eventuali profili di pubblico interesse; tale è per l’appunto lo ius exlcuedendi alios. Circa l’individuazione dei luoghi, ambito spaziale, in relazione ai quali l’ordinamento riconosce all’individuo tale diritto alla riservatezza (inviolabilità del domicilio), l’ordinamento fa specifico riferimento ai concetti di abitazione,di privata dimora e loro pertinenze (art. 614 c.p.). Orbene, ha chiarito la giurisprudenza che il concetto di privata dimora è più ampio del concetto di abitazione, atteso che quest’ultimo fa riferimento essenzialmente al luogo in cui l’individuo vive la sua “dimensione domestica”, ovvero quella dimensione che più di ogni altra è caratterizzata, e tutelata, dalla riservatezza e dall’inviolabilità, mentre il concetto di privata dimora fa riferimento essenzialmente al luogo in cui l’individuo svolge qualsiasi attività della vita privata (diversa dalla “dimensione domestica”) che debba esplicarsi fuori dalle ingerenze altrui (quali ad esempio attività lavorative, culturali, religiose, ricreative, sportive, ecc.). Opposto al concetto di privata dimora è il concetto di luogo pubblico (v. ad es. art. 266/4 nr. 2 c.p.), ovvero quei luoghi in relazione ai quali, essendo per l’appunto destinati al pubblico, alla collettività indeterminata (es. strade pubbliche, pIazze, ecc.), non sussiste rispetto ad essi alcun ius excludendi alios.

Una via di mezzo tra la privata dimora ed il luogo pubblico, è dato dal luogo aperto al pubblico (v. ad es. art. 266/4 nr. 2 c.p.), ovvero quei luoghi (es. esercizio commerciale) in relazione ai quali il pubblico, e quindi chiunque, può accedere rispettando le condizioni poste da chi esercita il diritto sul luogo medesimo e fermo restando ovviamente il limite della capienza; in tal caso ha chiarito la giurisprudenza lo ius exc!udendi alias spettante al titolare del diritto può essere esercitato solo nei confronti di coloro che non rispettano le condizioni dell’apertura al pubblico del luogo medesimo, sicchè nei confronti invece di coloro che rispettano tali condizioni il titolare del diritto non vanta alcun ius exc!udendi alias. Ciò precisato la giurisprudenza ha comunque chiarito ” .. .10 ius excludendi alias rilevante ex art. 614 cod. pen … , non è fine a se stesso ma serve a tutelare il diritto alla riservatezza nello svolgimento di alcune manifestazioni della vita privata della) ~persona che l’art. 14 Cost. garantisce, proclamando l’inviolabilità del domicilio (fattispecie in cui la Suprema corte ha escluso che possa qualificarsi luogo di privata dimora il deposito di una società esercente il commercio di carni, al quale acceda un numero indiscriminato di persone, salvo che nelle ore di chiusura, quando cioè in esso il titolare può compiervi qualsiasì attività di indole privata)” (Cass. Sez. I sento Uf. 5032 del 20/12/1991 Rv 190009) ..La precisazione appare della massima importanza e rilevanza, in quanto evidenzia la stretta correlazione esistente tra ius exc!udendi e diritto alla riservatezza, nel senso che in tanto esiste uno ius exc!udendi in quanto esiste un diritto alla riservatezza, ovvero lo ius exlcudendi è riconosciuto all’individuo proprio per tutelare la sua riservatezza, e conseguentemente nel momento in cui non vi è più alcun diritto alla riservatezza, viene conseguentemente e necessariamente meno lo ius excludendi. Applicando tali principi generali ai fatti per cui è processo, occorre tener presente che i fatti contestati si sono verificati o all’ interno di uno stadio di calcio in occasione della disputa di partité alle quali assisteva il pubblico (poco importa sotto profilo ora in esame se partite amichevoli o ufficiali), o all’interno di un dimora privata quale è la sede del Calcio Catania (conferenza stampa per la presentazione dell’allenatore Zenga) o locali comunque di pertinenza della società Calcio Catania (conferenza stampa relativa alla trasferta della squadra per la partita di Coppa Italia, tenuta nei locali dello stadio di massa Annunziata).

Orbene, per quanto riguarda gli episodi verificatisi in occasione delle partite giocate allo stadio, essendo lo stadio un luogo aperto al pubblico, e rispettando il D’Urso le condizioni previste per l’accesso allo stadio in occasione delle partite (tale è il convincimento di questo decidente per quanto sopra detto in termini di valutazione della prova relativamente ai singoli fatti), non vi è dubbio che in relazione a tali episodi, stante i principi sopra richiamati, il Lo Monaco nei confronti del D’Urso non poteva vantare alcun ius excludendi alios. Ma a giudizio di questo decidente, anche m relazione ai due episodi verificatisi all’interno di luoghi di privata dimora del Calcio Catania, il Lo Monaco, per le ragioni che qui di seguito verranno esposte, non vantava alcun ius excludendi alios nei confronti del D’Urso. Ed invero, come sopra già evidenziato, la giurisprudenza ha chiarito che lo ius excludendi è un diritto strettamente e necessariamente connesso al diritto alla riservatezza, sicchè viene meno nel momentei in cui viene meno il diritto alla riservatezza; diritto alla riservatezza ( e connesso ius excludendi) che concernendo un diritto prettamente individuale, è come tale un diritto certamente disponile da parte del titolare medesimo; ne consegue quindi che se il titolare liberamente ed autonomamente rinuncia in determinate occasioni e a determinate condizioni alla sua riservatezza, conseguentemente anche il connesso e strumentale ius excludendi in simili circostanze, e limitatamente ad esse, viene meno. Tale situazione, a giudizio di questo decidente, è quella che si è verificata in occasione di entrambe le due conferenze stampe di cui ai capi B e C della rubrica e in relazione alle quali al giornalista D’IUrso è stato impedito l’acceso ai luoghi ove si svolgevano le dette conferenze .. Infatti, nel momento in cui la società Calcio Catania indiceva le due conferenze stampa all’interno dei propri locali, limitatamente a tali episodi, e quindi limitatamente al tempo e ai luoghi in cui si sarebbero svolte tali conferenze, e limitatamente al soggetti ai quali le conferenze sono “istituzionalmente” dirette, ovvero i giornalisti, la società Calcio Catania, e quindi il Lo Manaco, liberamente ed autonomamente decidevano di rinunciare temporaneamente, limitatamente a tali due episodi, alla propria riservatezza e al conseguente ius excludendi nei confronti dei giornalisti, soggetti questi, si ripete, ai quali si rivolge “istituzionalemente” ogni conferenza stampa.

In altri termini, appare veramente illogico e contraddittorio, indire una conferenza stampa e al contempo rivendicare nei confronti di uno o più dei giornalisti che dovrebbero partecipare ala detta conferenza stampa il diritto alla riservatezza e il conseguente ius excludendi. Ed invero, nel momento in cui viene indetta la conferenza stampa, limitatamente al tempo e ai luoghi (stanze) in cui si svolge la conferenza nonchè limitatamente ai soggetti aventi diritto a partecipare alla conferenza, è come se la privata dimora si trasformasse, limitatamente a tali condizioni, in un luogo aperto al pubblico, sicchè il titolare del diritto alla riservatezza nei confronti di coloro che possiedono le condizioni per l’accesso al luogo, non vanta alcun ius excludendi alias. E che lo ius excludendi sia strettamente connesso con il diritto alla riservatezza e che conseguentemente lo ius excludendi relativo ad un determinato luogo è anch’esso strettamente connesso col tipo di attività che in un determinato momento si svolge in tale luogo, ta1chè se è un’attività che rientra nell’ambito della riservatezza, in relazione a tale attività il titolare vanta lo ius excludendi, ma se invece trattasi di un’attività non rientrante nell’ambito della riservatezza, in tal caso allora il titolare non può vantare alcun ius excludendi, è principio affermato dalla stessa giurisprudenza quando ad esempio ha chiarito che un luogo aperto al pubblico (quale un deposito di una società esercente il commercio, al quale acceda un numero indiscriminato di persone) in relazione’ al quale il titolare non vanta alcun ius excludendi alias nei confronti di coloro che rispettano le condizioni per l’accesso al locale, nelle ore di chiusura si trasforma sostanzialmente in dimora privata con conseguente diritto alla riservatezza e relativo ius excludendi alias esercitabile dal titolare nei confronti di chicchessia (v. supra Casso Sez. I, sento nr. 5302 del 20/12/91 Rv 190009). Tornando al caso per cui è processo, appare invero di tutta evidenza, che l’aver impedito al giornalista l’accesso ai locali ove si dovevano svolgere le due conferenze stampa, è dipeso non già da ragioni di tutela della riservatezza ( che si ripete, viene inevitabilmente meno, e si direbbe per definizione, nel momento in cui si indice una conferenza stampa), bensì da ragioni di discriminazione nei confronti del giornalista medesimo. E che il D’Urso sia stato escluso perché “non gradito” al Lo Monaco per i suoi articoli, è circostanza che, a giudizio di questo decidente, il processo ha dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio.

Ma se così è, appare evidente che in questi casi il ius excludendi è stato utilizzato dal Lo Monaco per finalità diverse, e illecite, rispetto a quelle per le quali l’ordinamento riconosce lo riconosce, ovvero la tutela del diritto alla riservatezza, e quindi il Lo Monaco ha in tali casi abusato dello ius excludendi. Ma se ha abusato del proprio diritto, conseguentemente l’imputato non può invocare tale diritto quale scriminante della condotta astrattamente penalmente illecita posta in essere. Afferma infatti, a tal proposito la giurisprudenza che “Per la configurazione dell’ esimente dell’esercizio del diritto, di cui all’art. 51 cod. pen., il diritto -il cui esercizio (ndr. quale sarebbe nel caso per cui è processo lo ius excludendi alias di cui al diritto alla riservatezza) può escludere la punibilità di un fatto sanzionato penalmente -deve essere un vero e proprio diritto soggettivo protetto in modo diretto ed individuale, tale da comportare il sacrificio di tutti gli altri interessi in contrasto con esso. E’ necessario, altresì, che l’attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in questione, perché -in caso contrario -si superano i confini dell’esercizio lecito e si configurano ipotesi di abuso del diritto stesso, che ricadono al di fuori della sfera di operatività dell’art. 51 cod. pen.” (Cass. Sez. III, sento llf. 5889 del 8/5/1996 Rv 205511).

Infine concludendo sul punto, non può non rilevarsi come nel momento in cui si ritiene provato (come è convincimento di questo Giudice per i motivi sopra esposti) che il Lo Monaco abbia impedito (rectius abbia impartito disposizioni per impedire) al giornalista D’Urso di partecipare agli eventi sportivi di cui ai singoli episodi dei capi d’imputazione, esclusivamente per “punire” il giornalista per gli articoli precedentemente pubblicati dal giornalista e al Lo Monaco “non graditi”, nel momento in cui si dovesse affermare la liceità di un simile comportamento, ci si chiede che ne rimarrebbe a questo punto della libertà di stampa.

Ritiene quindi questo decidente, che avendo acquisito la prova che l’odierno imputato ha impedito (avendo dato disposizioni in tal senso ai suoi dipendenti) al giornalista D’Urso Alessio l’accesso a determinati siti, accesso rispetto al quale il giornalista vantava un diritto pieno estrinsecazione del diritto di cronaca con specifico riferimento agli eventi sportivi indicati nei capi d’imputazione, nonché anche espressione del suo diritto al lavoro, ha posto in essere delle condotte integranti certamente la fattispecie della violenza privata di cui all’art. 610 codice penale, avendo per l’appunto leso la persona offesa nella sua legittima facoltà di autodeterminarsi (bene giuridico questo, tutelato dalla fattispecie di cui all’art. 610 c.p).

Ed invero, la considerazione difensiva secondo la quale per il reato di violenza privata è comunque necessario l’estrinsecazione di una qualsiasi energia fisica (in tal senso Casso sez VI, sento 18/11/2009 llf. 2013), sicchè non avendo il Lo Monaco posto in essere personalmente e direttamente alcuna forma di “energia fisica” (fatta eccezione verosimilmente per gli episodi relativi alla partita Catania/Gela e alla conferenza stampa dell’allenatore in occasione della imminente trasferta per la partita di coppa Italia: in entrambi gli episodi infatti il Lo Monaco ha in verità posto in essere “forme di energia fisica”), non potrebbe ritenersi integrata nei suoi confronti la fattispecie contestata (pp 9,10 della memoria difensiva), è da ritenersi superata avuto riguardo alla natura concorsuale dei reati contestati, ed infatti dalla stessa formulazione dei capi d’imputazione risulta chiaro che il Lo Monaco risponde dei reati contestatigli in concorso con le persone che materialmente, su disposizione del Lo Monaco medesimo, posero in essere “le forme di energia fisica” di cui ai pronunciamenti della Suprema corte, ritenendosi del tutto pacifico, stante quanto sopra esposto a tal proposito, che i comportamenti posti in essere dal personale della sicurezza del calcio Catania si sostanziarono in atti di chiara ed univoca “energia fisica” finalizzati ad impedire al D’Urso l’accesso ai siti riservati ai giornalisti.

Ritiene infine il decidente di dovere altresì rilevare che anche qualora si dovesse reputare, diversamente da quanto fin qui osservato, che il D’Urso non poteva vantare alcun diritto soggettivo ad accedere ai siti riservati ai giornalisti, inteso quale esercizio del diritto di cronaca e quindi del diri~to alla libertà di stampa, un diritto soggettivo in capo al D’Urso leso dalla condotta posta in essere dall’imputato, sussisterebbe comunque ove si consideri che la condotta contestata ha inciso negativamente e in maniera sostanziale sulla possibilità per il D’Urso di espletare la propria attività lavorativa, e quindi sul suo diritto al lavoro, da ritenersi anch’esso un diritto soggettivo; ed ancora, tale condotta dell’imputato ha inciso altresì in maniera evidente sulla libertà di autodeterminazione del D’Urso, facoltà quest’ultima integrante anch’essa un diritto soggettivo del singolo, anzi uno dei diritti fondamentali riconosciuti al singolo dal nostro ordinamento (art. 2 della Costituzione), e a tutela del quale è predisposta la fattispecie di cui all’art. 610 c.p. Ma, e così concludendo sul punto, anche qualora si dovesse ritenere che in relazione ai fatti per cui è processo, in capo al d’Urso non sia configurabile alcun diritto soggettivo, i reati contestati all’imputato sussisterebbero pur sempre. Ed invero, accertato il fatto che su disposizioni del Lo Monaco, il personale della sicurezza del calcio Catania, in occasione degli eventi specificamente richiamati nei capi d’imputazione impedì con violenza al D’Urso l’accesso ai siti” riservati ai giornalisti, compromettendo così la libertà di autodeterminazione della persona offesa, ed integrando in tal modo conseguentemente la fattispecie astratta di cui all’art. 610 c.p., per escludere nei singoli casi, l’integrazione della relative fattispecie penali, occorrerebbe necessariamente ritenere che il Lo Monaco abbia agito m presenza di una causa di giustificazione; afferma infatti a tal proposito la giurisprudenza ” Ai fini della sussistenza o meno del reato di violenza privata, la coazione deve ritenersi giustificata, non solo quando ricorra una delle cause di giustificazione previste dagli artt. 51-54, ma anche quando la violenza o minaccia sia adoperata per impedire l’esecuzione o la permanenza di un reato; invece, la violenza o la minaccia sono punibili se con esse si voglia costringere altri ad adempiere ad un dovere giuridico o ad astenersi da una condotta genericamente illecita o immorale. Però anche nella prima ipotesi, quando cioè la coazione sia usata per impedire la commissione di un reato, non può prescindersi da un criterio di proporzionalità tra il mezzo adoperato e il reato che si intendeva impedire” (Cass. Sez. V, sento Uf. 45423o del 7/6/1988 Rv 181031).

Orbene venendo al caso in esame, il volere da parte del D’Urso accedere ai siti riservati ai giornalisti, non può di certo considerarsi condotta integrante una fattispecie penale (quale ?); sicchè in base alla sentenza appena citata, per escludere la rilevanza penale della condotta posta in essere dal Lo Monaco, addirittura anche qualora si volesse considerare la condotta del D’Urso “genericamente illecita”, occorrerebbe necessariamente provare l’esistenza di una causa di giustificazione, che nel nostro caso non potrebbe essere altra se non quella di cui all’art. 51 c.p., ovvero il Lo Monaco avrebbe dovuto avere un diritto soggettivo ad impedire al D’Urso l’accesso ai siti riservati ai giornalisti. Sennonchè tale diritto ad impedire l’accesso ai siti riservati al giornalisti, costituirebbe per l’appunto un ius exludendi alias, che per quanto sopra evidenziato in relazione a tutti i singoli episodi di cui ai capi d’imputazione comunque non sussisterebbe, sicchè le fattispecie penali contestate al Lo Monaco sarebbero pur sempre integrate.

Venendo alla valutazione delle circostanze, ritiene questo decidente che vada esclusa l’aggravante contestata dei futili motivi, atteso che di per sè il motivo non può ritenersi futile (impedire ad un giornalista di continuare a scrivere notizie non gradite) e soprattutto che non sussiste una sproporzione (v. in tal senso Casso sent. nr. 24683 del 18/6/2008), avuto riguardo alle peculiarità del caso concreto, tra lo stimolo che ha indotto il Lo Monaco ad agire (impedire al D’Urso di continuare a scrivere notizie a lui non gradite) e il reato posto in essere (impedire al D’Urso di espletare la sua attività di giornalista in occasione degli eventi di cui ai capi d’imputazione); peraltro la considerazione da ultimo espressa, a giudizio del decidente vale anche qualora si volesse considerare l’aggravante contestata quale motivo abietto e non futile, avuto riguardo alla natura ritorsiva, vendetta, posta in essere dal Lo Monaco in relazione agli articoli precedentemente scritti dal D’Urso; ed invero anche in caso di vendetta, è da ritenere, che ai fini della sussistenza di tale aggravante è necessario che la condotta vendicativa sia del tutto sproporzionata rispetto al motivo che induce il soggetto a vendicarsi; sproporzione che, si ripete, nel caso in esame non si ritiene sussistente.

Per contro non si ritengono concedibili all’imputato le circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo alla pervicacia dimostrata nella reiterazione della condotta illecita, e rilevato altresì che come è noto, in seguito alla novella legislativa, tali circostanze non possono più essere concesse sol perchè l’imputato sia incensurato.

Venendo quindi alla determinazione della pena, ritiene questo decidente che stante l’evidente unicità del disegno criminoso, i reati contestati all’imputato devono ritenersi avvinti dal vincolo della continuazione, sicchè la pena, valutati i criteri di cui all’ art. 133 c.p., e considerata quindi l’incensuratezza dell’imputato che induce ad determinare la pena in maniera prossima ai minimi edittali, la si determina nella misura finale di mesi otto di reclusione, così calcolata: ritento più grave il reato di cui all’episodio relativo alla partita Catania/Lazio, mesi tre di reclusione, aumentata a titolo di continuazione di un mese per ciascuno degli altri episodi delittuosi contestati, quali l’episodio di cui al capo A, l’episodio di cui alla partita Catania/Genoa, l’episodio di cui alla conferenza stampa relativa alla partita di Coppa Italia, l’episodio relativo alla partita Catania/Regina (episodi questi tutti indicati nel capo B), e l’episodio di cui al capo C), e quindi complessivamente mesi otto di reclusione; segue per legge la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

Stante l’incensuratezza dell’imputato e avuto riguardo alla natura dei reati contestati e al contesto nell’ambito del quale gli stessi sono maturati, si ritiene che in futuro l’imputato si asterrà dal reiterare la condotta delittuosa, per cui la pena come sopra inflitta va sospesa alle condizioni di legge.

Venendo alle questioni civili, stante quanto sopra già osservato a proposito del diritto soggettivo esistente in capo al D’Urso e alla conseguente lesione del medesimo a causa della condotta posta in esser dall’imputato, del tutto evidente e consequenziale deve ritenersi la sussistenza del danno patrimoniale e morale subito dalla parte civile costituita; sicchè l’imputato va condannato al risarcimento dei relativi danni subiti dalla parte civile; tuttavia non essendo stati acquisiti elementi certi e sufficienti in ordine alla quantificazione di tale danno, si rimettono le parti dinanzi al competente giudice civile per la questione relativa alla liquidazione del danno.

Stante la richiesta specifica avanzata dalla difesa di parte civile, si ritiene tuttavia che, avuto anche riguardo alla circostanza che in conseguenza delle vicende per cui è processo il D’Urso è stato trasferito ad altra sede, quanto meno nella misura di euro 8.000,00, può già ritenersi acquisita la prova del danno subito dalla parte civile, fatto salvo ovviamente il maggiore danno che potrà essere accertato in sede civile; e pertanto si condanna Lo Monaco Pietro al pagamento di una provvisionale in favore di D’Urso Alessio che si determina in euro 8.000,00.

Alla condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile segue la condanna dello stesso alla pagamento delle spese processuali sostenute dalla detta parte civile che si liquidano in complessivi euro 4.500,00,oltre rimborso forfettario IV A e CPA come per legge ( Corrisp. e sessioni euro 200,00; esame e studio 550,00; indenn. 150,00; Indag. difensivo 850,00; partecipazione 8 ud. 400,00; esercizio attività difensive 1500,00; discussione 250,00; redazione scritti 600,00).

Infine, dovendosi ritenere che, avuto riguardo alla specificità dei fatti per cui è processo, la pubblicazione del dispositivo della presente sentenza sui quotidiani “Gazzetta dello Sport”, ovvero il giornale per conto del quale lavora la parte civile, e “La Sicilia”, ovvero il quotidiano locale della città ove si sono verificati i fatti in oggetto, possa costituire un adeguato “mezzo per riparare al danno non patrimoniale cagionato dal reato” (art. 186 c.p.), stante anche la richiesta specifica avanzata dalla parte civile, si dispone conseguentemente la pubblicazione del dispositivo di cui alla presente sentenza e dei relativi capi d’imputazione sui due giornali su indicati. Si indica in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione.

PQM

Visto l’art. 533 c.p.p. Dichiara Lo Monaco Pietro colpevole dei reati ascrittigli, unificati dal vincolo della continuazione, ed esclusa l’aggravante contestata dei futili motivi, lo condanna alla pena di mesi otto di reclusione; segue per legge la condanna dell’ imputato al pagamento delle spese processuali. Visto· l’art. 163 c.p. Dispone sospendersi la pena come sopra inflitta alle condizioni di legge. Visto l’art. 538 c.p.p. Condanna Lo Monaco Pietro al risarcimento del danno subito dalla parte civile D’Urso Alessio da liquidarsi nella separata sede civile. Visto l’art. 539 c.p.p. Condanna Lo Monaco al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile che si determina in euro 8.000,00 Visto l’art. 542 c.p.p. Condanna Lo Monaco Pietro al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile che si liquidano in euro 4.500,00 oltre rimborso forfettario IV A e CPA Visti gli art. 186 c.p. e 543 c.p.p.

Dispone la pubblicazione, a spese dell’imputato, del presente dispositivo e dei relativi capi d’imputazione sui quotidiani “La Gazzetta dello Sport” e “La Sicilia” Visto l’art. 544/3 c.p.p.indica in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione.Catania lì, 18/10/2011

Il Giudice Antonino Fallone


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