Processo d’appello per la tentata estorsione all’imprenditore Andrea Vecchio: il 30 novembre la sentenza


Pubblicato il 05 Ottobre 2011

 andrea_vecchio2-150x150Il 30 novembre prossimo, la terza sezione della Corte d’appello di Catania emetterà il verdetto su un caso che ha suscitato grande clamore in Sicilia: la tentata estorsione a uno dei cantieri dell’impresa di Andrea Vecchio, presidente dell’Ance etnea, divenuto un simbolo dell’antiracket. 

Disse “no” Vecchio alle richieste del racket del “pizzo”, senza paura: una condotta che è sintomo dei cambiamenti, seppur lenti, che stanno avvenendo nella nostra terra.  Il racket del “pizzo” reagì, nel 2007, appiccando il fuoco ai suoi escavatori, per “convincerlo” a pagare: ma lui ha continuato nella sua battaglia.

Si sono costituiti parte civile lo stesso imprenditore Vecchio con la sua impresa “Cosedil”, la Federazione antiracket italiana, la Camera di commercio e il Comune di Catania.
Oggi, davanti ai giudici (Presidente Salvatore Costa, a latere Messina e Amato) si doveva celebrare l’udienza per l’appello dopo la condanna ad undici anni di reclusione, in primo grado, con il rito ordinario, a Carmelo Puglisi, personaggio di spicco della mafia catanese, già indicato come presunto reggente del clan Santapaola. In primo grado, con l’abbreviato, è stato già condannato ad otto anni e otto mesi di reclusione un altro imputato, Luciano Musumeci.
Tutto è stato rinviato, oggi, al 30 novembre, quando parlerà la Difesa di Puglisi, con gli avv. Pace e Di Mauro e  ci sarà la sentenza. La Pubblica Accusa, con il Pg Platania, ha chiesto la conferma della condanna per Puglisi.


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