CATANIA – “Apprendiamo, con vero dispiacere, solamente dalla stampa – afferma il Segretario Provinciale Avv. Pietro Lipera – nonostante la nostra presenza in seno al consiglio metropolitano, di esser stati totalmente esclusi dal novero dei delegati che affiancheranno il sindaco della Città Metropolitana, Avv. Enrico Trantino, nella conduzione amministrativa dell’ente. Una sgrammaticata decisone politica, atteso […]
Sicilia, la resa dei conti: quando il caos è una strategia per tornare alle urne
Pubblicato il 25 Ottobre 2025
La politica siciliana vive da mesi una contraddizione stridente: a parole, tutto funziona. La maggioranza si dice compatta, il governo procede, i proclami si susseguono. Ma sotto la superficie, la realtà è ben diversa. Si muove un gioco sotterraneo, fatto di veti incrociati, correnti in guerra e ambizioni personali che attendono solo il momento giusto per esplodere. E se tutto questo caos non fosse casuale? Se l’obiettivo vero, non dichiarato ma perseguito con determinazione, fosse semplicemente uno: andare a votare?
Il governo Schifani: un castello di carte
Partiamo dal centro. Il ritorno di Sammartino nella Lega ha riacceso pretese politiche che sembravano sopite. L’ultimo episodio, il “caso Iacolino”, è solo l’ennesima scintilla in un clima già surriscaldato. Ma il problema vero è più profondo: Renato Schifani guida una regione senza avere la maggioranza nemmeno nel suo partito. Forza Italia è spaccata, e il presidente non ha i numeri per imporre un coordinatore regionale a lui fedele. A meno di non scendere a patti con Lombardo, il cui prezzo politico sarebbe insostenibile.
Un presidente ostaggio delle dinamiche interne del suo stesso partito non governa. Galleggia e si sostiene con incarichi di sottogoverno, nel migliore dei casi. E questo è esattamente ciò che sta accadendo: Schifani fa tutto tranne il presidente della Regione.
Fratelli d’Italia: tre anime, zero sintesi
Se Forza Italia balla, Fratelli d’Italia suona. Il partito più forte della coalizione si è trasformato in una riedizione della vecchia Democrazia Cristiana: tre correnti agguerrite, ciascuna con i propri interessi e le proprie strategie. C’è la corrente Galvagno-La Russa, che ha archiviato le difficoltà giudiziarie e ora fa pesare il ruolo del presidente del Senato nelle nomine dei sottogoverni. C’è la corrente Pogliese, la più radicata sul territorio, che non fa troppo rumore ma incassa poltrone e mantiene il controllo del gruppo, sempre pronta al voto perché sa di poter contare su una macchina organizzativa solida e ben strutturata. E poi c’è la corrente Musumeci-Razza, quella che non si espone mai direttamente ma che ha dato il via libera alla campagna contro Schifani. Non è un caso che Manlio Messina, ex fedelissimo oggi esterno al partito, sia stato “benedetto” pubblicamente da Musumeci durante la convention di Fdi. Il ministro lo ha lodato, lo ha incoraggiato a “tornare”. E come un interruttore azionato a distanza, Messina ha iniziato a contestare sistematicamente ogni comunicato del governo regionale. Ogni risultato annunciato viene smontato, ogni iniziativa criticata.
È la classica strategia del logoramento: indebolire Schifani fino a renderlo inservibile.
Lega e DC: vassalli e protettori.
Nella Lega di Sammartino non esiste margine per chi non gode della sua benevolenza. Il caso Cantarella, indicato come assessore nel suo comune e poi stroncato dal veto di Sammartino, è emblematico. Il Carroccio siciliano è un feudo personale, e ora ha avviato una campagna acquisti tra gli addetti ai lavori per rafforzarsi in vista di una possibile (auspicata) tornata elettorale.
La DC, dal canto suo, si è legata alla Lega con un apparentamento che la mette al riparo. Con Totò Cuffaro alla guida, lo spessore politico c’è. E in questa situazione caotica, i democristiani si limitano a guardare, consapevoli che nel caos generale possono solo guadagnare consensi.
Il vero obiettivo: le urne
In questo marasma, una cosa è chiara: nessuno dei protagonisti ha interesse a far funzionare davvero questa maggioranza. Le correnti di FdI sanno di essere forti e vogliono pesare di più. La Lega vuole consolidare il proprio ruolo. Forza Italia è paralizzata dalle sue divisioni interne.
E Schifani? Schifani è ormai un presidente senza potere reale. Andare a votare risolverebbe tutto. Permetterebbe a ciascun leader di riposizionarsi, di rivendicare la propria forza, di liberarsi dai vincoli di una coalizione che esiste solo sulla carta. Soprattutto, toglierebbe di mezzo un presidente che non riesce a essere tale, sostituendolo con qualcuno che sia espressione della sua maggioranza. Nessuno lo dice apertamente, ma tutti lo sanno: il caos attuale non è un incidente.
È una strategia. E l’obiettivo finale è uno solo: tornare alle urne. Prima possibile.
Iena che osserva.



Lascia un commento