Catania

Quando commemorare non serve a una fava

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A poche ore dal quarantennale dell’omicidio di Giuseppe Fava, nello stesso giornale che ne provò subito a depistare il movente, appare l’ennesimo articolone entusiasta a celebrare i successi della magnifica “metropolitana”.

Se forse è ancora imputabile a discalculia cronica il non riuscire a riconoscere, nei numeri di quello che viene presentato come un trionfo, l’evidenza di un flop clamoroso, non è certo più attribuibile al leggendario “sonno” dei siciliani la completa assenza di un’analisi critica sugli aspetti tecnici, legali, ed economici di questo lunghissimo e travagliatissimo cantiere.

Gli elementi della truffa sarebbero facilmente riconoscibili da tutti, se solo venissero lealmente presentati, ed è per questo che la truffa comincia proprio dal manomettere i pochi strumenti che la legge mette a disposizione dei cittadini per conoscere i fatti.

L’ironia della sorte vuole che proprio accanto a quel titolone si parli del prossimo incontro a palazzo della cultura dal titolo “Infrastrutture e partecipazione”. Ebbene, molti lo ricorderanno, è proprio per accedere tempestivamente al finanziamento del lotto più “corposo” che il PUMS era stato clamorosamente falsificato, approvando il “Primo Rapporto” prima ancora che il percorso partecipato fosse avviato, un illecito di cui si è parlato sui social sotto l’hashtag #PUMSgate. Possibile che nessuna delle decine e decine di associazioni coinvolte non si sia accorta dell’accaduto, neanche dopo che qualcuno le aveva invitate a sottoscrivere un esposto alla procura in cui erano delineati chiaramente gli estremi dell’illecito? Chissà se se ne parlerà a quell’incontro.

É altresì credibile che nessuno si sia insospettito per l’improvviso incremento del 70% (settanta percento!) dell’ammontare dell’appalto per “caro materiali”, pochi giorni prima di metterlo in gara, e non gli sia balenata l’idea di chiedere un riscontro ben documentato? Sai com’è, visti i precedenti.

Cari siciliani, quarant’anni fa Giuseppe Fava è stato ucciso proprio perché denunciava le connivenze nelle grandi speculazioni edilizie che hanno devastato Catania, pilotate da gruppi di imprenditori i cui “eredi” oggi non sono certo qui a contendersi le briciole di un territorio ormai saturo di edilizia “tradizionale”, ma hanno scoperto da tempo un filone inesauribile nel sottosuolo, dov’è possibile scavare indisturbati ampli e lunghissimi buchi. Alcuni esempi? 1 miliardo di Euro per l’interramento della Circumetnea (nome in codice: “Metropolitana”), un altro miliardo per l’interramento della ferrovia (nome in codice: “Nodo Catania” o “Waterfront”), 2 miliardi e mezzo per 40 km di galleria nella ferrovia Catania-Messina (nome in codice; “Raddoppio”) 11 miliardi sulla ferrovia Catania-Palermo (nome in codice: “Alta Capacità”), per non parlare di porto, interporto, areroporto, etc etc. Si tratta, a ben guardare, di opere in massima parte sproporzionate, inconcludenti e devastanti, ma chi oserebbe mai metterle in discussione sapendo che il fiume di denaro che sta per travolgerci si porterà dietro un’infinità di appetitosi “detriti”?

Oggi, come allora, «c’è un enorme confusione sul problema mafia», stavolta perché non ci sono più i “cavalieri dell’apocalisse”, bensì la “banda del buco”, che per la sua stessa natura opera al sicuro da occhi indiscreti. Di buono c’è che non ci sarà bisogno di ammazzare nessuno. Se ne parlerà seriamente, forse, fra quarant’anni, per adesso buon nuovo e finalmente prosperoso anno, e buone commemorazioni.

Attilio Pavone.

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Iene Sicule

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