Il Catania di Montella e Pietro Lo Monaco, ovvero la contraddizione nicciana di Luigi Pulvirenti

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di Luigi PulvirentiIo devo chiedere scusa a Pietro Lo Monaco. Che a lui probabilmente delle mie scuse non fregherà niente, anzi manco sa chi sono io (e questo è il meno: neanche io so bene chi è quel soggetto che si presente in giro a nome mio), ma io sento comunque di dovergliele. Perché pensavo che Montella fosse una pippa di allenatore, ed invece mi sta facendo godere per come gioca il Catania, secondo solo a quello spettacolo messo in campo dal mio unico vero mito nel calcio, il Venerabile Zdenek; perché pensavo che Almiron e Legrottaglie fossero due ex calciatori, ed invece stanno reggendo la baracca con la forza delle colonne di cemento armato delle fondamenta dei grattacieli; perché persino Izco, che io pensavo fosse destinato ad un futuro di lavoratore stagionale al Lido Azzurro, sembra un giocatore di calcio, per giunta adesso con la responsabilità della fascia di capitano. Certo, poi un Gennaro Sardo può capitare a chiunque, ma non gliene facciamo una gran colpa: pensi, Direttore, abbiano sopportato cristianamente pure Massimo De Martis, per dire, e aspettiamo un terzino destro degno di questo nome dai tempi di Beppe Sampino, “Il Sindaco”.Però io devo fare pure una domanda, a Pietro Lo Monaco. Perché? Perché devono succedere cose come quella capitata al collega Alessio D’Urso? Glielo chiedo perché proprio la stridente contraddizione tra la sostanza della status attuale del Catania, e la sentenza che la condanna per violenza privata ai danni di uno dei migliori giornalisti che abbiamo a Catania (e lo dico con la ragionevole certezza di non poter essere smentito) esprima appieno la complessità della sua figura, ma ne è pure il limite.Ricordo dai tempi della scuola che Nietzsche, il grande filosofo apolide che, mistificato e strumentalizzato ben bene, fu il padre di tutto il Novecento (solo quegli stronzi ignoranti e merdosi di nazisti potevano fare di un pensatore filosemita, antitedesco, antinazionalista, europeista convinto, il punto di riferimento della più bestiale e sconclusionata ideologia che la mente umana abbia prodotto); che Nietzsche, dicevo, nella vita di tutti i giorni piccolo borghese, mansueto e remissivo, malaticcio e privo di carattere, nei suoi scritti diventava potente e sulfureo. Come se la mancanza di una vita sociale lo costringesse ad esplorare la vita dentro di sé, scavando nei meandri dell’anima, fino a scrivere le pagine memorabili che ha scritto. Ma che non avrebbe scritto se avesse vissuto una vita diversa.Ecco, non che io la voglia paragonare a Nietzsche, ma credo che il percorso mentale sia lo stesso: lei è il più grande dirigente sportivo che il Catania abbia mai avuto, ma sembra che non possa essere veramente tale se non comportandosi in maniera cordialmente odiosa.E allora mi chiedo: perché? Anzi, visto che ci siamo, perdoni l’ardire, ma di perché vorrei indirizzargliene dieci (come le domande di Repubblica al Cav, sempre che Giuseppe D’Avanzo, pace all’anima sua nell’alto dei Cieli, non mi fulmini per l’insolenza).1) Perché ha trattato con sufficienza la vecchia guardia della tifoseria, quella che c’era quando lei non c’era e ci sarà quando lei andrà in altre squadre (cosa che si può dubitare faranno i tanti modaioli che oggi occupano i posti del Massimino)?2) Perché se un giornalista non la pensa come lei, diventa automaticamente un nemico, uno che specula sul calcio Catania, che lucra sui rossazzurri, etc etc etc?3) Perché il famoso equilibrio tra le cinque componenti (società, squadra, stampa, istituzioni, tifosi, c’ero alla conferenza stampa dell’Atlantis Bay nel 2004, ed ho preso appunti) deve per forza avere come punto di equilibrio il suo punto di vista, e non essere il punto d’incontro dei diversi punti di vista, visto che i ruoli sono diversi?4) Perché i tifosi non possono essere trattati da tifosi, che insultano quando perdono e osannano quando vincono?5) Perché non le si può rendere merito dei grandi risultati conseguiti, centro sportivo in testa, senza per questo non poterle ricordare alcune mancanze (il campetto di San Teodoro destinato ai ragazzi disagiati, che fine ha fatto?)6) Perché si ha l’impressione che lei, in fondo in fondo, pensi che la città debba essere al servizio del Catania e non viceversa, visto che la squadra è uno dei principali capitali cittadini?7) Perché ho visto in occasione di Catania-Inter, bambini di dieci anni pagare per entrare allo stadio? Sa, rimpiango i tempi in cui mio zio Luciano entrava allo stadio con un figlio, due nipoti effettivi e tre putativi, tra i bambini che stazionavano in via Cifali in attesa che qualcuno li facesse entrare con loro, gratis. La colpa è dei posti numerati e della tessera del tifoso?8) Perché il rapporto con le istituzioni cittadine deve essere concepito come di servizio delle prime rispetto alla squadra?9) Perché in città si è diffuso il sospetto che qualora, mettiamo, i Rem decidessero di fare il concerto di addio proprio qui, che lei forse non lo sa ma noi abbiamo un grande feeling con il quattro di Athens, lei si opporrebbe? (a quel punto dal Comune dovrebbero dirle: ‘sti cazzi direttore, il concerto si fa lo stesso. Ma ho il timore che non accadrebbe).10) Perché in tutti questi anni non ha preso Daniele Cacia, che è un giocatore che mi piace tanto, tanto, tanto? Le ho rivolto queste domande perché io la stimo, Direttore. Ma i comportamenti suddetti mi trattengono dal manifestarla espressamente, senza esserle contro, perché in definitiva non me ne frega niente.L’ho fatto in maniera disinteressata, perché i miei orizzonti professionali sono lontani dal Catania Calcio, a cui rimango legato solo da vincoli, ben più importanti, di affetto e consuetudine. Ed il fatto che gliele abbia rivolte proprio adesso, che il Catania sta dove sta, gioca come gioca, ci fa godere come ci sta facendo godere, e dunque queste Mie potrebbero apparire come le pippe mentali di uno che ha tempo da perdere, lo comprova. Ma in realtà sono una premura usata nei suoi riguardi. Perché, sa, l’Italia (e Catania, che è arcitaliana, dentro di essa), troppo facilmente offre il balcone di piazza Venezia al Profeta di turno. Il fatto è che la distanza che separa quel balcone da Piazzale Loreto è molto più breve di quanto si possa pensare. Cordialità, Direttore. Salutamu.

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Redazione Iene Siciliane

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