5 gennaio e Fava, Giovanna Quasimodo: “Pippo un uomo con la U maiuscola”

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In occasione dell’anniversario del  5 gennaio, ienesicule vuole ricordare Pippo Fava, senza retorica. Per questo rivolgiamo –a chi vorrà rispondere, speriamo tutti- alcune domande sull’uomo Fava e la sua opera. Stiamo interpellando persone che hanno lavorato o che hanno incontrato nel loro percorso professionale Fava negli anni del “Giornale del Sud” e della fondazione de “I Sicilliani”.

Queste sono le risposte alle nostre domande di Giovanna Quasimodo, giornalista, che ha lavorato a lungo anche con Pippo Fava.
1) Come definiresti Pippo Fava? Scrittore, giornalista, intellettuale, autore teatrale, altro?

Pippo Fava lo definirei semplicemente un Uomo con la U maiuscola, dotato di uno straordinario senso dell’etica e animato da un forte desiderio di Verità e Giustizia che ha sempre profuso nella sua poliedrica attività di giornalista, scrittore, drammaturgo e intellettuale.

2) Che ricordo hai dell’uomo, dei suoi pregi e dei suoi vizi? Vizi non ne ricordo, a parte il fumo. Forse aveva dei piccoli difetti, come tutti, ma io non ne ricordo.

3) Che ricordo hai di quella sera del 5 gennaio. Cosa pensasti in quei momenti?
4) A tuo avviso, qual è stato la menzogna più grande detta sulla morte di Fava e quello che, invece, non è stato detto da nessuno?

Quella sera ero a casa di amici per festeggiare l’Epifania. A poche ore dall’omicidio mi telefonò la mia amica fotoreporter Linda Maugeri che mi diede la notizia senza troppi giri di parole. Ricordo che schiantai per aria quel maledetto telefono urlando in lacrime “bastardi, bastardi”.

Poi corsi sul luogo del delitto per ricongiungermi con gli altri colleghi de I Siciliani. Non avevamo più parole ma tutti noi sapevamo chi e perché era stato. Pensammo subito ai cavalieri del lavoro e al boss Nitto Santapaola. E la storia ci diede ragione. Sin da subito inquirenti e investigatori cercarono altre cause. Donne, droga, gioco. Ma le menzogne hanno le gambe corte e presto o tardi si arrivò alla quasi-verità. Ricordo che a pochi giorni dall’omicidio, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, il procuratore generale ebbe l’ardire di affermare che a Catania non c’era mafia, come se quei cento e più omicidi all’anno fossero frutto di ladri di galline.

Sull’omicidio di Pippo Fava noi dei Siciliani abbiamo sempre detto ciò che sapevamo e pensavamo, verità processuali che sono venute fuori solo dopo anni di dolore e battaglie. Forse i media non hanno dato risalto a tutta l’opera di insabbiamento messa in atto sin dalla sera dell’omicidio. Sospettarono di ciascuno di noi, ci sottoposero a perizia calligrafica perché pensarono che fosse stato uno di noi a scrivere uno strano biglietto trovato la stessa sera del 5 gennaio davanti al quotidiano La Sicilia. Il biglietto accompagnava un panettone una bottiglia di spumante e riportava questa frase: “il male che hai fatto a me lo pagheranno i posteri nella storia”.

Un messaggio enigmatico che anche a distanza di molti anni fa venire i brividi se pensiamo al progettato a (e per fortuna mai eseguito) attentato ai danni di Claudio Fava e alle minacce che io stessa ricevetti da due mafiosi che vennero sotto casa mia “per farmi i complimenti” in relazione a  un articolo da me scritto su I Siciliani riguardante un nipote del boss Santapaola.

 

5) E’ vero che Pippo Fava era amico di Salvatore Lo Turco, il parlamentare del Psdi? (Rivolgiamo questa domanda solo per accertare un fatto storico, senza altro riflesso o valutazione)

Giuseppe Fava amico di Salvatore Lo Turco? Andiamoci piano con le parole. Conoscente di sicuro, visto che l’ex onorevole del Psdi era a capo del consiglio di amministrazione del Giornale del Sud, in origine diretto dallo stesso Fava con l’intero nucleo che poi diede vita ai Siciliani.

6) Dal punto vista politico ed ideologico, com’ è inquadrabile Pippo Fava?Dal punto di vista ideologico Pippo Fava era un socialista puro, ma che io sappia non ha mai fatto attivismo in alcun partito politico. Non aveva tessere.

7) Francesco Merlo ha scritto che “i salotti di Catania” non amavano per nulla Pippo Fava e lo avrebbero riscoperto dopo la morte, santificandolo. Ti risulta?

Francesco Merlo è un bravissimo giornalista che scrive cose vere. Ma sul fatto che i “salotti” non amassero Fava non sarei così categorica. C’erano gli ipocriti che fingevano di apprezzarlo e c’erano alcuni suoi colleghi dell’epoca che erano invidiosi di lui per non esserne all’altezza e quindi gli lanciavano i coltelli alle spalle (e continuarono a farlo anche dopo la sua morte, intraprendendo la tesi secondo cui ad ucciderlo non fosse stata la mafia); ma c’era anche chi gli era amico e lo ammirava sinceramente, soprattutto tra i giovani e gli intellettuali.

8) Che ricordo hai, in generale, del “Giornale del Sud”? Chi fece fuori Fava e perché?

Già, il Giornale del Sud, che doveva essere un giornale libero e indipendente. Ne abbiamo viste di cotte e di crude. Per un po’ di tempo le cose andarono bene, ma ben presto cominciarono ad arrivare gli avvertimenti al direttore, persino con una bomba carta; e dopo gli avvertimenti vennero pure le censure al punto che sparivano articoli dalla sera alla mattina e che in piena notte, prima che il giornale andasse in stampa, venivano sostituiti dalla pubblicità. E che pubblicità! Quella predominante era della Pam Car, la concessionaria automobilistica inaugurata dai papabili della città al fianco del boss Nitto Santapaola che allora non era indagato per nessun reato; e se ricordo bene a quell’evento andarono persino Questore e Prefetto dell’epoca.

9) Vorrei dire qualcosa che per anni, magari per ragioni di opportunità o altro, non hai mai detto sulla figura di Fava e sulla sua morte?

Sulla figura di Pippo Fava abbiamo sempre detto e scritto quello che abbiamo dentro, e in tal senso fa testo il numero dei Siciliani andato in stampa subito dopo la sua morte, intitolato “Un Uomo”, come era lui e come il titolo di uno dei suoi romanzi più belli.

Ciò che avrei voluto dire, anzi urlare, è la rabbia per il fatto che quei magistrati, poliziotti e politici locali collusi l’abbiano passata liscia, dopo avere ammorbato l’aria della nostra città e cercato di insabbiare le indagini.

Noi, col nostro giornale volevamo un’altra città, un’altra Sicilia, onesta e pulita dal cancro della mafia. Per questo ci hanno fermati. Da allora un giornale come quello, senza condizionamenti e senza padroni, non c’è stato mai più.

 

 

 

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