“Un Pm da uccidere”: la voglia di “emergere” del mafioso Orazio Finocchiaro


Pubblicato il 23 Aprile 2012

Nuovi elementi nell’inchiesta –competente adesso la Procura di Catania- sul progetto omicidiario contro il sostituto procuratore della Dda Pasquale Pacifico. Ecco il “pizzino”…

di Iena Giudiziaria, Marco Benanti

Una volta i “giovani leoni” della “mala” catanese si “facevano strada” a colpi di omicidi colpendo i clan avversari e i loro capi. Erano i tempi in cui la mafia catanese aveva imposto il “divieto” di “toccare” uomini delle istituzioni. Oggi, a Catania, almeno stando alle emergenze investigative della squadra mobile coordinata dalla Procura della Repubblica, per “emergere” le “nuove leve” della criminalità ricorrono anche alla progettazione di delitti eclatanti, come quello di un magistrato.

Il caso è quello del Pm Pasquale Pacifico, sostituto procuratore della Dda , finito nel mirino di Orazio Finocchiaro, 40 anni, ritenuto figura emergente del clan Cappello-Bonaccorsi, in particolare della frangia dei “Carateddi” come vengono chiamati gli affiliati alla “famiglia” Bonaccorsi, divenuti da anni gruppo dominante nel traffico e nello spaccio degli stupefacenti, con guadagni esorbitanti. Finocchiaro ha una condanna per associazione mafiosa scaturita dall’ operazione “Revenge” contro il clan Cappello.

Oggi, in conferenza stampa, sono stati illustrati da investigatori, con il capo della “mobile” Giovanni Signer e inqurienti, in testa il procuratore della Repubblica Giovanni Salvi e il sostituto della Dda Giovannella Scaminaci, nuovi elementi contro Finocchiaro, cui è stato notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, proprio nell’inchiesta sul progetto omicidiario contro Pacifico. Nuovi “pizzini” sono stati acquisiti dagli investigatori, messaggi in cui Finocchiaro rivendica un ruolo di capo nel clan.

Ma chi li ha scritti questi “pizzini”? Finocchiaro ha negato la paternità, sostenendo che li avrebbero scritti persone che lo aiutavano a fare le domandine in carcere. Insomma, una “scrittura a sua insaputa”? Ma le indagini degli investigatori indicano proprio in Finocchiaro l’autore dei “pizzini”.

In carcere due capi “storici” del clan dei “Carateddi” come Orazio Privitera e Sebastiano Lo Giudice, ci sarebbe stato “spazio” per nuove “scalate” al vertice del crimine. Per il delitto eccellente, Finocchiaro avrebbe avuto -a suo dire- il “mandato” di capi della “famiglia”, ma in realtà questo “stare bene” non sarebbe mai arrivato. Agli atti del fascicolo contro Finocchiaro, quindi, sono stati acquisiti nuovi elementi di prova rispetto a quelli gia’ contestati nel marzo scorso all’indagato dalla Procura di Messina che era stata inizialmente investita della vicenda per ragioni di competenza.

Successivamente il gip della “città dello Stretto “ha trasmesso gli atti alla Procura di Catania per competenza, non avendo rilevato reati con persona offesa il dott. Pacifico. Insomma, non ci sarebbero elementi concreti, ma al massimo allo stadio ideativo, per profilare un reato contro la persona di Pacifico, per cui non rivestendo il magistrato il ruolo di persona offesa, l’ufficio requirente competente diventa Catania per il reato contro l’ordine pubblico di associazione mafiosa.

In conferenza stampa, il dott. Salvi ha altresì informato i giornalisti che davanti al Tribunale del Riesame c’è stata rinunzia da parte della Difesa di Finocchiaro per la prima ordinanza. Finocchiaro oggi è difeso dagli avvocati Giuseppe Marletta (che è anche assessore comunale ai Lavori pubblici nella giunta Stancanelli) e Francesco Strano Tagliareni.

Secondo l’accusa, Finocchiaro, durante la detenzione nel carcere di Udine, con alcuni “pizzini” aveva ordinato l’assassinio del magistrato per il suo impegno antimafia sulla cosca. A rivelare di essere stato incaricato da Finocchiaro di uccidere Pasquale Pacifico e’ stato l’ex collaboratore di giustizia Giacomo Cosenza. I messaggi venivano recapitati in carcere grazie a un detenuto comune che faceva da ‘postino’ tra Finocchiaro, sottoposto al 41 bis e gli esponenti del clan. “Fratello spero che riesci a scaricare tutte le pallottole su quel cesso che non deve vivere, brucia poi il biglietto”: questo il testo –inequivocabile nel suo contenuto violento e minaccioso- di un “pizzino” (nella foto) reso noto stamane dagli inquirenti.

Il dott. Pacifico ha, tra l’altro, coordinato l’operazione ”Revenge” della squadra mobile della questura di Catania sul gruppo emergente dei “Carateddi” capeggiato dal boss, ora detenuto, Sebastiano Lo Giudice. All’epoca emerse che la cosca aveva in progetto di aprire una sanguinosa faida con esponenti della famiglia Santapaola per ottenere il controllo degli affari illeciti a Catania, in particolare, il traffico di sostanze stupefacenti. Pasquale Pacifico insieme ai sostituti Giovannella Scaminaci e Francesco Testa ha lavorato anche nelle indagini che hanno permesso l’arresto del boss Giovanni Arena, ritenuto esponente di spicco di Cosa Nostra ed inserito nell’elenco dei 30 latitanti piu’ pericolosi d’Italia.


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