Lo Stato contro lo Stato. Incredibile situazione a Catania: una storia da teatro dell’assurdo

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Paradossi su paradossi a Librino: case per tutori dell’ordine contro la criminalità organizzata. Ma in assoluta illegalità. E l’impresa costruttrice confiscata per mafia. E la voglia di Legge cozza contro…le Autorità costituite! Sono impegnati nella lotta alla mafia ma vivono nell’illegalità da anni. Malgrado siano tutori dell’ordine e vogliano vivere nel rispetto della Legge. Succede a Catania, nel quartiere periferico di Librino, settantamila abitanti circa in un’area priva di tutto, a cominciare dalla legalità.

Accade, soprattutto, a persone che ogni mattina si mettono la divisa per garantire la legalità. Sono poliziotti, carabinieri finanzieri, tutti abitanti al viale Nitta 12. Tre palazzi di otto piani per quasi 100 famiglie. Esistono, sono costruzioni che hanno consentito assegnazioni di alloggi fra il 2006 e il 2008. Ma se si fa un accertamento al catasto, risulta un’altra cosa: niente case, ma seminerio, terreno agricolo a grano. Insomma, immobili fantasmi! Case costruite senza concessione edilizia, senza certificato di abitabilità, fuori-legge, insomma: così fare un contratto regolare per acqua o luce è impossibile. Accade così che i tutori dell’ordine vogliano mettersi in regola, ma lo Stato risponde loro picche. Niente da fare. Dinieghi, risposte vaghe o nulle, indifferenza. Anni di tentativi andati a vuoto: sono state interessate Autorità su Autorità, dal comune alla Prefettura. Ma niente da fare. Un “muro di gomma”.

A gestire il tutto è poi l’Iacp di Catania, un istituto sotto la “vigilanza” dell’assessorato regionale ai lavori pubblici che rappresenta un caso nazionale quanto a malagestione e inchieste giudiziarie. Attualmente, l’ente è commissariato ed il suo direttore generale, Santo Schilirò Rubino è indagato per truffa, abuso e falso, per fatti inerenti lo stesso istituto, in una megainchiesta della Procura della Repubblica di Catania.

A completare questo quadro- degno di scenari kafkiani, al limite del nonsenso- è la condizione dell’impresa costruttrice: la “Ecoplanet” di Gaetano Caruso, confiscata per mafia! Caruso, insieme al fratello Emanuele, è imputato nel megaprocedimento “Obelisco” per mafia e appalti (per Gaetano è stata chiesta l’assoluzione, per Emanuele la condanna a sette anni per concorso esterno), è nipote di Giuseppe Mirenna, già imprenditore edile condannato per mafia e “gola profonda” nello scandalo del nuovo ospedale “Garibaldi”. Insomma, a chi lotta la mafia, la casa l’ha costruita la criminalità mafiosa. Almeno secondo l’Autorità Giudiziaria.

E loro –i tutori dell’ordine, contro la mafia- restano fuorilegge. Paradossi su paradossi, insomma. Eppure, lo Stato sembrava voler fare sul serio: nel ’91 fu approvata una legge per la casa agli uomini in divisa impegnati contro la mafia. Lo Stato decise di finanziare i comuni che poi avrebbero provveduto a costruire alloggi per queste esigenze. Furono stanziati decine di miliardi: nel complesso, quasi una settantina.

Il Ministero della Difesa di concerto con quello degli Interni voleva fare sul serio. Ma non è andata così. Alla fine, com’è finita? Al viale Nitta 12, collegato ad un plesso di altri tre lotti in viale Moncada 12 (in condizioni analoghe), lo scenario è da far west: non c’è lo sceriffo con il cinturone, non ci sono gli indiani, ma manca tutto. I palazzi della legalità sono monumenti alla violazione della norma. Si fanno i lavori ai palazzi senza fattura, si entra in casa da cancelli costruiti abusivamente dalla volontà di singoli, estirpando chili di spazzatura di ogni tipo, comprese siringhe e altri “ricordi” dello spaccio di droga.

I parcheggi sono nati senza criterio, in mezzo a mille scritte vandaliche e ripetuti furti. Quando piove, l’acqua invade tutto. La luce? I fili dell’alta tensione corrono fuori terra, ad altezza d’uomo, magari arrotolati nelle condutture di gas e acqua: la corrente è quella di cantiere. A 380 volt. A pagare le bollette è l’amministratore giudiziario dell’impresa, in un clima di polemiche ripetute, fra l’operaio che deve tagliare i figli per morosità e i condomini che non vogliono restare al buio! “Ciliegina” sulla torta, si fa per dire: non c’è il contatore commerciale per la corrente elettrica. La normalità, al viale Nitta 12, è inesistente. Quasi viene il sospetto che siano state realizzate in realtà case popolari e poi il cantiere sia stato “allargato” alle costruzioni per le forze dell’ordine. Ma è solo un’ipotesi. Comunque, le mancanze sono innumerevoli.

Di fatto, l’impianto di riscaldamento e la caldaia ci sono, ma sono senza certificato di conformità. Insomma, una garanzia. E le piantine delle tubature negli appartamenti? Non pervenute. Conseguenza: l’alimentazione irregolare e fuori norma produce contraccolpi anche per sollevare l’acqua e portarla nelle case. La pressione nell’autoclave non è sufficiente: sembra di stare nella Sicilia del dopoguerra. Finale: per studiare i figli dei poliziotti e dei finanzieri devono utilizzare lampade di fortuna. Vedere la tivvù o sentire la radio è una sorta di “lusso”. Non siamo nel mondo del “Libro Cuore”, tutto questo accade nel 2011!

A fine dicembre del 2009, al termine di una riunione in Prefettura, davanti agli enti interessati sembrava finalmente essere arrivata… la luce, mediante un preciso impegno per risolvere il problema della corrente elettrica: alla fine, solo promesse da marinaio. Ma –paradosso nel paradosso- per la Prefettura le case sarebbero a norma! Proprio così: con tanto di lettera del 2008 mandata ai condomini.

Adesso, è partita una diffida per l’Iacp, in cui si annuncia per taluni degli abitanti il trasferimento del domicilio altrove e ciò con spese a carico dell’ente con salvezza di ogni proprio diritto circa l’assegnazione ricevuta in merito all’alloggio: servirà a qualcosa?

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Redazione Iene Siciliane

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