Giudiziaria, Catania: “caso De Luca”. Sotto il vulcano arrivano inviati speciali direttamente dall’America. Per risolvere il vero dilemma: “follow the money or follow the master?”


Pubblicato il 01 Aprile 2015

Mattinata di grande spolvero al Palazzaccio di piazza Verga, dove…

di iena miricana

Grande ressa, stamani, a Palazzaccio di Catania: una confusione indescrivibile, più del solito. Nemmeno fosse arrivato il ministro di giustizia, è stato a lungo un dire e non dire, una “voce” che inseguiva una “voce”, un “corridoio” di “si dice che…”. Poi, si è capito tutto o quasi: si celebrava addirittura una udienza del processo, davanti ai giudici della terza sezione del Tribunale, al famoso Ignazio De Luca, già economo di una Ipab (cosiddetto ente di beneficenza, da cui è stato licenziato), successivamente diventato giornalista (con numerose collaborazioni con diverse testate). De Luca deve rispondere di una serie di presunti reati legati alla gestione di una Ipab appunto: in totale, secondo l’Accusa, si sarebbe appropriato solo di un milione di euro.  In attesa di trovarlo (il milione di euro appunto), l’udienza è servita per sentire una serie di testi dell’Accusa. Grande interesse in aula, come sempre accade in questi casi: a corroborare l’interesse è stata, però, la presenza improvvisa che ora vi sveliamo. Un retroscena sconvolgente. Che ha fatto salire la tensione, anche delle porte a soffietto del tribunale.

A Catania per  fare lo “scoop del secolo” sul “caso De Luca” sono sbarcati nientepopodimenochè Bob Woodward e Carl Bernstein. Il “duo delle meraviglie” del “Washington Post” erano presenti oggi -in incognito- in aula. Sono i vecchi del mestiere se ne sono accorti.  Bernstein ha raccolto per filo e per segno le parole udite in aula, mentre Woodward ha “tastato” sedili e quant’altro alla ricerca di “retroscena” sul caso giudiziario. In aula, nel suo solito aspetto trasandato e sovrappeso, c’era anche il direttore di ienesicule, anche lui alle prese con un caso importante: il riavvio elettronico del suo scooter. Parrebbe sia problema di fusibili.

Comunque, al di là di questi dettagli, mentre Bernstein e Woodward si affannavano a tirare le fila della vicenda (alla presenza anche dello staff del “Washington Post”), improvvisamente c’è stato un altro “colpo di scena”: l’arrivo direttamente da Bagdad di Peter Arnett e della sua troupe. Il noto giornalista, eroe del Vietnam e della Guerra del Golfo, si è imbattuto, ll’ingresso dell’aula,  nel direttore di ienesicule a cui ha detto: “hi man, do you know what’s the meaning of “follow the money”?  (“ conosci il significato di “segui il denaro?”). Una domanda senza risposta: lo “scooter”, come il Paradiso, non poteva attendere.

Dopo ore di udienza, alla fine, il famoso De Luca ha lasciato l’aula. Secondo talune voci avrebbe espresso un profondo dispiacere, misto a incredulità. In particolare, secondo fonti qualificate De Luca avrebbe lamentato l’assenza di telecamere sufficienti a seguirlo (almeno dieci), cineoperatori, cineasti, cineamatori, e cinesi.  E poi niente fotografi o quasi! De Luca avrebbe anche detto: “anche tu, direttore mi ha abbandonato! Sei diventato catanese pure tu.” (ma su questa frase c’è divergenza fra addetti ai lavori alla ricostruzione, mentre il direttore avrebbe ventilato l’intenzione di adire le vie legali per essere stato forse definito “catanese”).

Insomma, secondo De Luca, gli sarebbe stato riservato un “trattamento di serie B” quasi paragonabile ad un Raffaele Lombardo qualunque (non più presidente della regione sicilia, ergo meno oggetto dei sacrosanti strali dei “giornalisti della giustizia”).

Per fortuna, gli inviati -già “Washington Post”- soggiorneranno a Catania e in Sicilia a lungo: l’indagine giornalistica promette rivelazioni sconvolgenti e salite di tensioni. Tutto ruoterà –rivelano fonti confidenziali- sul dilemma della verità: “follow the money or follow the master?”. 

To be continued.

 


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