Cronache dell’antimafia catanese, delitto Fava: Maurizio Avola, il “killer bravo ragazzo” che ricorda nelle ricorrenze…ma ci dobbiamo ammuccare pure questa?


Pubblicato il 05 Gennaio 2015

Riflessioni sulle “nuove” a distanza di soli 31 anni! 

di Ignazio De Luca

Nausea, fastidi congiunti con vomito -per il profondo degrado umano ritratto nel testo- dopo aver letto il libro, la cui copertina riproduciamo in foto per evitarci l’incombenza di digitarne il titolo.
Due giornalisti di Repubblica, il 4 gennaio hanno pensato bene di ammannirci, un’altra mezza verità, uno scoop a 22 anni di distanza del “pentimento”dell’ex(?) killer, molto ritardato e sospetto.
“…«Qualche tempo dopo l’omicidio andai a trovare( parla l’ex(?) killer n.d.a.)a casa Mangion (deceduto nel 2012 n.d.a.). Mi fece aspettare e mi presentò il cavaliere Carmelo Costanzo (morto nel 1990, n.d.a.) ».
“Insomma, il delitto -scrive il direttore Marco Benanti, su L’Urlo- per il quale sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva il capomafia Benedetto Santapaola come mandante e il nipote Aldo Ercolano, come organizzatore (oltre allo stesso Avola, che ha patteggiato una condanna a sette anni), avrebbe avuto la sua matrice nel mondo dell’imprenditoria catanese, in particolare quella stagione legata ai cavalieri del lavoro, descritti da Fava, in una celeberrima inchiesta sul numero uno della rivista da lui fondata “I Siciliani”, come “i quattro cavalieri dell’Apocalisse mafiosa”.
Noi che siamo più cattivi del direttore, ruminiamo e ci chiediamo ma questo “bravo ragazzo”, cui è piaciuta da sempre la bella vita facile, (ostentava le più costose e prestigiose fuoriserie dell’epoca e le cambiava come le camicie,) che vantaggi spera di ottenere dichiarando che Carmelo Costanzo era il o uno dei mandanti?
Una dichiarazione, che definire (in)credibile, è molto problematico e non riscontrabile per il decesso sia di Mangion nel 2012 che di Costanzo nel 1990.
Questo “bravo ragazzo”, così sinceramente pentito del male fatto cosa spera di scippare per questa accusa senza riscontro?
Ci lascia molto perplessi, anche l’operato dei giornalisti. Organizzare un intervista con un collaborante non è come fare quattro chiacchiere al bar, bisogna fare accordi, parlare con gli avvocati, mediare, insomma tutte cose che hanno un costo. Cosa avrebbero ottenuto?
Chissà se gli eredi di Carmelo Costanzo, per preservare la memoria del congiunto, quereleranno: il bravo ragazzo, i giornalisti e Repubblica?

 


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