Il cretino di sinistra contro il cretino di destra: una tragicommedia italiana dalla penna di Marco Iacona


Pubblicato il 14 Aprile 2019

Pubblichiamo tratto dalla sua bacheca facebook questo post di Marco Iacona. Si tratta di uno scritto che dovrebbe essere parte di un futuro libro. 

“Il cretino di sinistra è più cretino del cretino di destra. Il cretino di destra sfoggia un argot concettuoso, rasoiando di Meister Eckhart, di Spengler e di Juenger. Ma non ci capisce un fico secco. Non che il cretino di sinistra – specie se catanese, dunque cretino-doppio – non ne impieghi di nomi, città e persone a vantaggio esclusivo del proprio ego; solo che al cretino marxiano, qualcuno, in data e ora indeterminate, deve aver impartito una lezione militaresca in stile gramsciano fitta di erbaggio plebeista; dunque, egli deve ostentare di aver metabolizzato alcune partiture dei giganti del passato sciroppandole di carichi umanitari a mai finire. Meglio, molto meglio, se aggiornate secondo l’ultima moda. La risultante per così dire ideista sarà, appunto, quella attribuibile a un cretino di patente. 

Il cretino di sinistra svecchia le teorie dell’età dell’oro, di certo sessantottismo “spinto” – non che io, come dirò, ce l’abbia col Sessantotto o con i rivoluzionari del costume – con un odio teistico, teologico e teleologico rivolto a Matteo Salvini reo del reato di pura esistenza. Stanco di issare lo stendardo grigiastro dell’ideologia dello “stipendismo”, di essere cioè per lo stipendio, il cretino di sinistra, nonostante il tempo trascorso, la suocera, la panza borghese e il calzino corto, autocelebra la propria sinistrità vestendo i panni dell’antistorico resistente. 
Ora, cosa sia e chi sia esattamente questo (antistorico) resistente, oggi, è difficile dire. Farò un percorso, come dire, a ritroso. Diciamo che il resistente odierno si definisce secondo categorie – peraltro d’incerta identità – prese a prestito, con licenza esegetica, dai propri antagonisti. Sospetto, anzi è più di un sospetto, di essere stato additato come superfascista e/o salvinista, vale a dire nemico pubblico del resistente – e sono partite querele – solo per aver scritto che nelle biblioteche – il cretino di sinistra, ancorché cretino, dovrebbe sapere a cosa servono le biblioteche – seppur ripartite nel catanese, quindi stracolme di inservibili effemeridi; dicevo, nelle biblioteche non andrebbe autorizzato l’ingresso di scolaresche caciarone, formate da extracomunitari costituzionalmente carenti in lingua italiana, catechizzate da insopportabili cosce affidatarie di voci spuntate, cosce da libro “Cuore” e romanzi di Johanna Spyri, ancor più caciarone, ancor più rompi scatole. 
Credo poi, a mia insaputa (è di moda scriverlo) di essere stato classificato tra i “più salvinisti di Salvini” per aver, polemicamente scritto di voler promuovere una raccolta firme affinché si desse un nome più adeguato alla biblioteca comunale. Non più “Vincenzo Bellini”, chi cavolo è questo tizio? che cosa c’entra con la cultura siciliana o, peggio, catanese? Ma “Maometto”. Ho appreso dai miei referenti culturali, parolona!, che la realtà per poter “operazionare”, partendo da essa, andrebbe, da laboratorio, portata alle estreme conseguenze. Ed estreme conseguenze, tuttavia, non sarebbero già quelle di dare un nome adeguato ad un luogo deputato ad ombrello di cittadinanza. Sarebbe, altresì un voler denunziare l’assoluta stupidità di affermazioni tipo: confronto tra culture, mix di saperi, e via delirando. Non ci sono culture qui che si fronteggiano, come sosterrebbe un Houellebecq, perché, in realtà, la sporca Catania sporca di non-cultura, non fruisce affatto di cultura, di un sapere concreto, valido e validante, da opporre ad una – pur astratta ed incorporea – “cultura” in lecito accesso.
Und so weiter.
Prossimamente su: “Catania la bulla. Fascisti e comunisti non giocano più a scopone”.”

Marco Iacona.


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