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Politica e “scelte forti”, Giuseppe Berretta e l’asse “Roma-Catania”
Pubblicato il 22 Dicembre 2012
Esempio di “opzioni passionali” e senza infingimenti: il “nuovo che avanza” ha questa cultura (nella foto Anna Finocchiaro, Giuseppe Berretta, Luca Spataro Pd)…di iena politica Marco Benanti
Diceva Marco Aurelio, uno che la sapeva lunga sugli uomini e il mondo: “di ogni cosa cogli la sua natura”. Insomma, la sostanza, quello che E’. Ecco, scendendo, trattenendo il respiro, dall’Olimpo di uomini come Marco Aurelio alla terra –magari sconnessa e piena di buche- della “classe dirigente” italiana e siciliana, cerchiamo di vedere cosa “archittettano” questi rappresentanti della suddetta “classe”, già lanciati da tempo sulle prossime scadenze elettorali.I più “divertenti” –per la involontaria carica di satira che esprimono- sono certamente quelli del centrosinistra, eredi degli anni Novanta, ovvero del disastro sociale e del vuoto pneumatico della stagione “Berlusconi-Prodi e affini”. Anni di promesse al vento, di arretramento delle condizioni di vita per molti, di mancate riforme (quelle vere per migliorare e non per peggiorare la situazione di tanti e non di pochi), di opportunismi diffusi. Questi del centrosinistra sentono ora “aria buona”.
Infatti, ad ogni crisi del centrodestra, puntuali come Trenitalia, spuntano fuori a ranghi sparsi, promettendo “cambiamenti”, “riforme” , “progresso” , con annessa tutta una campionaria di slogan pubblicitari, in perfetta sintonia –quanto a modalità di condotta- con l'”odiato” e sempre utile -come gli idioti- uomo di Arcore. Il loro “salvavita” di fatto: quando non sanno che fare o dire (capita tante volte) tirano fuori il “disco rotto” dell’antiberlusconismo, incassano quattro applausi e tirano avanti.Insomma, quando l’ “avversario” cade o sta male, i centrosinistri tirano fuori la testa, autocandidandosi al governo di qualcosa. Tradotto: con una metafora calcistica, quando il centrodestra è “fuori giri” e perde (da solo), loro “scendono in campo”, tentando di vincere. Magari a “porta vuota”. Potrebbero riuscire a perdere lo stesso, ma intanto ci provano.Come fa Giuseppe Berretta che è lanciato. Per cosa? Lo ha reso noto: per il Parlamento e la sindacatura di Catania. O per la poltrona di primo cittadino rossazzurro e di membro deputato. Insomma, una scelta precisa, determinata, perentoria, una “scelta di vita” si direbbe.Che vuole fare Berretta? “Correre” per le primarie democratiche, ma con un occhio sempre vigile a Palazzo degli Elefanti. Insomma, all’italiana: se perdo qua, vado là. Una “passione” travolgente, si direbbe: una decisione, meglio, presa con la calcolatrice. Nella migliore tradizione di uno schieramento che esprime da decenni una precisa cultura d’apparato: calcoli su calcoli del calcolo, decisioni prese dall’alto, democrazia declamata e negata nello stesso tempo, appartenenze, ricorso al cosiddetto “paracadute” (perdo qui? Vado lì).
Una cultura profondamente italiana, abbinata ad un “berlusconismo” appena mascherato nella pratica politica e negli stili di comportamento, fatti di ricerca di facili consensi, di applausi (“più applausi più democrazia”- questa la strana equivalenza di questo mondo di flash) e di fastidio persistente per il giornalismo, quello vero.In questo quadro, non manca poi mai un tartufesco “appello alle regole” quando qualcuno fa notare contraddizioni o altro. Nel caso di Berretta, ad esempio c’è un articolo del regolamento delle primarie che vieta nella sostanza le “doppie candidature” –al Parlamento e poi alle elezioni regionali e delle città metropolitane. “Catania non è una città metropolitana”- ecco la risposta dell’esponente Piddì. Punto. Da manuale. Formalmente ineccepibile.Ma quello che viene fuori è la volontà di stare sempre alla finestra, di calcolare tutto per decidere sulle convenienze del caso e del momento. Il contrario, insomma, di ogni scelta vera, di ogni sana passione. Precisiamo: non è solo Berretta così, ci mancherebbe. C’è tutta una “classe dirigente” e un “popolo” di molto interessati “appassionati cittadini” che si muove da anni e anni in questo modo, ritagliandosi piccoli “pezzi d’interesse”. Personale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, basta vedere lo stato reale –e non mediatico-truffaldino- della Sicilia e dell’Italia. Alla prossima puntata.





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