Caltanissetta: vicenda veicoli sottoposti a fermo amministrativo, ci scrive avv. Balsamo


Pubblicato il 01 Aprile 2020

Riceviamo e pubblichiamo:

“Spett.le
IENE SICULE”
REDAZIONE Via Milano, 33 – 95127 – Catania. DIRETTORE RESPONSABILE Marco Benanti Email:ienesicule@gmail.com
e p.c.
ECC.MA PREFETTURA DI CALTANISSETTA
Viale Regina Margherita

Comunicazione PEC


Oggetto: articolo del 27.03.2020 intitolato “Ombre sulla Prefettura di Caltanissetta: tutto a posto nella gestione di veicoli sottoposti a sequestro e fermo amministrativo?”.
Per incarico conferitomi dal sig. Scozzarini Roberto, nato a Gela il 04.02.1967 ed ivi residente, nella Via Fontana, n. 82, In data 27.03.2020, Scozzarini Saverio nato a Gela il 09.07.1961 ed ivi residente, nella Via San Alessandro, Scozzarini Giampaolo nato a Gela il 12.08.1969 ed ivi residente nella via Fontana 82, tutti in proprio ed anche nella loro qualità di titolari della Scozzarini, con sede in Gela, nonché anche dal sig. Marco d’Aleo nato a Vittoria il 30.01.1977 e residente in Gela, nella Via Mazzini, n. 168, tutti elettivamente domiciliati presso lo scrivete Studio Legale sito in Gela, nella Via Venezia, n. 369, formulo la presente, al fine di rappresentarvi quanto meglio specificato in appresso.

Ed invero, sul Vostro giornale, in data 27 marzo 2020, veniva pubblicato l’articolo di cui in oggetto, all’interno di una Vostra rubrica nominata “Cominciamo una nostra inchiesta”.
Orbene, tralasciando le ovvie considerazione in punto di “libertà di stampa” e di “diritto all’informazione”, giova rilevare, non volendo offendere nessuno, una considerevole imprecisione caratterizzante l’intero articolo giornalistico in questione.
In primo luogo, difatti, appare importante precisare che (e questo si può capire anche dalla lettura dello stesso articolo, sebbene il fuorviante titolo scelto ed attribuito) che le vicende giudiziarie cui fa riferimento il Vostro articolo attengono solo ed esclusivamente alle “beghe” (giudiziarie riguardanti la spartizione dei compensi derivanti dallo svolgimento di tale attività) tra le due società (ex partecipanti) di un R.T.I., a cui la Prefettura di Caltanissetta aveva affidato, giusto apposito contratto, l’affidamento del servizio di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto di sequestro, fermo e confisca di cui all’art. 214 bis del codice della strada, ambito territoriale di Caltanissetta e non anche ad alcuna vicenda in cui possa manifestarsi un irregolare gestione, di tale servizio, da parte della Prefettura di Caltanissetta (e per tale motivo la presente viene inviata anche alla Ecc.ma Prefettura di Caltanissetta per ogni determinazione sul punto, anche di naturapenale, considerata la fuorvianza del titolo scelto per l’articolo).
Fatta tale necessaria precisazione, passando al merito della vicenda, i sigg.ri Scozzarini Roberto, Scozzarini Saverio e Scozzarini Giampaolo, e per essi anche la società Scozzarini, nonché il sig. D’Aleo Marco, al fine di meglio specificare i contorni dell’ambito in interesse, deducono quanto segue:

premesso che
non può non osservarsi che “il lavoro del giornalista si ispira ai principi della libertà d’informazione e di opinione, sanciti dalla Costituzione italiana, ed è regolato dall’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963: «E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori” (Carta dei doveri del giornalista -Documento CNOG-FNSI dell’ 8 luglio 1993);
– Dunque i limiti all’esercizio del diritto ad informare nelle sue diverse manifestazioni, come è noto, sono stati originariamente fissati da una celebre pronuncia della Suprema Corte (la cd. “sentenza- decalogo”)1: tale decisione, nella ricerca di un punto di equilibrio tra attività informativa e tutela della personalità, ha stabilito quali siano i criteri che il diritto di cronaca deve rispettare affinché la divulgazione di notizie, pure lesive della altrui sfera personale, possa considerarsi lecita espressione del diritto di cui all’art. 21 Cost. e non comporti, perciò, responsabilità civile (o penale)2;
– Il concetto di verità, così come individuato dalla giurisprudenza, è quello più difficile da definire in modo assoluto;
– Pur considerando che la nozione giuridica di verità (come quella, contraria e parallela, di falso) non coincide perfettamente con ciò che è possibile trarre da altre discipline (quali la filosofia o la scienza, proprio perché il giurista condivide con il filosofo e lo scienziato l’incapacità di definire la “verità” in termini del tutto privi di aspetti problematici)3, non può non rilevarsi come la verità che esonera chi fa informazione da responsabilità non è necessariamente quella dei fatti in sé, ma anche quella desumibile da fonti di cui si è scrupolosamente verificata l’attendibilità: per chi svolge attività
    1 Cass. civ., sez. I, 18 ottobre 1984, n. 5259, in Foro it., 1984, CVII, c. 2712 ss., nonché in Dir. inf., 1985, p. 143 ss. 2 Su analoghe posizioni, DI GIOVINE, I confini della libertà di manifestazione del pensiero, Milano, 1988, p. 34 ss.
3 In tema, MACRÌ, Diffamazione a mezzo stampa tra verità dei fatti, verosimiglianza e putatività, in Riv. civ. prev., 1996, p. 97 ss

informativa, di conseguenza, non è vero soltanto ciò che è vero, ma anche ciò che è “credibilmente”vero4;
– Secondo la giurisprudenza, la verifica della verità della notizia deve essere svolta secondo una sorta di giudizio ipotetico ex ante, fondato cioè sulle conoscenze che il giornalista era in grado di ottenere al momento della pubblicazione;
– La verità del fatto, in tal senso inteso, deve essere apprezzata, nella serietà della prospettazione e ai fini dell’accertamento del dolo e dell’esimente, con riferimento al momento in cui viene posto in essere l’atto diffamatorio e alle circostanze e ai comportamenti che, in quel tempo, fanno ritenere fondata la propalazione;
– Tuttavia, poiché la norma incrimina anche la propalazione di fatti veri, l’esimente postula il limite della continenza onde evitare che l’esercizio del diritto si risolva in un pretesto e in uno strumento illecito di aggressione all’altrui reputazione;
– Le problematiche di definizione del requisito della verità finiscono per ridursi a valutazione della correttezza e della scrupolosità del metodo di verifica delle fonti ed, in ultima analisi, nella determinazione della diligenza esigibile da chi fa informazione rispetto a tale operazione;

Secondo la giurisprudenza, la verifica della verità della notizia deve essere svolta secondo una sorta di giudizio ipotetico ex ante, fondato cioè sulle conoscenze che il giornalista era in grado di ottenere al momento della pubblicazione, a nulla rilevando quelle formatesi in epoca successiva. Questo principio, che potremmo definire della “verità contingente”, è stato elaborato in occasione dei giudizi in materia di cronaca giudiziaria: si veda, ad esempio, Cass. pen., sez. V, 22 marzo 1999, n. 2842, in Dir. inf., 2000, p. 384 ss., secondo cui “Il rispetto del limite della verità deve essere valutato al momento in cui la notizia viene diffusa e non già secondo quanto viene successivamente accertato, con la conseguenza che l’eventuale discrepanza tra i fatti narrati e quelli realmente accaduti non esclude che possa essere invocato l’esercizio del diritto di cronaca”. Ancor più esplicita in tal senso è Cass. pen., sez. V, 23 febbraio 1998, n. 5767, in Giust. pen., 1999, II, p. 183 ss., che statuisce: “In tema di diffamazione, l’esercizio di un diritto scrimina se il fatto offensivo è vero. Quando viene attribuito un reato, ciò che scrimina non è soltanto la verità dell’incolpazione, sub specie di “nome iuris” del fatto, ma anche la verità del solo dato oggettivo che è rappresentativo, di per sé, secondo la diligenza dell’uomo medio, del corrispondente reato. La verità del fatto, in tal senso inteso, deve essere apprezzata, nella serietà della prospettazione e ai fini dell’accertamento del dolo e dell’esimente, con riferimento al momento in cui viene posto in essere l’atto diffamatorio e alle circostanze e ai comportamenti che, in quel tempo, fanno ritenere fondata la propalazione. Il “post factum”, in quanto estraneo alla verità del momento, ed il successivo accertamento giudiziale dell’infondatezza dell’accusa, basata su elementi non conosciuti o non conoscibili al tempo della propalazione, non possono avere incidenza giuridica per escludere la causa di giustificazione. Tuttavia, poiché la norma incrimina anche la propalazione di fatti veri, l’esimente postula il limite della continenza onde evitare che l’esercizio del diritto si risolva in un pretesto e in uno strumento illecito di aggressione all’altrui reputazione. La continenza, quindi, ha una duplice prospettazione, soggettiva e oggettiva, formale e sostanziale, in quanto desumibile da due elementi essenziali, sintomatici di serenità, misura e proporzione. (In motivazione la Corte ha chiarito che se è vero che la configurabilità del delitto prescinde dall’”animus diffamandi”, essendo il reato punibile a titolo di dolo generico, è anche vero che il “dolus bonus”, quale l’”animus defendendi”, può essere sintomatico di una posizione psicologica inconciliabile con la coscienza di ledere e mettere in pericolo il bene protetto)”

– Ancorare il requisito della verità dell’informazione all’attività di verifica delle fonti consente di superare molte delle complesse astrazioni, tipicamente dottrinali, circa la “verità contingente” o quella “indiretta”;
– Per quanto concerne il primo caso, la violazione del requisito della verità non coincide soltanto con la mera falsità delle circostanze riferite da chi fa informazione, ma può essere, altresì, riscontrata nella cd. “mezza verità”, quando cioè pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o anche solo colposamente taciuti altri fatti tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato;
– In altre parole, la “verità incompleta” è giuridicamente equiparata alla falsità5. Considerato che
– se è vera, da un lato, la pendenza di un procedimento penale, nei confronti dei sigg.ri Scozzarini Roberto, Saverio e Giampaolo (per “asserita” appropriazione indebita di somme che la Scozzarini non ha nemmeno percepito ancora), ancora in fase del tutto embrionale è, comunque, pur vero, dall’altra parte, che la presunta persona offesa dal reato, nel corso di tutto l’arco temporale della vigenza del contratto R.T.I. di cui sopra, non ha mai fatto pervenire alcuna fattura relativa ai suoi “teorici” ed “ipotetici” compensi;
– se è vero, da un lato, la pendenza di un procedimento penale, nei confronti del sig. D’Aleo Marco (per asserita falsa testimonianza), è pur vero, dall’altro, la contemporanea pendenza di un procedimento civile iscritto al 1243/12 R.g.a.c. del Tribunale di Gela, in seno al quale, quanto affermato e dichiarato dallo stesso D’Aleo Marco, è stato confermato, documentalmente, da più di mille persone (vedasi la produzione documentale fatta in seno a tale giudizio civile delle relative dichiarazioni debitamente sottoscritte dagli interessati), i quali hanno fruito dei servizi resi dalla Scozzarini (contrariamente a quanto asserito nell’atto querelatorio);
5 In dottrina, tra gli altri, BEVERE – CERRI, Il diritto di informazione e i diritti della persona, Milano, 1995, passim. In tal senso, Cass. civ. 18 ottobre 1984, n. 5259, cit.: “Quest’ultima, anzi, è più pericolosa dell’esposizione di singoli fatti falsi per la più chiara assunzione di responsabilità (e, correlativamente, per la più facile possibilità di difesa), che comporta, rispettivamente, riferire sentire riferito a sé un fatto preciso falso, piuttosto che un fatto vero ma incompleto. La verità incompleta deve essere, pertanto, in tutto equiparata alla notizia falsa”.
– se è vero, da un lato, l’esistenza di un procedimento penale, nei confronti dei fratelli Scozzarini per aver “falsamente” (a dire della persona offesa) affermato di aver svolto soccorsi stradali subappaltatigli dalla persona offesa, è vero, dall’altro lato, che:
– come tale procedimento penale si sia concluso con sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta Penale che ha mandato assolti gli imputati (i sigg.ri Scozzarini Roberto e Saverio) con formula assolutoria piena, quale quella “perché il fatto non sussiste” (proprio a dimostrazione della millantorietà delle affermazioni infamatorie e/o diffamatorie);
– che già, in seno alla sentenza conclusiva del giudizio di primo grado, il Tribunale Penale di Gela, con sentenza n. 561/17 (ancor prima della successiva pronuncia della Corte d’Appello Penale di Caltanissetta, quale Giudice di secondo grado che ha statuito che “il fatto non sussiste”) stigmatizzava una importantissima e stretta collaborazione tra La Scozzarini e la persona offesa, per ciò che attiene (oltre che quanto oggetto del contratto R.T.I. sopra detto) alla gestione dei soccorsi stradali ACI (per come provato anche dalla produzione documentale eseguita dalla costituita parte civile, sebbene una accennata smentita iniziale );
– che, a confutazione delle dichiarazioni querelatorie della persona offesa, giova rilevare come il Tribunale di Gela, in seno al giudizio iscritto al 1243/12 R.g.a.c., sino a tutt’oggi in corso (e per tale motivo di facile reperimento da parte del giornale in intestazione) avente ad oggetto il pagamento delle somme pretese dalla Scozzarini, in danno della persona offesa del procedimento penale di cui sopra, per l’espletamento dei servizi di soccorso ACI subappaltagli da quest’ultima, abbia già proposto, all’esito dell’istruttoria sin qui svolta, una conciliazione, stabilendo anche le somme da corrispondere alla Scozzarini (per i servizi resi per l’appunto)
******
Per le ragioni sopra svolte, pertanto, considerato che è dovere del giornalista assicurare e rispettare il diritto inviolabile del cittadino alla rettifica delle notizie inesatte o ritenute ingiustamente lesive, specie se si considera che quanto propagandato è risultata essere una“mezza verità”, per come sopra meglio dedotto, la presente da valere, nei Vostri confronti, quale formale richiesta di tempestiva rettifica della notizia propagandata con l’articolo di cui in oggetto, volendo dare atto, nello stesso quotidiano, del ricevimento della presente missiva, volendo, al contempo, dare il dovuto spazio ai chiarimenti sopra dedotti ed esposti, attesa la lapalissiana lesione della reputazione e della dignità dei sigg.ri Scozzarini Roberto, Scozzarini Saverio e Scozzarini Giampaolo, e tramite essi della intera Scozzarini, nonché del sig. D’Aleo Marco, per quanto scritto nell’articolo in argomento, in assenza di un opportuno diritto di replica degli interessati, costretto, in difetto di riscontro, ad adire l’A.G. competente.
Con riserva di richiederVi ogni danno patito e patendi dagli istanti.

Gela, lì 30.03.2020
Avv. Riccardo Balsamo.”


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