Giustizia dopo sette anni: lavoratore prosciolto da accuse infondate


Pubblicato il 22 Maggio 2024

di iena giudiziaria

La sua vicenda potrebbe sembrare, in senso generale, che arrivi direttamente dalle pagine di Kafka. Insomma, in sintesi, un universo di accuse, che rincorrono le accuse e che colpiscono una persona lungo la sua vita. “Colpevole” di cosa? Forse di essere un sindacalista scomodo?

Andiamo ai fatti,

Una lunga storia di vessazioni e accuse infondate, si è conclusa con una vittoria la lunga per la giustizia di Pietro Scalia lavoratore dell’Acoset Spa e dirigente sindacale della Cisal FederEnergia.

Dopo sette anni di calvario, il procedimento scaturito dalle accuse mosse dall’azienda per assenteismo e truffa ai danni dell’INPS è stato archiviato.

Tutto era iniziato nell’ottobre 2017, quando il lavoratore aveva ricevuto una contestazione disciplinare per aver abusato dei permessi richiesti per gravi motivi di famiglia (secondo il D.Lgs. 151/2001) per assistere la madre disabile.

Nonostante le numerose prove fornite, tra cui circa tredici dichiarazioni testimoniali che smentivano categoricamente i fatti contestati, l’azienda lo aveva licenziato.

L’Acoset non solo lo aveva licenziato, ma aveva anche presentato una denuncia a settembre 2017 e una successiva integrazione di denuncia a novembre 2017 per presunta truffa ai danni dell’Inps. L’accusa si fondava sul presupposto che il dott. Scalia avesse richiesto i permessi senza averne titolo e li avesse utilizzati per andare in vacanza a mare. Una tesi smentita dalla difesa dell’indagato e dalle foto che attestavano la presenza della madre a Punta Secca, dove si trovavano altri familiari.

A ottobre 2019, finalmente, la Procura aveva chiesto l’archiviazione del caso per insussistenza del fatto contestato. Ma l’azienda non si era arresa e aveva presentato un’opposizione alla richiesta d’archiviazione.

Nel marzo del 2020, il tribunale del lavoro aveva condannato l’azienda alla reintegra del lavoratore, ma l’azienda aveva impugnato la sentenza e non lo aveva fatto rientrare in servizio, nonostante l’ordinanza del giudice del lavoro fosse immediatamente esecutiva. Per questo il dott. Scalia aveva anche denunciato l’azienda per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.

Solo a luglio 2021, dopo un’ulteriore condanna da parte del Tribunale del lavoro, il lavoratore era stato finalmente riassunto. Ma la vicenda non era ancora conclusa. A dicembre 2022, il Gip aveva riaperto le indagini e richiesto un’integrazione istruttoria.

All’esito degli accertamenti svolti dalla Procura, le foto prodotte dall’indagato che attestavano la presenza della madre a Punta Secca sono state ritenute autentiche. A dicembre 2023, il nuovo Pm assegnatario delle indagini ha richiesto l’archiviazione del caso, escludendo la sussistenza del reato. L’archiviazione è stata poi depositata dal Gip a gennaio 2024.

Questa vicenda rappresenta un epilogo amaro di una lunga serie di vessazioni e provvedimenti disciplinari che hanno danneggiato non solo il lavoratore, ma anche le casse dell’azienda e la stessa giustizia. Le denunce infondate presentate dall’azienda hanno dimostrato solo la strumentalizzazione della giustizia a causa della contrapposizione sindacale del lavoratore.

Finalmente, dopo sette anni di lotte, la verità è emersa e il dott. Pietro Scalia ha potuto ottenere giustizia. Un monito per tutti coloro che subiscono ingiustizie e che non devono mai arrendersi nella ricerca della verità.


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