Giornalismo d’inchiesta e Università: era tutto vero, non luogo a procedere per Massimo Scuderi!

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Un caso che dimostra ancora una volta quanto difficile è il mestiere di chi cerca la verità…

di iena dietro la notizia

Non luogo a procedere perché “il fatto non sussiste”: con questa la sentenza il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania Flavia Panzano ha scagionato il giornalista Massimo Scuderi (fra l’altro, nostro valido collaboratore) e la professoressa Adalgisa Belligno. Querelati dal prof. Valerio Abbate e dalla dott.ssa Cristina Maria Abbate, padre e figlia e assistiti dall’avv. Carmelo Peluso.Cos’era accaduto? Una storia di quelle che capitano ai giornalisti e ai giornalisti coraggiosi, quelli che, spesso in provincia, raccontano quello che altri non “osano” raccontare. E subiscono per anni. Poi, la verità arriva.Quindi, raccontiamo. Ecco l’antefatto:certificato sette mesi prima con atto notarile il nome del vincitrice del concorso per un posto di ricercatore all’Università di Agraria di Catania.Ha vinto l’11 novembre 2010, il concorso per ricercatore bandito dalla facoltà di Agraria dell’Università di Catania il 3 dicembre 2009. Ma la sua vittoria era così certa per qualcuno che sette mesi prima la docente di chimica agraria dell’Università aveva messo nero su bianco l’episodio con una dichiarazione firmata d’avanti al notaio. Il fatto che la vincitrice Cristina Abate, è figlia del professor Valerio Abate, docente nella stessa facoltà.Si legge nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà. ” posso con certezza dichiarare sin ad ora che il risultato di detto concorso è già noto a priori, in quanto il concorrente che avrà attribuito il posto sarà la dottoressa Cristina Abate, figlia del prof. Valerio Abate, docente della facoltà di agraria e stretto collaboratore ed amico di lunga data del magnifico rettore”(Antonino Recca, ndr)Che succede? La dottoressa Cristina Abbate ed il professore Valerio Abbate, querelano il giornalista autore dell’articolo: “la figlia del prof” (pubblicato sul settimanale “Magma”) per calunnia e diffamazione.Querelano anche la professoressa di chimica agraria Belligno e un altro docente.Querelano anche il direttore della testata per art 57 codice penale, ovvero omesso controllo.La querela, si precisa, è anche per un secondo articolo (“”j’accuse alla figlia del prof.”) sullo stesso argomento sempre pubblicati su “Magma”.E com’è finita? La Procura, in un primo tempo, aveva chiesto il rinvio a giudizio. Ma durante l’udienza preliminare, il Pm Marisa Scavo ha chiesto il non luogo a procedere. E dopo oltre due anni dalla querela, il giudice Panzano ha assolto i due imputati.Ha commentato il difensore di Scuderi, l’avv. Mario Savio Grasso: “si è chiusa una triste vicenda che vedeva imputato uno dei giornalisti, a mio avviso, più importanti di Catania per quanto riguarda le inchieste di giudiziaria.Tutti i suoi articoli hanno creato terremoti, spiacevoli per qualcuno, dispiacevoli per altri. Massimo Scuderi è questo, cerca la verità e dice la verità. Dopo diverso tempo la verità è venuta a galla.Massimo era stato accusato di diffamazione a mezzo stampa per avere scritto delle cose ritenute false da parte delle persone chiamate in causa, cose che false non erano.Si è limitato soltanto a riportare fatti a suo tempo realmente accaduti, la presentazione di una denuncia alla Guardia di Finanza, un esposto alla magistratura da parte dei professori che lamentavano un concorso truccato. Martedì scorso è arrivato il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.La Procura aveva chiesto il non luogo a procedere.C’è da chiedersi: come facevano a sapere sette mesi a sapere chi avrebbe vinto il concorso?Avevano proteri divinatori? C’ è anche da dire che il Pm in udienza ha paventato anche al limite l’ipotesi di una lite temeraria”.

L’avv. Mario Savio Grasso ha, fra l’altro, nella sua difesa, citato sentenze esemplari in tema di diritto di critica da parte della Cassazione.E il giornalista Scuderi che dice? “Sciaguratamente, per coloro i quali vedono con sospetto e risentimento ogni inchiesta giornalistica che cerchi di mettere in luce potentati economici e l’arroganza del potere stesso, c’è ancora qualcuno che con carta e penna o telecamera parla di esse. Mi riferisco a quelle querele temerarie e del brutto vizio, molto italiano, di usare le querele come minaccia alla libertà di stampa, con l’intimidazione a farsi pagare cifre stratosferiche per articoli di giornale o inchieste tv, ritenute diffamatorie. È’ accaduto ancora, e poi ancora purtroppo accadrà, sul caso di un articolo stampa da titolo “La figlia del Prof” a mia firma. In altre parole, una triste storia di parentopoli. Però, voci del “Magnifico” palazzo – a suo tempo retto dal Magnifico Recca Antonino – come una sorta di veggenza, avrebbero preannunciato già diversi mesi prima, vincitrice del suddetto concorso (1 posto), la figlia del “prof” e cioè: Cristina Abbate. La cosa più sorprendente è che tale “vittoria”, addirittura, era già stata certificata con un atto notarile ben sette mesi prima del concorso stesso. “Ed in virtù di questa preannunciata verosimile vittoria della dott.ssa Cristina Abbate, mi attivai scoprendo che, nell’aprile 2010, come a sfidare le leggi dell’ Astrologia, e della cartochiromanzia, un docente aveva reso, sotto la propria responsabilità penale, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio innanzi al notaio. E da lì una corposa querela per diffamazione e calunnia. Però il Signore non paga solo il sabato e così, il 17 dicembre c.a il Gip del Tribunale di Catania, decreta che il fatto ” non sussiste”, perché io scrissi la verità. Cosicché, sorretto dall’avv. Mario Savio Grasso, eccellentissimo riferimento per i giornalisti “perseguitati”, mentre affiliamo le lame, con soddisfazione posso dire: ora tocca me e smettetela con queste querele, perchè tanto non ci fermerete!”

  

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Redazione Iene Siciliane

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