L’inchiesta: Rigassificatore Melilli, l’affare e i suoi padroni. Quali insidie cela l’opera contestata da comitati civici e associazioni?


Pubblicato il 22 Novembre 2011

di Marco BenantiDi grandi progetti è piena la storia della Sicilia. Ufficialmente: progetti per lo sviluppo economico. Poi, spesso, rivelatisi affari per pochi. Da anni, l’Isola è al centro di attenzioni di carattere economico: una delle parole più spese in questo periodo è “rigassificatore”. Dovrebbe nascere nel polo petrolifero aretuseo di Melilli-Priolo-Augusta, ma non mancano le opposizioni. In nome della tutela ambientale e della sicurezza pubblica. Si farà? All’inizio dell’anno, la Regione ha detto sì. O meglio ha annunciato un sì, cui manca, comunque, un provvedimento autorizzativo. Parrebbe, però, che Raffaele Lombardo non sia favorevole al progetto.Comunque, dai vertici del governo regionale è partita una nota indirizzata alla “Ionio gas srl”, la società che ha proposto la realizzazione dell’opera.Nel documento, la Regione si rende disponibile alla realizzazione dell’impianto dopo una serie di incontri tecnici, incontri che si sono svolti al dipartimento all’Energia affinché si addivenisse a una “corretta e sollecita definizione del procedimento autorizzativo”, previa definizione di alcuni aspetti tecnico-giuridici. Nella nota, infatti, si precisa che sarà necessario verificare “l’impegno a rispettare le prescrizioni imposte dall’assessorato regionale Territorio e Ambiente in materia di sicurezza dell’impianto: dalla riduzione dell’impatto visivo dei serbatoi attraverso l’interramento, agli interventi di bonifica, alla definizione puntuale delle misure di riqualificazione e compensazione ambientale”. Inoltre, altra prescrizione il coinvolgimento delle popolazioni coinvolte alla scelta. Prescrizioni stringenti, taluno dice che porteranno alla “paralisi” di fatto dell’opera. Staremo a vedere. Ma cosa c’è dietro questa vicenda?

L’AFFARE. E’ un faraonico progetto che vede impegnati “colossi” dell’industria, assecondati –trasversalmente- da settori della politica siciliana, da Confindustria e sindacati compresi: tutto sembra convergere per fare partire definitivamente, nel polo petrolifero aretuseo di Melli- Priolo-Augusta, il progetto del rigassificatore di Melilli da 12 miliardi di m3/anno di metano, sotto l’insegna della “Ionio Gas” (Erg e Shell al 50%).Non è solo, però, una questione economica; di mezzo non c’è, infatti, solo lo sviluppo economico (l’investimento è di oltre 500 milioni di euro, qualcuno però parla di quasi un miliardo di euro) e l’occupazione (sono stimati circa 150 addetti a regime) –come dicono i sostenitori dell’impianto; c’è di molto di più: la ridefinizione di centri di potere e di alleanze in Sicilia. Protagonista è la famiglia Garrone, un nome che significa Erg e Confindustria ad alti livelli: Edoardo Garrone, presidente della Erg, è vicepresidente per l’organizzazione e marketing associativo del gruppo di via dell’Astronomia, di fatto una sorta di “Ministro degli Interni”. Insomma, un personaggio che pesa. Non a caso, qualche tempo fa il presidente regionale di Confcommercio, Pietro Agen, in riferimento a provvedimenti del governo regionale, parlò di “legge Garrone” per il rigassificatore.

I PROTAGONISTI. Garrone è protagonista di questa nuova pagina siciliana della grande industria che mira a realizzare megaimpianti, senza troppi scrupoli per gli effetti sul territorio. Nella zona in questione, ci riferiamo in particolare a Siracusa, c’è un altro personaggio ormai affermato nel panorama politico-imprenditoriale. Si chiama Ivan Lo Bello, è presidente di Confindustria Sicilia, è componente anche della giunta nazionale di Confindustria, dopo essere stato già al vertice dell’associazione industriali siracusana. E’ impegnatissimo in convegni e parole antimafia.Garrone e Lo Bello sono i nomi di una nuova “avventura” tutta siciliana. Sullo sfondo, poi, c’è un terzo protagonista possibile, che i “bene informati” indicano come molto probabile della “partita”: la famiglia Prestigiacomo, Stefania figlia a lungo ministro e politico di primissimo piano, Pippo padre industriale. A Siracusa, guarda caso. E a Catania? Chi ha provato a dire qualcosa non “in linea” è stato fatto fuori su due piedi, con modalità e motivazioni alquanto discutibili: via Fabio Scaccia, è arrivato Domenico Bonaccorsi. Lo Bello ha avuto parole di soddisfazione.

L’OPERA. C’è da realizzare, infatti, un impianto per la lavorazione del gas naturale: da liquido a naturale, al termine di una complessa opera che passa da serbatoi di stoccaggio, pompe sommerse, vaporizzatori, reti di distribuzioni. Il gruppo che lavora per il rigassificatore assicura: ci saranno vantaggi per il territorio, economici e occupazionali, niente allarmismi per i paventati rischi ambientali –come le possibili fughe di gas- dovuti a questo tipo di produzioni industriali, in un’area già provata dagli insediamenti delle raffinerie.

PROTESTE E CONTESTAZIONI. Queste sono, invece, le tematiche avanzate dai comitati civici, associazioni e gruppi politici che si oppongono alla grande opera. Così, mentre da un lato si fa notare –statistiche alla mano- che nei 53 rigassificatori funzionanti nel mondo, di cui 14 in Europa, non è mai accaduto un incidente rilevante (ma i comitati e le associazioni contrarie –dati alla mano- sostengono il contrario), da chi dice “no al rigassificatore” si pone in evidenza come la legge cosiddetta “Seveso”, interviene a tutela di aree industriali di questo tipo, già dichiarata da anni “Zona in piena crisi ambientale”, vietando la costruzione di ulteriori impianti ad alto rischio di incidenti rilevanti.Perché? I numerosi impianti già esistenti, essendo coinvolti in un incendio o esplosione, potrebbero scatenare il tanto temuto effetto domino (ovvero l’esplosione a catena). Da non trascurare un altro fattore molto importante che è l’alto grado di sismicità della Sicilia Orientale.Preoccupazioni non di poco conto, che hanno avuto conferma in due referendum popolari: a Priolo prima e Melilli poi, il “fronte del no” ha incassato due vittorie nette (di recente, la Erg ha proposto ricorso al Tar sulla consultazione di Melilli).

GLI INCIDENTI. Ma quali sono le principali ragioni del dissenso rispetto a questa opera? Dapprima, la pericolosità intrinseca dell’impianto è tale da renderne inaccettabile la localizzazione nel sito prescelto, in un territorio sotto l’egida della Erg. Si tratta infatti di impianto a rischio di incidente rilevante come da si evincerebbe dalle direttive “Seveso” -tutt’ora vigenti- e in virtù delle quali viene vietata la realizzazione in siti come quello nel quale si intende metterlo. Infatti, questo impianto sorgerebbe a circa 200 metri da quello etilene della Polimeri Europa (a quel tempo si chiamava Icam) che, nel maggio del 1985, scoppiò, andando completamente distrutto. Praticamente sorgerebbe all’interno della raffineria Erg Nord, nella quale si verificò il pauroso incendio del 30 aprile e del 1° maggio 2006. Detto incendio assunse proporzioni preoccupanti tanto che il direttore dello stabilimento attivò il P.E.I. (Piano d’Emergenza Interno) e dichiarò l’Emergenza Grandi Rischi Esterna, disponendo il fermo degli impianti. A seguito della comunicazione dell’Emergenza Esterna, la Prefettura di Siracusa attivò il “Piano dei Cancelli” con la chiusura sia delle strade che collegano il polo industriale con i centri abitati che la linea ferroviaria Siracusa-Catania. La Capitaneria di Porto di Augusta, da parte sua, intervenne per far sospendere le operazioni commerciali in atto e far allontanare dalla rada le 14 navi in prossimità dell’incendio.Infine, nel corso del 2008 si sono verificati non pochi incidenti nella zona industriale in cui dovrebbe sorgere il rigassificatore, di cui alcuni proprio nella raffineria Erg Nord nonché il crollo parziale del pontile vicino al sito destinato al rigassificatore. Dato il sito prescelto, anche un incidente non immediatamente catastrofico, avrebbe quindi buone probabilità di innescare un effetto “domino” che concretizzerebbe un rischio imprevedibile per gli insediamenti umani limitrofi. A tali conclusioni sono giunti anche i consulenti incaricati dal comune di Melilli, l’avv. Mario Giarrusso e il prof. Giuliano Cammarata dell’Università di Catania (il quale successivamente ha però espresso una posizione opposta, favorevole al rigassificatore).

GLI ATTI. Che il sito individuato abbia un grado di pericolosità tale da rendere improponibile la realizzazione di un altro impianto a rischio di incidente rilevante, quale potrebbe essere il rigassificatore, risulta assai chiaro dalla delibera n. 111 del 23/10/2008 emanata dal Comitato Tecnico Regionale per la Sicilia, notificata alla Erg, ai Comuni di Melilli e Priolo, alla Provincia Regionale di Siracusa, alla Questura e Prefettura di Siracusa, all’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, all’Assessorato Regionale all’Industria, al Ministero dell’Ambiente, dell’Industria e delle Infrastrutture nel novembre 2008.In essa si esprime un giudizio negativo sulle attuali condizioni di sicurezza dello stabilimento Erg (nel quale si propone appunto la costruzione del rigassificatore) e si sottolinea che non potranno essere prese in considerazione proposte che prevedano incrementi del preesistente livello di rischio.E poi, soprattutto, c’è un atto ufficiale, datato 26 novembre 2009, dell’assessorato regionale Territorio ed ambiente, a firma del direttore generale avv. Rossana Interlandi e del dirigente Antonino Cuspilici. Cosa c’è scritto in conclusione? “…per quanto sopra rappresentato, nell’ottica della prevenzione, della sicurezza, del contenimento e riduzione degli incidenti derivanti dai rischi prima evidenziati, si esprime parere negativo alla realizzazione dell’opera nell’area prevista dal progetto”. Un documento che “bocciava” l’opera. In nome della tutela ambientale e della sicurezza.

LA ZONA INTERESSATA. L’area nella quale si vorrebbe collocare l’impianto è, infatti, zona sismica di primo grado e in caso di terremoto qualunque precauzione tecnologica sarebbe inutile; è legittimo aspettarsi delle inevitabili perdite di gas naturale liquefatto che, con un evento sismico di proporzioni pari a quello del 1990, o superiori, troverebbero sicuro “innesco” nelle fiaccole sempre attive del petrolchimico, determinando eventi drammatici: con devastazione dei territori circostanti, possibili perdite di vite umane e scarico, in atmosfera, di abnormi quantità di tossici e cancerogeni che graverebbero sulla salute e sulla vita dei siciliani per decine di anni.Inoltre, la zona in cui dovrebbe sorgere il rigassificatore, assieme al porto di Augusta, è anche zona militare. Infatti in essa è presente una importante base della Marina Militare Italiana e della Nato, quest’ultima dotata di pontile proprio per attracco anche di sommergibili nucleari. Pontile Nato che verrebbe a trovarsi a non più di 200 metri dal pontile destinato alle metaniere e poco distante dai depositi militari di Cava Sorciaro (Nato e Marina militare Italiana). Pertanto tre grossi fattori di rischio che potrebbero malauguratamente sommarsi fra di loro: sismico, chimico-industriale e bellico.Infatti sia le navi metaniere con i suoi 140.000 m3 di gas liquido che l’impianto stesso, con i suoi tre enormi serbatoi di stoccaggio a terra da 450.000 m3, rappresenterebbero un target ideale per organizzazioni terroristiche. Ma non è finita: il gas naturale liquefatto arriverebbe al porto di Augusta su navi metaniere delle quali sono ben noti i pericoli, sia in fase di scarico, che in fase di navigazione. Tant’è che è interdetta la navigazione a qualsiasi natante attorno alle metaniere in navigazione ed all’interno del porto. La possibile perdita di una nube di metano, peraltro prevista come cosa normale nello stesso progetto ERG-Shell, a seconda della forza e direzione dei venti e della distanza dalla costa, rappresenterebbe un pericolo assolutamente incompatibile con la costante presenza di fonti di ignizione quali le torce del petrolchimico. Riflessi ulteriori, quindi, sarebbero la paralisi delle attività portuali.

ENERGIA IN SICILIA – Come dimostrano i dati regionali sulla situazione energetica della Sicilia, l’impianto di Melilli-Priolo è tutt’altro che necessario. La Sicilia, infatti, produce nelle sue cinque raffinerie una quantità di prodotti petroliferi finiti superiori al 45% del fabbisogno nazionale. Nell’Isola arrivano metano algerino e libico che solo in piccola parte serve per i consumi regionali; in Sicilia c’è quindi una sovrapproduzione di energia elettrica che, assieme al metano, per la maggior parte viene esportata nel resto d’Italia.

Inoltre, con la recente scoperta da parte di Eni ed Edison di alcuni giacimenti di metano al largo della costa siciliana, esattamente fra Agrigento e Gela, non appare ragionevole la costruzione di rigassificatori, mentre appare opportuna la scelta di sfruttare le nostre risorse e riservare maggiore attenzione alle energie rinnovabili e non inquinanti come il fotovoltaico e l’eolico.Altrimenti si produrrebbe un danno economico diretto che si concretizzerebbe a spese dei cittadini in quanto se da un lato, grazie alla delibera 178/2005 dell’Autorità per l’Energia e il Gas (art. 13 comma 2), lo Stato Italiano si impegna a corrispondere per venti anni ai gestori di impianti di rigassificazione l’80% dei ricavi di riferimento, anche in caso di inutilizzo dell’impianto (ovviamente il denaro necessario proverrebbe dalle bollette), dall’altro non va ignorata la circostanza che i paesi produttori di gas naturale liquido (paesi “liquefattori”) non hanno tanta disponibilità di gas da far fronte alle richieste dei 53 rigassificatori già esistenti su tutto il pianeta.E’ ragionevole, quindi, dedurre che i ben 15 rigassificatori progettati in Italia potrebbero restare a corto di rifornimenti mentre i gestori incasserebbero lo stesso gli utili derivanti dal dettato della citata delibera. A siciliani rimarrebbe solo il pericolo e il danno economico.

Analoghe considerazioni suscita l’argomentazione relativa all’uso del metano in sostituzione degli oli combustibili, al fine di ridurre le emissioni in atmosfera per il funzionamento degli impianti. Ma per detto scopo, se le aziende fossero state rispettose dell’ambiente, avrebbero potuto già da almeno venti anni, usare il metano che arriva via gasdotto o il singas che la Isab Energy (altra società del gruppo Erg) ricava dal “fondo del barile” invece di destinarlo alla lucrosa produzione di energia elettrica. Inoltre è convinzione comune che il problema dell’inquinamento dell’aria nel polo industriale si possa risolvere con l’ammodernamento degli impianti, con una saggia manutenzione programmata, con il controllo in continuo anche delle emissioni degli organoclorurati, come diossine e benzofurani e con il rispetto delle norme comunitarie e nazionali in materia.Altro aspetto che sottolineano comitati e associazioni è che in fase di rilascio della V.I.A. (Valutazione d’Impatto Ambientale) da parte del Ministero, non è stata tenuta in nessun conto la volontà popolare, espressa dal Comune di Priolo, con il 98,71% di “no” dei votanti alla realizzazione dell’impianto di rigassificazione. Sempre in fase di rilascio V.I.A. non è stato tenuto in giusto conto il D.M. LL.PP. (Decreto Ministeriale Lavori Pubblici) 9 maggio 2001, “Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante”.Nel complesso, quindi, questo lo scenario: in circa 15 chilometri di costa si affacciano tre raffinerie, diverse centrali termoelettriche, diversi impianti petrolchimici, un inceneritore per rifiuti speciali e pericolosi, un depuratore di acque reflue industriali, un cementificio, un impianto di produzione di calce, un impianto di produzione di ossigeno e azoto liquido. Malgrado l’esistenza di tanti stabilimenti vengono ancora proposti un inceneritore da 500 mila tonnellate/anno, un inceneritore di biomasse e una piattaforma polifunzionale per rifiuti pericolosi industriali. Niente male: l’augurio è solo di non doversene pentire, un giorno.


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