“Uomo di John Gotti” per la strage di Capaci


Pubblicato il 19 Novembre 2019

fonte: cataniaoggi.it

Per addestrare gli stragisti di Capaci la mafia americana avrebbe inviato un misterioso esperto di esplosivi, “uomo di John Gotti”. A dirlo in aula, al processo ‘Capaci bis’ che si celebra davanti alla Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, è il pentito di mafia Maurizio Avola, indagato con Maurizio D’Agata. Avola ne aveva già parlato all’inizio della sua collaborazione con la giustizia, nel 1994, dopo aver confessato 80 omicidi, ma non aveva ancora rivelato chi fosse l’esperto artificiere americano. Lo ha fatto solo nei mesi scorsi, parlando con i magistrati di Caltanissetta.

E oggi lo sta ripetendo in aula dicendo che si trattava di un uomo di John Gotti, il capo della famiglia Gambino di New York. Alla sbarra nel processo di secondo grado Salvatore Madonia, ritenuto capomandamento della famiglia di Resuttana, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello. In primo grado furono tutti condannati all’ergastolo, tranne Tutino che venne assolto per non aver commesso il fatto. “Il forestiero arrivò a Palermo nei primi mesi del 1992, sarà stato tra marzo e aprile, aveva circa 40 anni, capelli castani, occhi scuri, alto 1.85, corporatura robusta e vestito in maniera molto elegante.

Lo incontrai a Catania, a casa di Aldo Ercolano, che mi disse: ‘Oggi hai conosciuto una persona importante”’. “Ci spiegò come sistemare l’esplosivo e come posizionarlo, come usare il detonatore, per evitare l’interferenza. Ricordo che i detonatore aveva un antennino molto piccolo”. Poi l’esplosivo sarebbe stato consegnato, come dice oggi Avola “a Cosa nostra palermitana”. “Ho consegnato l’esplosivo e due detonatori – dice Avola collegato in videoconferenza – poi i telecomandi li abbiamo mandati successivamente. Si è provato il telecomando, lo hanno modificato ed è stato spedito una settimana dopo”.

“L’esplosivo era morbido, della consistenza del pongo. Era all’interno di bidoni utilizzati per le olive. Ercolano mi disse di preparare due di questi bidoni pieni. Si parlava del fatto che si doveva fare la guerra allo Stato a partire dai magistrati”. Ha detto il pentito di mafia catanese Maurizio Avola. “Abbiamo trasportato l’esplosivo con una Fiat Uno bianca. Siamo arrivati a Termini Imerese e l’abbiamo lasciato in un rifornimento. I telecomandi li abbiamo consegnati dopo, quindici giorni prima della strage di Capaci”, ha poi ribadito.

“Solo oggi si sta facendo piena luce sulle stragi. Ci sono tante cose che non avevo detto alla magistratura, perché ci sono certi magistrati che cercano solo la verità e altri…”. A dirlo, deponendo in videoconferenza al processo Capaci bis, è il pentito di mafia Maurizio Avola. “Alcune cose le ho riferite solo di recente – ha poi aggiunto – perché certe volte dipende da come viene preso un collaboratore…”.

E aggiunge: “Prima i magistrati volevano solo sentirsi dire delle cose, parlavano più della politica. oggi non è più così”. Solo di recente, dopo oltre venti anni, il collaboratore di giustizia ha parlato, ad esempio, di avere incontrato nel “marzo-aprile 1992 un artificiere esperto di esplosivi dagli Stati Uniti, vicino a John Gotti”.

“La strategia di Cosa nostra iniziò con l’omicidio del giudice Scopelliti”. “Quella strategia fu avviata pochi mesi prima dell’omicidio, avvenuto nell’agosto 1991”. Il magistrato Antonino Scopelliti fu ucciso il 9 agosto 1991, mentre era in vacanza in Calabria, sua terra d’origine, in località Piale.

“Il programma di protezione mi è stato revocato nel luglio 1997 per avere commesso delle rapine. Quello che dico ai magistrati, lo faccio da ex collaboratore, solo perché lo voglio dire. Per dare un contributo alla giustizia. Io non ho niente dallo Stato, non ho auto, non ho appartamenti o soldi. Ma voglio solo dare un contributo alla magistratura”. “Io non ho chiesto nessun beneficio di legge, ho quasi finito di scontare un cumulo di condanna a 30 anni”, ha detto Avola.


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