Catania, arrestato latitante “storico”: Giovanni Arena in manette in un loculo


Pubblicato il 26 Ottobre 2011

Lo hanno scovato, a casa sua, nel popoloso quartiere di Librino, in un nascondiglio abilmente ricavato nell’intercapedine di un armadio: qui, dentro una sorta di piccolo loculo, si nascondeva Giovanni Arena, 55 anni, ricercato dal 1993, allorchè era sfuggito alla megaoperazione antimafia “Orsa Maggiore” contro il clan Santapaola ed inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del “Programma Speciale di ricerca”. In “Orsa Maggiore” gli vennero contestati i reati di omicidio, traffico e spaccio di stupefacenti, rapina ed estorsione, omicidio, tentato omicidio, porto abusivo d’armi che, con altre successive, ha condotto all’emissione a suo carico della pena definitiva dell’ergastolo, risalente al 26 novembre 2008, per omicidio volontario, associazione mafiosa, spaccio e traffico di stupefacenti, incendio(quello alla Standa in via Etnea del gennaio 1990, accusa da cui è stato poi prosciolto) e porto d’armi. Negli atti processuali è indicato come facente parte del gruppo di fuoco capeggiato da Claudio Severino Samperi, esponente di punta del clan Santapaola poi pentitosi. Ma gli inquirenti hanno spiegato che di recente la famiglia Arena era transitata nel clan “Sciuto-Tigna”: passaggio che sarebbe avvenuto a causa dei contrasti sorti per il monopolio dello spaccio nel quartiere di Librino. A mettere gli investigatori sulle sue tracce il suo timbro di voce, rilevato in sottofondo, in intercettazioni di altre persone: i familiari, invece, mai avevano evocato il suo nome.Quando gli agenti della squadra mobile della Questura di Catania -che gli davano la caccia dal 2005, quando era riprese le attività di ricerca- lo hanno visto dentro il nascondiglio, lui non ha opposto resistenza, anzi si è complimentato con chi lo ha catturato. Arena aveva con sè una pistola semiautomatica calibro 9 mm con matricola abrasa, completamente rifornita e con il colpo in canna ed una videocassetta. Oggi, in conferenza stampa (nella foto), in Questura, il Procuratore della Repubblica facente funzioni Michelangelo Patanè, il Questore Antonino Cufalo, i magistrati della Dda, Francesco Testa, Pasquale Pacifico e Giovannella Scaminaci, accanto al capo della “mobile” Giovanni Signer, hanno spiegato le dinamiche di un arresto di assoluto rilievo. Il nome di Arena è strettamente legato al cosiddetto “Palazzo di Cemento” di Librino, luogo divenuto famoso per lo spaccio degli stupefacenti e di recente sgomberato dalle forze dell’ordine contro gli occupanti abusivi degli immobili. Per le vicende legate allo spaccio di droga -hanno spiegato gli inquirenti- la famiglia Arena ha visto numerosi suoi componenti finire arrestati: la moglie e i tre figli Antonio, Maurizio e Agatino.La cattura di Arena ha comportato uno sforzo investigativo notevole: dagli inquirenti e dagli investigatori è stato sottolineato che sono state utilizzate “attività tecniche” di rilievo. Un complesso di azioni anche costose che -è stato detto in conferenza stampa- con mezzi e risorse ridotte, come potrebbe avvenire alla luce degli ultimi interventi legislativi, non potrebbero essere ripetute. Per l’arresto di Arena hanno avuto parole di elogio alle forze dell’ordine e alla magistratura il Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e il sindaco di Catania Raffaele Stancanelli.Marco Benanti iena giudiziaria


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