Politica&Riforme, riflessioni postume: le preferenze (vere) per fare del Partito della Nazione un Partito Democratico


Pubblicato il 08 Maggio 2015

di marco pitrella

Mattarella ha firmato.

L’Italicum ha dei difetti. Ma quale legge non né ha è la risposta, l’alibi e la lagna. Gli Italiani brava gente sapranno la sera stessa delle elezioni chi avrà vinto, ballottaggio a parte. Sarebbe tutto meraviglioso se con le preferenze e senza nominati, si desse quel po’ di provvisorietà che è il tratto tipico della perfezione.

Dati alla mano, il 70% dei parlamentari (senato escluso) saranno “nominati”, di nuovo.  

Tra la clausola che vincola l’entrata in vigore della legge al 1° luglio 2016 – salvo cambi “d’umor” del premier – e la “minaccia” del referendum ci sono spazi di riflessione, e forse anche di manovra.

Lontani da pericoli  di equiVacanti “neofascismi” e di autoritarismi vari ed eventuali, la vera sfida per la democrazia, “nono-partitica” ormai, è la selezione della classe dirigente.

Di spazi istituzionali – via il Senato elettivo, via le province (e le elezioni) – ne sono rimasti pochi, il tessuto di valori e idealità su cui si muovevano i partiti è roba di un “ieri troppo ieri”… quali spazi per “creare successori”?

(Per favore, i sostenitori dei “nominati”, non invochino lo spettro della corruzione… puttanate da chierichetti bravi ad alimentare i Saviano e il magistrAle Cantone).

 Quel Nazareno, di nome patto, ha dato vita al Partito della Nazione targato Renzi-Verdini “più” gruppi di potere mossi da vaghe e “pubbliche idealità”. Si pensi ai “quartini” di art. 4 in Sicilia e a tutti gli altri “ex di qualcos’altro” spammati sullo “stivale”. Folgorati sulla via della Leopolda, tutti devoti tutti al “pantheon” renziano, ultimamente, grazie a liste civiche ridotte a  ”pass” per il sostegno ai candidati “democratici” alle imminenti elezioni regionali e per un futuro ingresso nel partito.

 Ah bene! faremo le primarie potrebbe obiettare il dirigente PD infatuato dagli occhi belli(?) di Maria Elena Boschi, quando l’erotismo passa per eroismo… un bluff, quello delle primarie, buono a legittimare la volontà di casta, fatta di accordi e compromessi fra le sacche di potere, facilitati dal filtro della doppia preferenza di genere (ved. parlamentarie 2012)… e se “i liberi e i forti” volessero emergere? “S’attaccano”, chiedono permesso, si mettono in coda e dimostrano fedeltà.

 Eccetera, eccetera, eccetera.

 “Anche sulla legge elettorale ha giocato delle partite di volta in volta sui singoli emendamenti – ha scritto Emanuele Macaluso sulla minoranza PD – per cui oggi il presidente del consiglio può dire che ha accolto le vostre richieste non né fate più.” E infatti… ne è derivato un mercanteggiare pallido e assorto.

Tra l’ “equilibrio di forma e prospettiva catastrofica” – copyright Antonio Gramsci – sta la velleitaria “fedeltà alla ditta” della minoranza Dem. E, forse, nel vuoto politico, s’è persa l’occasione, più di una volta di andare a votare… a votare, sì, con il “Consultellum” – la legge elettorale partorita dalla Corte che prevede le preferenze e nessuna soglia di sbarramento – per un “governo parlamentare” con un unico vincolo di mandato: riforma delle istituzioni e traghettare il bel paese nella III Repubblica… per un “futuro dal cuore antico”.

 Ma la storia, si sa,  non si fa con i “sé e con i ma”, e la minoranza è stata patetica, fallita e sconfitta dal voto di fiducia – pardon – di scambio, addirittura scendendo sotto quella che è la reale forza numerica in parlamento… (il proseguo della legislatura & una ricandidatura valgono più di 80 euro), con buona pace di Pierluigi Bersani, l’Occhetto 2.0, e parte del “vecchio” gruppo dirigente, più disponibili a far gli ospiti in “casa loro” che, in questi mesi, a dare battaglia politica magari “scassando” tutto. Troppo tardi. Siamo uomini, in fondo, mica caporali.

 (Un plauso va al Movimento 5 stelle, combattente sino alla fine con coraggio e coerenza).

 “I cretini in parlamento sono in parlamento perché la società è fatta anche da cretini”, così parlo Francesco Cossiga… anche stavolta, non c’è possibilità di eleggere il nome di Mario Rossi (preferenza unica).

E se proprio di nominati non se ne poteva(?) fare a meno, sarebbe bastato “proporre”  che la ripartizione dei seggi per capilista avvenisse su base nazionale e che nessuna lista, superato il quorum, potesse “far entrare” in Parlamento più del 25% di nominati. Per intenderci, il partito che avesse eletto 100 deputati portava alla Camera “solo” i 25 nominati dei 25 collegi più votati, con facoltà per il capolista di candidarsi anche con le preferenze. (Da una discussione con un compagno in Piazza Trento.)   

 Intanto, nel merito & nel metodo, la liturgia del “se l’avesse fatto Berlusconi” in Renzi, il Mattel pneumatico, continuerà ad essere “ragion di Stato”.

 


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