Necessità di una fuga materiale


Pubblicato il 17 Giugno 2023

di Marco Iacona

Trentatré Trantini… pare che il nuovo sindaco abbia riservato a sé più deleghe assessoriali, a partire da quella alla cultura. Per un momento ho temuto il “peggio” cioè che tornasse l’ex assessore poi però la paura (o meglio questa paura) è rientrata. Quale il significato da dare a tale scelta in sede amministrativa? Un prender tempo in attesa di miglior consiglio? Un credere “abbastanza” in se stessi e nella propria formazione così da potersi vedere protagonista della “nuova” stagione cittadina? Ove per “protagonista” intendo non solo un sentirsi all’altezza della situazione per ciò che riguarda la cultura (o cultura politica) della propria parte (decenni fa, ai tempi di Almirante, a fare cultura a “destra” c’erano tipi come Del Noce, Zolla, Evola e Plebe…) ma anche un sentirsi all’altezza della propria città, nella e per la gestione di un enorme patrimonio culturale immateriale, con tanto altro da valorizzare o addirittura da scoprire. Temo però che avendo il vizio di peccare di ottimismo, non si tratti di nulla di ciò. Bensì del riaffiorare, a destra, della vecchissima questione relativa alla cultura. Non sprecherò molte parole, chi mi legge sa come la penso. D’altra parte, se ci si muove nei labirinti dei “posti che contano” è davvero difficile trovare qualcuno che valga davvero, a Catania. In università i papabili o sono nullità o sono di sinistra (e/o naturalmente nullità di sinistra), la stragrande maggioranza delle donne è costituita da burocrati in carriera, i giornalisti avendo avuto scarsi maestri (laddove ne era presente almeno uno) non sono affatto all’altezza, la società civile culturalmente esprime zero, il resto è formato da vacui pusillanimi e spettegolanti a orario continuato. Forse è questa la spiegazione più plausibile, insieme tuttavia a quella che poc’anzi ho taciuto: la cultura di destra e la politica di destra, ancora nell’estate del 2023, rappresentano due momenti dello “spirito” destinati a mai fare “sintesi”. Ecco perché non basta più tacere ovvero fuggire nei boschi dell’anima, per dare un vero segnale bisogna semplicemente (e materialmente) scappare, bisogna andar via, occorre cioè dissociare la propria naturale responsabilità da quella di chi gestisce il potere, bisogna per dirla ancor più chiaramente: rompere il patto.


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