L’OPPOSIZIONE: IL “SINDACO PERBENE E DEI PERBENE”, SINDROME TRANTINO


Pubblicato il 15 Ottobre 2025

All’inizio -lo ammettiamo- ci siamo caduti anche noi.

All’inizio anche noi ci eravamo iscritti al partito del “giù le mani” dal nostro sindaco. Quel signore di mezza età che giocava al marziano, appena atterrato da Marte, che si rimbocca le maniche e lotta contro tutti per salvare Catania dal “male”, ci aveva colpiti. Ci aveva incuriosito positivamente il sindaco che chiama i catanesi all’azione, alle “ronde democratiche di quartiere” che devono impedire agli incivili di essere incivili; il sindaco che si mette al semaforo e dirige il traffico, come metafora di una città senza vigili urbani; il sindaco che chiede la convocazione dell’assemblea dei soci della Sac per chiedere conto e ragione sul come un episodio banale possa mandare a puttane un aeroporto da milioni di passeggeri.

Trantino ci aveva galvanizzato e ci eravamo alzati anche noi, dall’opposizione, e messi sull’attenti pronti a non chiedere cosa Catania potesse fare per noi, ma cosa noi potevamo fare per Catania. L’entusiasmo ci aveva reso irragionevoli e avevamo mandato a benedirsi coloro che ci ricordavano che lo stesso uomo era stato, precedentemente, assessore all’urbanistica in quella città nella quale chi fa un’istanza di accesso agli atti sa che, se va bene, dovrà attendere qualche mese prima che il Direttore che tutto può e tutto dispone, firmerà lo sta bene per prender visione dei documenti.

Ci eravamo voluti scordare che quello stesso uomo aveva militato, per anni, in quella corrente di Razza che tanto aveva gestito e non gestito nella nostra regione. Ci eravamo scordati e ci siamo voluti far incantare…Ci eravamo fatti prendere da quel desiderio mai sopito di un sindaco volenteroso che non si metta medaglie al petto, che abbia già avuto successi professionali e che voglia rendere un obolo alla sua comunità.

Ma quando la retorica dell’uomo che si sbraccia per fare le cose perbene è stata declinata per l’ennesima volta, tra uno spot e un altro, una buca nelle strade che resta tale e un rimbrotto a chi c’era prima, ma non prima allora, ma prima prima, viene utilizzato come la coperta sotto la quale metter la polvere, lo ammettiamo, ci siamo svegliati. Ci siamo destati dal torpore dell’entusiasmo e ci siamo resi conto che tutto era così marchianamente evidente. La pantomima dell’uomo che resta l’Enrico di sempre ci sembra così sputtanata, da farci apparire il classico allocco che cade dal pero. Cade e si rende conto che tutto è cambiato per restare come era. Che quella litania sul cambiamento non era solo retorica per nascondere quel che l’amministrazione non può fare, ma anche quel che non si vuol fare.

Non si vuole, ad esempio, rendere Catania una città normale in cui tutti possano avere gli stessi mezzi con la burocrazia, ma se si è un uomo di panza, si ha -almeno così parrebbe- la sostanza di aver “percorsi smart” che altri, nello stesso corso e nelle stesse provincie – chi vuol capire capisca – non hanno. Così almeno parrebbe.

E, lo ammettiamo, ripensiamo a quello lì, dalla faccia un po’ così, l’espressione un po’ così, come quelli che vivono alla giornata, che ci aveva raccontato che lui, proprio lui, passava ogni giorno con il suo motorino e gli aveva detto che il dehors non andava bene, il locale era fuori regola e poi dalle parole si è passati ai vigili e poi alla chiusura e poi alla riapertura quando, sempre quello lì, si era rivolto all’ “avvocato giusto” con gli “amici giusti” negli “uffici giusti”. Parrebbe proprio così.

Un racconto che, invero, c’è sembrato inverosimile e a cui ancora non crediamo… ma sui quali ragioniamo perché alla favola del marziano non crediamo più.

Di Iena all’opposizione.


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