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Vedi Villari, ANGELO, e dici: «ma non si vergogna?»

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di iena marco pitrella

Vedi Villari, ANGELO, e dici «ma non si vergogna?».

Lui stava lì, lo scorso sabato, in un noto albergo del lungomare di Catania, a battere le mani a Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria nazionale del partito democratico: «Ma con quale faccia?», qualcuno mormorava; «quella stagnata», di rimando qualche altro. «Cose da pazzi!», un altro ancora.

Stava lì, seduto in seconda fila, come sempre, sempre un passo indietro a Concettina: «Che schifo!», un commento che serpeggiava in sala.

Del resto, Villari, ANGELO, l’ha pure ammesso, come che ha detto in un video girato da Marco Benanti e Massimo Malerba (link in basso): «lo sto sostenendo, per il programma che ha» come se alla federazione di Catania, a ridosso del 25 settembre, data delle elezioni nazionali e delle elezioni regionali, non fosse accaduto il fatto più grave della storia del partito democratico e, a dirla tutta, della storia dei due partiti fondativi, Ds e Margherita, e se la volessimo dire ancora meglio, della storia dei due partiti antesignani, DC E PCI; nel PCI, fra l’altro, semmai qualcuno si fosse «arrisicato» a comportarsi in questo modo, sarebbe stato espulso per «indegnità politica», categoria quest’ultima assai attuale, visti i tempi.

Insomma non ha precedenti il fatto che il segretario provinciale in carica, tale era Villari, ANGELO, s’è andato a candidare di notte e notte nelle liste di Cateno De Luca, il «buddace ducetto», anteponendo in modo spudorato il suo interesse personale a quello dei dirigenti, dei militanti e degli elettori del Pd; senza contare il danno d’immagine che al partito ha provocato.

Stava lì, e a vederlo una cosa viene da chiedersi: «ma un po’di dignità non ce l’ha?».

È da «A famigghia» Villari, ANGELO, e forse per questo il rispetto verso gli altri non sa manco dove sta di casa.

Intanto, fra gli iscritti imbarazzo e sdegno.

Nel frattempo, però, un’altra è la domanda: chi l’ha invitato? perché qualcuno l’avrà invitato o comunque, c’è da scommetterci, qualcuno il via libera a presenziare glielo avrà dato; perché uno con quel trascorso non si presenta a un’iniziativa di una tale importanza senza una sponda, ci arriverebbe persino il meno intelligente, appunto, da «A famigghia».

A chi giova?

Lui stava lì, lo vedi e pensi: «Altro che Dino Giarrusso!»

È storia che si ripete, e, manco a farlo apposta, sempre con Stefano Bonaccini ha a che vedere.

È accaduto a Milano quando, a fine gennaio, intervenendo a una convention a sostegno proprio di Bonaccini, Giarrusso ebbe a dire: «Annuncio il mio ingresso nel Pd».

Applausi nessuno, insulti tanti, al punto che lo stesso Bonaccini dovette intervenire: «Siamo un partito aperto a chiunque, ma se Giarrusso vorrà iscriversi al Pd, prima di tutto chieda scusa a chi ha ferito in passato e dimostri di accettare le regole e il percorso di questo partito».

Se tanto mi dà tanto, il tentato ingresso nel partito democratico dell’ex Iena, ex M5S, a confronto della vicenda di Villari, ANGELO, è, per dirla con una sicilianissima espressione, solo e soltanto una «minchiata!».

Dato il precedente, quel qualcuno che, dicevamo, l’avrà invitato o comunque il via libera a presenziare gli avrà dato, non ha pensato, che quello della presenza di Villari, ANGELO, potesse essere fatto che mettesse in difficoltà Bonaccini; ed è stato invitato a stringergli la mano (nella foto).

Di peggio c’è che nessuno s’è posto il problema che ci potessi essere io a vedere certe scene e quindi a raccontarle: «scecchi» due volte!

Il motivo è presto detto perché quello di Villari, ANGELO, di tradimento s’è trattato. E se Dino Giarrusso per potersi tesserare dovrebbe chiedere scusa, Villari, ANGELO, cosa dovrebbe fare?

Ora, a dispetto delle chiacchiere le scuse stanno a zero.

Non solo non ha chiesto scusa, non solo dovrebbe ritirarsi a Mascalucia, ma pare abbia avuto pure il coraggio di chiedere la tessera, cosa che gli è stata negata: ci mancava.

In fondo, di che stupirsi? di Villari, ANGELO, si sta parlando: l’uomo delle prodezze, pardon delle «macchiette».

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Marco Pitrella

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