Antimafia, “operazione Ciclope”: nove fermi dei carabinieri


Pubblicato il 19 Settembre 2013

Conferenza stampa stamane (nella foto):

Associazione mafiosa, tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi, questi sono i reati ipotizzati che hanno portato al fermo di nove persone nelle province di Siracusa, Agrigento e Cremona. I carabinieri del comando provinciale di Catania guidati dal neo comandate provinciale colonnello Alessandro Casarsa, con questa operazione avrebbero interrotto una faida all’ interno di cosa nostra nei territori di Vizzini e Francofonte (Siracusa) dopo l’arresto del boss, Michele D’Avola.

Secondo quanto ricostruito, un gruppo di fuoco fedeli al boss, l’8 agosto scorso avrebbe tentato di uccidere Salvatore Navanteri, che cercava la scalata ai vertici della cosca, e che stava per attuare una ritorsione. Per questo motivo, la Procura di Catania guidata da Giovanni Salvi, prima del possibile avvio di una sanguinosa faida mafiosa ha emesso i fermi, nei confronti Antonino Alfieri, Alfio Centocinque, Salvatore Guzzardi, Salvatore Navanteri, Cristian Nazionale, Luciano Nazionale, Michele Ponte, Luisa Regazzoli e Tommaso Vito Vaina.

I particolari dell’operazione sono stati resi noti questa mattina durante una conferenza stampa dove era presente anche il nuovo comandante provinciale dell’Arma Alessandro Casarsa. Il capo della Procura Giovanni Salvi tiene a sottolineare che l’operazione di oggi e’ stata necessaria perchè “…temevamo omicidi e fughe degli indagati “- ha detto Salvi – spiegando il perché della richiesta del provvedimento d’urgenza insieme al sostituto Raffaella Vinciguerra.

Il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Alessandro Casarsa, ha sottolineato come “dalle indagini dei militari dell’Arma era emersa l’ipotesi reale di una ritorsione”. “Durante l’attività svolta questa notte, dice Casarsa- sono stati rinvenute armi e droga, qui stiamo togliendo dal mercato criminale delle armi irregolari, siamo intervenuti ora per evitare che la tensione salisse”.In particolare, il gruppo criminale di tipo verticistico si caratterizza per una ben definita ripartizione dei ruoli al suo interno che vede a capo il Navanteri, Vito Vaina e Antonino Alfieri quali luogotenenti e Alfio Centocinque il gestore della “cassa comune” che si avvale per lo svolgimento delle attività illecite della collaborazione di Cristian Nazionale e di Michele Ponte, quest’ultimo, secondo l’accusa, da sempre uomo di fiducia della famiglia Navanteri.Tra gli indagati emerge anche a pieno titolo la partecipazione di Luisa Regazzoli, moglie di Navanteri, la quale -secondo gli investigatori- non solo è al corrente delle dinamiche interne della consorteria ma agisce costantemente per favorirne ed attuarne le progettualità criminali.Le investigazioni, al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, hanno documentato una spaccatura all’interno del suddetto gruppo criminale generatasi a seguito dell’arresto del suo capo originario Michele D’Avola, raggiunto nel dicembre del 2012 da misura cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e detenzione illegale di armi, che ha determinato la mancanza di una leadership nel sodalizio.Le indagini hanno consentito infatti di dimostrare che Navanteri, una volta tornato libero dopo un lungo periodo di detenzione, ha inteso “impossessarsi” dei territori di Vizzini (CT) e Francofonte (SR) reclutando tra le sue fila anche appartenenti al gruppo del Michele D’Avola.Quanto sopra ha determinato una profonda crepa all’interno della compagine criminale originaria tra coloro che sono rimasti fedeli a quest’ultimo e quelli che, invece, hanno riconosciuto la nuova leadership di Navanteri.Le indagini hanno fatto luce in particolare sull’agguato di cui è stato vittima Navanteri l’8 agosto quando è stato fatto segno di un colpo di fucile calibro 12 che lo ha colpito ad un occhio mettendo in serio pericolo la funzionalità dell’organo. Nella circostanza, come emerge dalla attività d’indagine, il gruppo di fuoco era composto, secondo l’accusa, dagli indagati Salvatore Guzzardi e Luciano Nazionale, evidentemente rimasti fedeli a D’ Avola.Il provvedimento restrittivo di oggi, scaturisce dalla situazione di fermento determinatasi a seguito del fatto di sangue e dalle azioni preparatorie che il clan di Navanteri stava attuando per dare una “esemplare risposta armata” agli avversari così come emerge dalle intercettazioni.Nel corso delle perquisizioni sono stati ritrovati oltre 10 kg di marijuana suddivisa in panetti, bilancini di precisione, una pistola 7,65 con matricola abrasa e completa di caricatori, radio trasmittenti, denaro in contanti per una somma complessiva di 7.000 euro e documentazione varia. I fermati sono stati ristretti nelle case circondariali di Catania Bicocca, Siracusa, Agrigento e Milano.

 


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