Unimpresa: dopo un anno di emergenza siamo di fronte ad un grave disagio sociale


Pubblicato il 05 Febbraio 2021

Politino: Occorre accelerare l’erogazione degli indennizzi alle imprese, ecco le nostre proposte.

«Si ascoltino le categorie produttive e commerciali o sarà sempre più reale la prospettiva di vedere vanificato ogni tentativo di risollevare leconomia della nostra Regione e, con essa, il benessere di tutta la comunità». Il monito è di Salvo Politino, presidente di Unimpresa Sicilia, che lancia un appello al Governo Nazionale e al Governo Regionale.

«La tutela della salute è una priorità assoluta, ma dopo un anno di emergenza e di restrizioni per le imprese e per leconomia dei territori, cresce più forte il disagio sociale, con la chiusura di migliaia di aziende e la crescita di nuove povertà che rischiano di deprimere ancora di più un’economia già in ginocchio», aggiunge Politino che spiega come le imprese non siano più capaci di ammortizzare la riduzione dei fatturati. Una situazione disastrosa, aggravata dalla mancanza di ordinativi, dallassenza di liquidità e quindi dallimpossibilità di investire.

A Catania e in Sicilia si é sviluppata una pesante e diffusa crisi, in un contesto di generale recessione internazionale: le imprese non resistono più e, sebbene abbiano dimostrato grande forza e resistenza, in assenza di provvedimenti rapidi ed efficaci, di indennizzi rapportati al calo di fatturato, saranno costrette a chiudere per sempre.
«I “Ristori” rappresentano un contributo insufficiente a coprire le perdite di incassi e fatturato registrati dalle imprese – aggiunge Politino –. L’impegno della Regione deve essere volto ad accelerare il più possibile i tempi di erogazione dei contributi tramite lIrfis e di supportare le imprese con servizi, iniziative ed interventi mirati».

Per Unimpresa é prioritario, dunque, affrontare il tema cardine del lavoro, considerando che il settore privato non sarà in grado di assorbire i lavoratori in cerca di nuova occupazione, a seguito della fase di sblocco dei licenziamenti.

Occorre pensare all’”impresa di cittadinanza” con l’avvio di due modelli di iniziativa privata: la Partita Iva di cittadinanza (Pic) e l’Impresa di cittadinanza (Ic). In entrambi i casi, si prevede leliminazione di tasse, imposte e di gran parte degli oneri burocratici legati allavvio dellimpresa, per la durata massima di 2 anni (entro il raggiungimento di determinati importi di fatturato) ed un contributo statale, di importo variabile, per la durata massima di 18 mesi, le cui prime sei mensilità sarebbero anticipate come trasferimento diretto, mentre i successivi 12 mesi potrebbero essere finanziati attraverso il fondo di garanzia per le Pmi, bonus fiscali o finanziamento diretto dello Stato o di istituti di credito. «Come Unimpresa – Assoesercenti non possiamo che continuare a sostenere gli imprenditori, fornendo tutto il supporto per creare, far crescere e tutelare le proprie attività – conclude il Presidente Politino».

Report: alcuni dati della crisi.

A Catania e provincia, secondo i dati di Unioncamere Infocamere si sono registrate 4.583 cessazioni al Registro delle imprese nel 2020.

Sul territorio catanese le imprese registrate sono complessivamente 104.236. Neanche a dirlo, il settore più sofferente è quello del commercio, penalizzato dalle restrizioni imposte per contrastare la diffusione del Covid, che ha registrato 1.485 cessazioni con una percentuale di oltre il 32% sul totale delle chiusure. Sono 320 le imprese del settore turismo, di cui 301 della ristorazione, che hanno chiuso i battenti nel 2020. Anche il comparto dellartigianato ha visto 1.142 imprese chiudere per sempre, con una percentuale del 25% sul totale cessazioni. Sono 312 le chiusure che hanno invece riguardato le attività manifatturiere. Dati che confermano lerosione del tessuto imprenditoriale locale dovuta allemergenza sanitaria, che si è trasformata a tutti gli effetti anche in emergenza economico-sociale.

Il tessuto imprenditoriale catanese è paralizzato dall’incertezza perché l’andamento della pandemia non permette di programmare il futuro. Da un lato gli imprenditori non possono scommettere su nuove aperture e su nuove attività, dall’altro non hanno garanzie e certezze sulla durata dei provvedimenti istituzionali, in tema di lavoro e dei Ristori messi in campo dai Governi Nazionale e Regionale.

Per stabilire l’entità degli effetti prodotti nel 2020 dalla crisi pandemica sul tessuto imprenditoriale, però, sarà necessario attendere le risultanze del primo trimestre del 2021. Per ora, a livello di forma giuridica, si evidenziano 3.632 cessazioni di imprese individuali con una percentuale del 79% sul totale cessazioni; 552 cessazioni di società di capitali con una percentuale del 12% sul totale cessazioni; 262 cessazioni di società di persone con una percentuale del 5,7% sul totale cessazioni  e 137 cessazioni di altre forme giuridiche.


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