Giudiziaria, Catania: il fatto non sussiste, giornalista assolta dopo sei anni


Pubblicato il 02 Febbraio 2017

fonte: ossigeno per l’informazione

La giornalista Alida Amico era stata querelata da un consigliere comunale di Caltanissetta che contestava l’accostamento del suo nome alla mafia

La terza sezione penale del Tribunale  di Catania, il 16 gennaio 2017,  ha assolto dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa, perché “il fatto non sussiste”, la giornalista Alida Amico, querelata sei anni prima dall’allora consigliere comunale di Caltanissetta, Giuseppe Massimiliano Firrone, per un articolo pubblicato il 14 gennaio 2011 sul settimanale Centonove e sull’omonimo sito online.

Firrone aveva denunciato il fatto che il suo nome era incluso fra quelli con “Parentele mafiose” indicate nell’articolo “Caltanissetta nel ciclone”, dedicato alla situazione della giunta comunale a seguito dell’inchiesta antimafia “Redde Rationem”.

Il giudice di Catania ha stabilito che il nome di Firrone non compariva nel paragrafo sulle “Parentele mafiose”, ma in un’altra parte dell’articolo in cui si riferiva una vicenda di tangenti per la rete fognaria del nisseno.

E’ caduta anche la citazione, come responsabile civile, del direttore della testata.

L’avvocato Fabio Cantarella, difensore della giornalista, ha dichiarato a Ossigeno: “Siamo soddisfatti, ma si tratta di un procedimento che non sarebbe proprio dovuto nascere. E’ giusto, in questo caso, dar merito al buon lavoro effettuato dalla cronista”.

“L’avvocato Cantarella dice il vero. Purtroppo i processi che, come questo, – ha commentato Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno – si trascinano per anni prima che la sentenza affermi ciò che era evidente fin dall’inizio o riferite  ad affermazioni che sarebbe stato possibile chiarire meglio e con tempestività con una semplice precisazione, sono molto numerosi. E’ vero, molti di questi processi si potrebbero evitare. La legge dovrebbe essere meno punitiva verso i giornalisti e dovrebbe chiarire che la querela non è, o non dovrebbe essere, una forma rafforzata di smentita, ma un diritto di cui non abusare: il diritto ad invocare l’intervento del giudice dopo aver esperito invano il tentativo di chiarire le cose con rettifiche e precisazioni. Purtroppo non riusciamo ancora ad avere una legge siffatta. Ciò crea problemi ai giornalisti e appesantisce inutilmente la macchina della giustizia”.


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