Giulio Giorello: la scomparsa di un grande filosofo della libertà e matematico senza steccati e la sua passione per Tex Willer


Pubblicato il 18 Giugno 2020

di Gian Maria Tesei

Ha sicuramente incarnato la figura di intellettuale completo, proteiforme, dal pensiero vivido e sempre giovane, la cui luce non si spegne con il suo abbandono delle spoglie mortali.

È deceduto il 15 giugno poco dopo un mese dall’aver compiuto 75 anni (era nato il 14 maggio nel 1945), nella Milano che gli ha dato i natali e che tanto amava, Giulio Giorello, filosofo di chiara fama a sua volta allievo del grande Ludovico Geymonat dal quale ereditò la prestigiosa cattedra di cattedra di Filosofia della scienza alla Università Statale di Milano.

Aveva affrontato con forza e vigore proprio le conseguenze in molti casi potenti del Covid 19, ospitato e curato dal policlinico milanese per due mesi, dopo i quali era stato dimesso per trascorrere la ripresa nella propria abitazione del capoluogo lombardo. Ma purtroppo dopo qualche giorno probabilmente i postumi della malattia (o l’indebolimento fisico) hanno infierito sulla salute del grande pensatore fino a rendersi egli stesso conto che non si sarebbe salvato, riuscendo almeno tre giorni prima di perire a convolare a nozze con la sua compagna Roberta Pelachin (non lascia figliolanza).

Personalità particolarmente legata alla conoscenza in goni sua declinazione anche nelle sue espressioni di confronto con differenti visioni, Il filosofo milanese credeva fervidamente nella necessità che qualsiasi materia od argomentazione, anche particolarmente complicate ed articolate, andassero svolte in modo da renderli facilmente comprensibili da qualsiasi interlocutore o lettore, affidandosi a quell’idea tipica della divulgazione per tutti tipica della scuola britannica.

Ed il suo legame con il mondo anglosassone si esprimeva anche attraverso l’amore per l’Irlanda ed i suoi miti e leggende, nonché le commemorazioni (anche a carattere culturale come il Bloomsday, che si tiene giorno 16 giugno)  a cui prendeva parte e che sentiva fortemente, come quella del 24 aprile, ossia l’<<Easter day>> (la rivolta di Pasqua del 1916 fatta dai repubblicani d’Irlanda per liberarsi dal legame con il Ragno Unito), a cui era intimamente collegato per la sua potente passione per la libertà(che egli aveva ampliato con gli studi su John Stuart Mill, per il pensiero liberal democratico del quale nutriva una profonda stima che si tradusse nel curare, assieme a Marco Mondandori, l’edizione italiana di “Sulla libertà” del filosofo londinese)e la difesa degli oppressi.

Questa sua vocazione a sostenere e tutelare chi è assoggettato o angariato era affiancata però dalla sua benevolenza per il briccone e, volendo, il bandito e per chi ha battuto cammini differenti, per chi ha corso l’alea in prima persona e senza mediazioni alcune, in quanto tutto ciò quasi rappresenta l’evidenza della non indefettibilità della natura umana, che anche attraverso questi suoi aspetti può essere esplorata attraverso un percorso continuo di studio.

Pur nel massimo rispetto del pensiero altrui, Giorello aveva reso manifesto il suo ateismo, come nella sua opera del 2010, edita da Longanesi, intitolata “Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo”. Ma la sua spinta al confronto ed alla dinamica dialettica lo aveva indotto a relazionarsi anche con l’apice del clero in particolar modo con l’arcivescovo teologo Bruno Forte, con cui realizzò “Dove fede e ragione si incontrano?” nel 2006, e con il cardinal Martini, vescovo di Milano e mente stimata per le sue aperture di pensiero.

Oltre alla laurea in filosofia (i suoi studi in questo campo lo portarono tra l’altro a conseguire nel 2012 la vittoria al Premio Nazionale Frascati Filosofia – alla sua quarta edizione), conseguita nel 1968 all’Università degli sudi di Milan, aveva ottenuto tre anni dopo, nella stessa università, la laurea in matematica a palesare il suo interesse per l’ambito del pensiero e delle scienze umane e matematiche che lo avrebbe visto dedito ad altri segmenti dello scibile quali la bioetica, le neuroscienze, la mitologia, la psicologia evolutiva, la paleontologia, la fisica delle particelle, l’epistemologia e la bioetica e che lo avrebbero portato a ricoprire cariche quali la presidenza della SILFS (Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza) nonché la direzione della prestigiosa collana Scienza e idee di Raffaello Cortina Editore, animando anche le sezioni culturali del Corriere della Sera ed altri convegni culturali di grande spessore.

Giorello sapeva far collimare questo suo grande amore per la cultura con quello per la fantasia, che trovava la sua materialità nell’apprezzamento evidente per i fumetti, tanto da scrivere nel 2013 uno scritto saggistico, “la Filosofia di Topolino” (con Ilaria Cozzaglio) perché gradiva parecchio il mondo Disney e l’introduzione ad una narrazione della logica in forma di fumetto di Christos Papadimitriou e Apostolos Doxiadis (“Logicomix”). Ma il suo vero riferimento fumettistico era Tex Willer, ch’egli considerava un vero filosofo, visto il suo animo da vero indagatore, anche per il suo essere un cowboy che, aveva rapporti d’amicizia con i pellerossa, ponendosi sempre a difesa dei deboli e vessati e contro chi li angustiava.


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