UN ANNO CON SALINGER, film con Sigourney Weaver e Margaret Qualley


Pubblicato il 23 Novembre 2021

di GianMaria Tesei

A caratterizzare le novità filmiche di questo novembre climaticamente particolare è l’affacciarsi nelle sale italiane di una realizzazione cinematografica che si immerge nel mondo della letteratura con grande delicatezza e finezza, ossia “Un anno con Salinger” ( My Salinger year), pellicola che traspone filmicamente il romanzo autobiografico di Joanna Rakoff grazie alla regia di Philippe Falardeau ed alle interpretazioni di Margaret Qualley e Sigourney Weaver.

La Rakoff, attualmente memorialista e scrittrice statunitense, dopo avere atteso agli studi di letteratura inglese in Ohio presso l’Oberlin College, tra il 1990 ed il 1994 e, sempre nello stesso ambito umanistico, dopo avere fatto un Master all’University College London in Inghilterra, approda nel 1995 in una delle agenzie letterarie più note e dalla storia più longeva di New York, la Harold Ober Associates. L’esperienza che vive nell’anno trascorso lavorando in questa agenzia diviene il nucleo centrale del suo testo di memorie, ossia “My Salinger Year”, pubblicato nel 2014 (libro su cui si è adagiato il film omonimo di Falardeau) che nella carriera della Rakoff , fatta di collaborazioni giornalistiche con testate prestigiose come il New York Times, il Los Angeles Times e Vogue, giornali con cui coopera tuttora, ed anche il San Francisco Chronicle, il Newsday od il Guardian, costituisce il secondo prodotto d’arte scritta dopo quel “A fortunate age” ( un’età fortunata, del 2009), che le aveva fatto guadagnare grandi consensi negli Stati uniti.

Il film, girato tra Canada ed Irlanda, prodotto da micro_scope e Parallel Film Productions, ha costituito l’evento del gala di apertura del 70° Festival internazionale del cinema di Berlino (per la prima volta guidato da Mariette Rissenbeek e dal direttore artistico Carlo Chatrian) uscendo nelle sale austaliane già a gennaio dell’anno corrente, per giungere in Italia l’11 novembre scorso.

La pellicola descrive sul grande schermo come le aspirazioni di una giovane donna ventitreenne che abbandona la prosecuzione degli studi intrapresi per entrare nel mondo della letteratura e diventare scrittrice incontrino, nell’agenzia newyorkese Harold Ober Associates (in cui lavorerà, come detto per soli dodici mesi) un mondo che, in vario modo, la connetterà ad alcuni personaggi per lei segnanti, con un grandissimo scrittore quale Jerome David Salinger a stagliarsi su tutti.

La giovane ragazza infatti svolge l’attività di assistente di un’agente letteraria, Margaret( incarnata da Sigourney Weaver) dotata di grande forza e personalità e che ha nel suo portfolio proprio l’autore de “Il giovane Holden” ( romanzo di formazione del 1951 che conferì a questo grande riferimento ispirativo della beat generation un successo assoluto, tutt’ora intramontato ed intramontabile), con il grande romanziere( che nel corso del film è il temutissimo “Jerry”, che appare attraverso le sue telefonate)ad essere caratterizzato da un’indole contraddistinta dalla volontà di isolarsi dai contesti sociali per stare lontano dalla mondanità, velandosi di una patina di anonimia, perseguendo un personale ritiro dalla società. Il ruolo di Joanna, interpretata da Margaret Qualley, sarebbe unicamente quello di rispondere all’enorme mole di lettere inviate all’illustre scrittore (che si incammina verso gli ottanta anni) unicamente replicando ad ogni missiva, scrivendo semplicemente che Salinger non desidera ricevere posta. Ma la profondità dei sentimenti che promanano ed effondono dalle lettere dei fan induce la protagonista a rispondere trasfondendo la propria passione per l’arte letteraria e la propria inventiva in risposte pregne di umanità, ingenerando, al contempo, sviluppi interessanti.

Joanna si trova in un contesto molto old style, fortemente voluto anche dal suo capo, incominciando inoltre nel frattempo una relazione con un libraio con velleità da scrittore e scoprendo pian piano un mondo composto da persone che gradatamente assumono la corporeità di alcune loro sfumature od atteggiamenti, con il tutto permeato da un’amabilità che, con delicata umanità, tinteggia una realtà narrata con dei colori, sia scenici che di pellicola, tendenti al rassicurante ed a un dorato calore.

Il film di Falardeau(director e sceneggiatore canadese che ha ottenuto un Orso di Cristallo nel 2009 al Festival di Berlino nella categoria Kplus per “C’est pas moi, je le jure!” e, soprattutto, una candidatura agli Oscar come miglior film straniero per “Monsieur Lazhar”, film del 2011 ispirato liberamente alla pièce “Bashir Lazhar” dell’autrice canadese Évelyne de la Chenelière) , mostra, per certi versi, degli elementi in comune e dei parallelismi con “Il diavolo veste Prada “ ( pellicola del 2006 con Meryl Streep ed Anne Hathaway), leggibili anche nel costante confliggere e confrontarsi tra due donne, l’agente letteraria e la sua assistente, portatrici , nelle loro differenze di età, visioni del mondo e vita, di una simile continua ricerca ed affermazione di autonomia in un mondo composto da personaggi bizzarri e stravaganti, con cui devono interagire.

In “Un anno con Salinger” però, diversamente dal film di David Frankel, si avverte, un ‘atmosfera meno animata da bellicosità ed impetuosità ed una volontà di fare avvertire una realtà che guarda con eccessivo attaccamento ad elementi del passato in un mondo che invece si sporge verso il futuro. Ed in questo contesto la Weaver ( che ha ottenuto tre candidature ai premi Oscar rispettivamente nel 1987 come miglior attrice per “Aliens – Scontro finale”, nel 1989 come miglior attrice per “Gorilla nella nebbia” e, sempre nel 1989, come miglior attrice non protagonista per “Una donna in carriera”) rende perfettamente un personaggio che cela varie insicurezze, anche sul suo lavoro, schermate da una potente algidità ed alterigia che fanno da contrappunto bilanciato ad una viva generosità e profondità d’animo di Joanna, espresse con grande abilità dalla Qualley ( interessante attrice e mannequin americana che ricordiamo, tra l’altro, in “C’era una volta a… Hollywood” di Quentin Tarantino), regalando un effetto complessivo interessante e significativo.

 

 


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