A Vena un Santuario tra i più antichi d’Europa


Pubblicato il 22 Giugno 2011

VENA

E’ annoverato tra i luoghi di culto più antichi d’Europa, probabilmente il primo in assoluto ad avere l’acqua e a sorgere da questa. Un santuario contraddistinto da quasi 1.500 anni di storia, cultura, tradizioni e tanta fede. Santa Maria della Vena è situato a Piedimonte Etneo, in provincia di Catania, nella frazione di Vena che proprio da esso prende il nome. La sua costruzione, dedicata a Sant’Andrea Apostolo, fu voluta da San Gregorio Magno, tra il 570 ed il 580, poco prima di essere eletto papa, il quale, non a caso, scelse i boschi di querce e castagni di proprietà della madre, Santa Silvia, tra le incantevoli, quanto amene, alture del versante nord-est dell’Etna. Del monastero di Vena si rinviene traccia anche negli scritti dello stesso papa Gregorio Magno, oggi patrono della borgata di Vena e del santuario, in una lettera indirizzata nel 593 all’allora vescovo di Taormina, Secondino.

Il prodigio dell’acqua e il nome di Vena.
I monaci inviati da San Gregorio ad erigere il monastero, sulle bestie da soma portarono con sé gli attrezzi necessari all’edificazione ma anche un’icona bizantina della Madre di Dio (Theotokos), che doveva essere esposta alla venerazione nella chiesa che sarebbe sorta accanto al monastero. Appena giunti sul posto i monaci assistettero allo scaturimento prodigioso di una polla d’acqua che diede il nome di Vena al luogo e all’immagine della Madonna. Quel corso d’acqua ancora oggi scorre sotto il santuario ed alimenta una fontanella posta sotto l’immagine della Madonna. Un’acqua addirittura miracolosa secondo alcuni, nel tempo oggetto di numerosi studi universitari che ne hanno acclarato la purezza ed il senso di benessere e tranquillità che trasmette a chi la beve. E forse sarà proprio per questo se ogni giorno numerosi fedeli si recano a Vena per rivolgere una preghiera alla Madonna, bere un sorso d’acqua, immergersi nel silenzio della natura, nel tentativo di ricongiungersi o rafforzare il proprio rapporto con Dio. A ricordare il prodigio dell’acqua sono anche due epigrafi latine – murate ai lati dell’altare maggiore – di cui la prima, tradotta in Italiano, afferma: “Qui, mentre si ferma l’immagine della Vergine, scaturì una vena d’acqua e subito edificano il Monastero”; la seconda: “Qui l’icona della Vergine si ferma, dà l’acqua, vuole il tempio: San Gregorio dona gli edifici (chiesa e monastero) e Santa Silvia il bosco”.
L’icona bizantina della Madre di Dio.
La Vergine Santissima con Gesù Bambino in braccio, stretti guancia a guancia l’una all’altro, sono raffigurati in un meraviglioso dipinto a tempera su una robusta tavola. La Madre di Dio in quest’atteggiamento è detta in latino “suaviter amans”, mentre in italiano si può definire “La Madonna della Tenerezza”. Si tratta, certamente, di un’opera realizzata da un pittore bizantino vissuto nei primi secoli dell’avvento del cristianesimo. Lavorata con l’ascia, risulta sbalzata dalla stessa tavola, mentre nel piano incavato è steso il dipinto, sotto al quale in epoca postuma a caratteri grandi, color oro, fu dipinta l’invocazione: “Sancta Maria Vena omnium gratiarum, ora pro nobis”.

La macina
Entrando in chiesa, al centro della navata, si nota, sospesa in aria, una macina drappeggiata con del sacco. Raffigura, con i sui raggi sfaccettati e la rugosità degli interspazi, il senso del mistero della vita che si diparte dalla centralità della nascita per giungere alle infinite vette della conoscenza.
Essa trasmette il calore dell’accoglienza e indirizza fino alla Theotokos Glykophilousa che guarda dall’altare maggiore e fa giungere, attraverso i solchi, cioè le discontinuità della vita, a Dio.
Sulla navata laterale destra, con accesso dalla cappella del crocifisso, vi è un’opera in cartapesta della fine del XVIII secolo che porta alla cappella della meditazione, anch’essa opera dell’architetto Walter Maugeri.  E’ realizzata con il colore del mare per richiamare il panorama antistante che dal mare del golfo di Sicilia proietta fino alla Calabria. Poi c’è un bolla azzurra che s’affaccia sul paesaggio sottostante con la pittura di Saro Grasso.
Alle spalle dell’altare ligneo, della fine del XVIII secolo, è posta la Madonna del Fuoco. Il 6 febbraio 1865 una imponente colata lavica, partita da monte Sertorio, giunse in contrada Giretto minacciando direttamente la borgata di Vena. Improvvisamente si sollevò un vento furioso che, a vortici spaventosi, strisciò sulle lave brucianti sino ad investire il Simulacro della Madonna, arroventandole il viso. Trascorsi pochi secondi tornò la calma e con la calma la lava, come fermata da mano onnipotente ed invisibile, si arrestò sul momento. Il prodigio era stato ottenuto: quei buoni fedeli rimasero padroni dei loro piccoli vigneti e delle loro casette.
Altri cenni storici
Il monastero di Sant’Andrea Apostolo, dalla fondazione fino al secolo nono, fu anche casa di formazione per i giovani aspiranti monaci. Tra gli altri, vi ricevette la prima formazione alle sacre lettere anche il giovane Teofane Cerameo, che ordinato sacerdote poi divenne un celebre oratore e scrittore ecclesiastico e successivamente fu arcivescovo di Taormina.
Durante l’invasione araba in Sicilia, del santuario non si sa più alcunché e solo intorno al 1500 si hanno nuove notizie, non più come monastero di Sant’Andrea, ma come abbazia di Santa Maria La Vena, poi soppressa nel 1867 quando lo Stato Piemontese incamerò gli ultimi spezzoni di terreno. Nel 1897, occasione in cui venne celebrato solennemente il XIII centenario della fondazione del santuario, nacque l’idea di realizzare un nuovo e moderno tempio, iniziativa concretizzatasi nel 1905, proprio attorno all’antica chiesetta. Completato nel 1930 venne consacrato dal vescovo diocesano del tempo, monsignor Evasio Colli. Le vetrate istoriate presentano bellissime immagini di Maria, Mediatrice, “Vena di tutte le grazie”, predetta con simboli e figure nell’Antica Alleanza e operante nella Nuova, come socia di Cristo Gesù, redentore del mondo. I vari mosaici illustrano l’origine storica e il messaggio del santuario in meravigliose scene bibliche ed evangeliche che riportano anche, in lingua italiana, passi scritturistici tra i più significativi.
Nel XIV Centenario, caduto in prossimità del Grande Giubileo del 2000, il santuario ha beneficiato del privilegio di un “Anno di Grazia” benevolmente concesso dal Santo Padre, Giovanni Paolo II, su istanza di monsignor Giuseppe Malandrino, ai tempi vescovo della diocesi di Acireale (oggi retta dall’arcivescovo Pio Vittorio Vigo).

Indicazioni geografiche.
Il santuario di Santa Maria della Vena si trova sulla falda nord-est dell’Etna, a 735 metri sul mare, nella borgata di Vena, frazione del Comune di Piedimonte Etneo. Appartiene alla diocesi di Acireale e alla provincia di Catania. Alla sua sinistra ha la catena dei Monti Peloritani sul cui sperone, che si protende sul mare, stanno Taormina e Castel Mola; di fronte la larga distesa del mar Jonio e i monti Calabri. Il santuario dista 18 Km dalla stazione ferroviaria di Taormina-Giardini; 18 Km da Giarre; 38 Km da Catania, per la provinciale Milo-Zafferana. Dal litorale si accede per l’autostrada “Messina-Catania” (A18), svincolo di Fiumefreddo (distante dal santuario 10 Km); dal monte, invece, per la strada provinciale S.P. 59 “Linguaglossa-Zafferana”, bivio Vena-Piedimonte Etneo.

Sulla navata laterale destra, con accesso dalla cappella del crocifisso, vi è un’opera in cartapesta della fine del XVIII secolo che porta alla cappella della meditazione, anch’essa opera dell’architetto Walter Maugeri.  E’ realizzata con il colore del mare per richiamare il panorama antistante che dal mare del golfo di Sicilia proietta fino alla Calabria. Poi c’è un bolla azzurra che s’affaccia sul paesaggio sottostante con la pittura di Saro Grasso.
Alle spalle dell’altare ligneo, della fine del XVIII secolo, è posta la Madonna del Fuoco. Il 6 febbraio 1865 una imponente colata lavica, partita da monte Sertorio, giunse in contrada Giretto minacciando direttamente la borgata di Vena. Improvvisamente si sollevò un vento furioso che, a vortici spaventosi, strisciò sulle lave brucianti sino ad investire il Simulacro della Madonna, arroventandole il viso. Trascorsi pochi secondi tornò la calma e con la calma la lava, come fermata da mano onnipotente ed invisibile, si arrestò sul momento. Il prodigio era stato ottenuto: quei buoni fedeli rimasero padroni dei loro piccoli vigneti e delle loro casette.
Altri cenni storici
Il monastero di Sant’Andrea Apostolo, dalla fondazione fino al secolo nono, fu anche casa di formazione per i giovani aspiranti monaci. Tra gli altri, vi ricevette la prima formazione alle sacre lettere anche il giovane Teofane Cerameo, che ordinato sacerdote poi divenne un celebre oratore e scrittore ecclesiastico e successivamente fu arcivescovo di Taormina.
Durante l’invasione araba in Sicilia, del santuario non si sa più alcunché e solo intorno al 1500 si hanno nuove notizie, non più come monastero di Sant’Andrea, ma come abbazia di Santa Maria La Vena, poi soppressa nel 1867 quando lo Stato Piemontese incamerò gli ultimi spezzoni di terreno. Nel 1897, occasione in cui venne celebrato solennemente il XIII centenario della fondazione del santuario, nacque l’idea di realizzare un nuovo e moderno tempio, iniziativa concretizzatasi nel 1905, proprio attorno all’antica chiesetta. Completato nel 1930 venne consacrato dal vescovo diocesano del tempo, monsignor Evasio Colli. Le vetrate istoriate presentano bellissime immagini di Maria, Mediatrice, “Vena di tutte le grazie”, predetta con simboli e figure nell’Antica Alleanza e operante nella Nuova, come socia di Cristo Gesù, redentore del mondo. I vari mosaici illustrano l’origine storica e il messaggio del santuario in meravigliose scene bibliche ed evangeliche che riportano anche, in lingua italiana, passi scritturistici tra i più significativi.
Nel XIV Centenario, caduto in prossimità del Grande Giubileo del 2000, il santuario ha beneficiato del privilegio di un “Anno di Grazia” benevolmente concesso dal Santo Padre, Giovanni Paolo II, su istanza di monsignor Giuseppe Malandrino, ai tempi vescovo della diocesi di Acireale (oggi retta dall’arcivescovo Pio Vittorio Vigo).
La Corona del Rosario.
Ad accogliere i visitatori è posta una corona del rosario monumentale, opera unica e originale nel suo genere, voluta da Don Carmelo La Rosa, attuale rettore della storica struttura. Una realizzazione lunga 100 metri che, con pietre di diverso colore, raffigura le cento Ave Maria e i cinque Padre Nostro. La corona è riempita da prato verde, abbellita da una grande croce in legno e da un mosaico realizzato su un grosso masso che raffigura la Salve Regina.
 
Indicazioni geografiche.
Il santuario di Santa Maria della Vena si trova sulla falda nord-est dell’Etna, a 735 metri sul mare, nella borgata di Vena, frazione del Comune di Piedimonte Etneo. Appartiene alla diocesi di Acireale e alla provincia di Catania. Alla sua sinistra ha la catena dei Monti Peloritani sul cui sperone, che si protende sul mare, stanno Taormina e Castel Mola; di fronte la larga distesa del mar Jonio e i monti Calabri. Il santuario dista 18 Km dalla stazione ferroviaria di Taormina-Giardini; 18 Km da Giarre; 38 Km da Catania, per la provinciale Milo-Zafferana. Dal litorale si accede per l’autostrada “Messina-Catania” (A18), svincolo di Fiumefreddo (distante dal santuario 10 Km); dal monte, invece, per la strada provinciale S.P. 59 “Linguaglossa-Zafferana”, bivio Vena-Piedimonte Etneo.

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