Rocco Chinnici: uomo e magistrato nel libro di Leone Zingales

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Le intuizioni investigative, la lotta quotidiana –in solitudine- contro Cosa Nostra, malgrado il non sostegno della politica, ma anche il profilo umano, la disponibilità e la squisitezza nonostante l’immagine stereotipata di uomo scontroso: Rocco Chinnici, uno dei magistrati più odiati dalla mafia, che lo uccise 28 anni fa con un attentato di “stampo libanese”, è stato ricordato ieri sera alla villa comunale di Nicolosi in occasione della presentazione del libro (“Rocco Chinnici” l’inventore del pool Antimafia) del giornalista Leone Zingales. Occasione anche per scoprire, alla fine dell’incontro, una targa in Municipio: l’amministrazione comunale ha deciso, infatti, di dedicare l’aula di giunta (nella foto un momento della cerimonia, a destra il figlio di Chinnici Giovanni) al consigliere istruttore ucciso da Cosa Nostra. L’ennesimo attestato ad una figura che rappresenta una delle pagine migliori della storia dell’Isola. Non a caso, il sindaco Borzì e l’assessore comunale Mazzaglia hanno sottolineato il senso di “segnali precisi” nel solco della legalità e della giustizia.
Così, grazie all’associazione antiracket-antiusura dedicata al magistrato, presieduta da Claudio Risicato, al comune di Nicolosi, alla Confcommercio di Catania e all’Anm sezione di Catania, è stata organizzata una serata legata ai temi della memoria ma anche all’attualità, all’analisi dell’evoluzione del fenomeno mafioso e dei mezzi che lo contrastano. Attorno ad un tavolo, si sono ritrovati Antonino Borzì  sindaco di Nicolosi, Laura Renda, consigliere di Corte d’Appello- sezione Lavoro in rappresentanza dell’Anm di Catania, Marisa Acagnino, Presidente di sezione del Tribunale di Catania, Pietro Agen, Presidente di Confcommercio Sicilia, Giovanni Chinnici, figlio del magistrato, coordinatore della Fondazione Chinnici, Giuseppe Mazzaglia, assessore alla cultura  di Nicolosi, Claudio Risicato, Presidente dell’associazione “Rocco Chinnici”, Leone Zingales, giornalista autore del libro. A moderare Alberto Cicero, giornalista, segretario regionale dell’Assostampa. Dopo il saluto di Claudio Risicato che ha ricordato le tante attività antimafia dell’associazione che presiede, la figura di Rocco Chinnici, raccontata nel libro di Zingales, è stato il motivo d’avvio della discussione, che si è incentrata sulla lotta per la giustizia e la legalità di quest’uomo, un siciliano di Misilmeri che ha fatto il suo dovere in un contesto di indifferenza, di solitudine: sorda soprattutto la politica, che allora non dava gli strumenti necessari ai magistrati per contrastare la mafia. Un film già visto. Eppure, Chinnici andò avanti con intuizioni investigative davvero innovative che scatenarono le ire di Cosa Nostra: dapprima il lavoro in pool, ovvero la costruzione di un lavoro in coordinamento, facendo circolare le informazioni, superando la frammentazione di indagini e uomini che, una volta eliminato il magistrato, faceva arretrare nel complesso l’investigazione. Ecco, allora, il lavoro d’equipe: un frutto di quegli anni difficili, a cavallo fra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta, quando a Palermo un gruppo di magistrati, da Falcone a Borsellino, da Di Lello a Guarnotta, rappresentarono un’esperienza unica nella storia del movimento antimafia. Un’esperienza naturalmente osteggiata da chi, nella mafia e nella società politica siciliana, voleva conservare lo status quo. A questo metodo di lavoro, si affianca l’altra grande intuizione di Chinnici: le indagini sul versante economico, gli inquinamenti mafiosi del sistema delle imprese. Un tema di impatto enorme, che, oggi con gli strumenti legislativi è al centro delle investigazioni, ma che allora rappresentò una sorta di “trauma” per la mafia e i suoi complici in giacca e cravatta.
Sul tema del contrasto agli inquinamenti mafiosi dell’economia si è soffermato, non a caso, Giovanni Chinnici, che ha altresì ricordato la figura umana di suo padre, una persona disponibile, per nulla scontrosa, che conservava la serenità della sua famiglia, malgrado le minacce che arrivavano in quegli anni, anche a casa. Ma che volto ha la mafia oggi? Su questo si è incentrato successivamente il dibattito: è venuta fuori un’immagine di una società dove il confine fra “buoni” e “cattivi” è sempre più sfumato, dove si corre il rischio anche che l’antimafia possa diventare “maschera” di uomini e cose non proprio in odore di Santità. Considerazioni che hanno animato l’intervento di Pietro Agen: da lui anche una ferma presa di posizione contro le modalità di proliferazione dei centri commerciali. In primo luogo le “varianti” al piano regolatore. “Nascono così i centri commerciali, è ora di dire basta”: per questo Agen ha annunciato una raccolta di firme per una legge che ponga il divieto di “varianti” in tema di centri commerciali, che devono nascere nell’ambito dei Prg. Ma non c’è solo la speculazione immobiliare nel “calderone” degli ipermercati: c’è anche il “mercato dei posti di lavoro” . Agen lo ha sottolineato, con precisi riferimenti alla politica e anche al sindacato.
Comunque, la Sicilia è cambiata nell’analisi di Agen: trent’anni fa il “pizzo” veniva subito in silenzio, oggi la cultura della denuncia è maturata, anche se c’è molto da fare, soprattutto dalla politica, come ha denunciato Risicato.
Dai magistrati Acagnino e Renda si è evidenziata la condizione del magistrato nell’attuale momento storico: un lavoro difficile, alle prese con un’ immagine spesso distorta della figura del magistrato e dove può capitare–ha detto Marisa Acagnino- che un usuraio venga descritto quasi come un “benefattore”. Insomma, contraddizioni di una società dove il “Bene” e il “Male” hanno spesso confini labili.
Ma non solo antimafia, leggi e investigazioni sono state al centro della serata: l’occasione è stata utile anche per tratteggiare la figura umana di Chinnici. Nelle parole di Zingales è venuta fuori così la figura di un uomo capace di andare nelle scuole a parlare ai ragazzi anche quando avrebbe dovuto riposarsi, di gesti e di azioni di disponibilità all’ascolto e al confronto. Altro che scontroso! Il tutto, mentre magari dalla “buona borghesia” si mostrava insofferenza per le “sirene” delle scorte ai magistrati nel “salotto buono” di Palermo…. Poi ci sono anche le figure umane di personaggi come il portiere dello stabile in cui abitava il giudice Stefano Li Sacchi, capace di aprire mezz’ora prima rispetto a quanto previsto dall’orario condominiale, gli uomini della scorta, i carabinieri Mario Trapassi e  Salvatore Bartolotta, sempre presenti accanto al magistrato. Insomma, immagini di una Sicilia diversa da quella indifferente, cialtrona e arraffona che ancora oggi fa mostra di sè nelle cronache e nella vita di ogni giorno. La Sicilia migliore, quella di magistrati come Chinnici ma anche di poliziotti come Beppe Montana, ricordato nel suo rapporto con Chinnici dal fratello Dario, che opera da tempo nell’associazione antimafia Libera.
“Certamente ancora c’è tanto da fare –ha dichiarato alla fine Claudio Risicato- la strada è irta di ostacoli e vorrei poi aggiungere che la nostra attività viene svolta in totale volontariato e non vogliamo essere confusi con i cosiddetti “professionisti della legalità” che purtroppo abbondano nella nostra provincia e sono sempre alla ricerca di lucrosi incarichi e visibili passerelle. Un ringraziamento infine ai magistrati di Catania, alla Prefettura ed alle forze dell’ordine che in questi tre anni ci sono stati vicini e che continuano a collaborare con noi”.

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Redazione Iene Siciliane

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