Una piazzetta per il Presidente Scidà: e per fortuna la borghesia stracciona restò a casa


Pubblicato il 04 Gennaio 2023

Mentre i catanesi e i loro “gruppi dirigenti” sono ancora indaffarati in conti, bolle e incarichi di sottobosco, in città clamorosamente il comune, su sollecitazione del consigliere comunale del M5s Graziano Bonaccorsi, ha addirittura deciso di intitolare una piazzetta al Presidente Giambattista Scidà. Chi era Scidà? Trattatasi di figura di “esule in patria” nel suo lungo percorso in magistratura fino alla Presidenza del Tribunale dei Minorenni e nella sua vita di ogni giorno, in mezzo a tanta stima, ma anche all’odio dei rappresentati del sistema di Potere catanese. Avversione comprensibile alla luce dello smascheramento della “rapina sociale” perpetrata da questa borghesia stracciona, ingrassata incarico dopo incarico, facendo incetta di denaro pubblico e depredando così oltre metà città, la cosiddetta “Catania a rischio”. Questo pezzo di città reagì ai tempi di Scidà (deceduto nel 2011) e reagisce ancora tentando l’assalto alle “persone perbene”: di fatto una malavita di massa. Grazie alla borghesia stracciona, di “destra”, di “sinistra”, di “centro cattolico”, persino di “impronta liberale”(?), unita in una consociazione fatta di piccoli e grandi legami, che durano da decenni, in un intreccio infinito di favori, speculazioni, scambi di tutto. Vedi link sotto

Anche per questo non stupisce che stamane, ad Ognina, nella piazzetta dedicata al magistrato, in occasione della cerimonia ufficiale organizzata dal comune, a mancare sono state le facce -squallide e lugubri nel loro infinito cinismo- di questo Potere straccione. Niente “politici d’alto bordo”, niente Cavalieri e Avvocati del “salotto liberale”, niente “comunisti a corte di Mario Ciancio” (“l’editore liberale” della città). E ancora: nessun rappresentante della Procura della Repubblica di Catania, né dei suoi corifei, nessun Magistrato Impegnato (a sponsorizzare libri). Di intellettuali manco a parlarne. Niente, solo qualche esponente delle istituzioni, quelle stesse istituzioni che furono troppo spesso contro e non con Scidà nelle sue battaglie per un’altra Giustizia, contro le “manette per gli scippatori” che la borghesia stracciona e i suoi portatori d’acqua colorati di quasi ogni colore politico ha continuato a richiedere ad uno Stato forte con i deboli e vile con i potenti e con le camarille della Magistratura Associata, con la sua propaganda da impiegati statali. Propaganda che, non a caso, continua a ricevere ampi spazi sul giornale locale e su i suoi eredi mediatici.

“…Il prefetto Librizzi -recita il comunicato del comune di Catania- ha ricordato come Scidà, tra l’altro, sia stato “un presidio di legalità, antesignano nelle denunce contro la criminalità organizzata a Catania”. Il Commissario Portoghese ha sottolineato “l’importanza di gesti come questa intitolazione, che vanno spiegati ai più giovani perché riguardano personalità esemplari. E’ un bene che Scidà sia già stato ricordato anche in altri comuni della provincia e dall’Università di Catania coi laboratori promossi dal professore Pioletti…”

Aggiungiamo noi: Scidà, dal suo osservatorio al Tribunale dei Minorenni, vedeva tanto altro. Vedeva il “pugno di ferro” contro gli scippatori a fronte di un “fiume di denaro pubblico” che puntualmente finiva nelle tasche dei privati. E la cosiddetta “giustizia”, ingabbiata nella sua lobby di comando targata Unicost (a proposito, è cambiato qualcosa?) tardava sempre ad arrivare, a controllare, a vigilare… Insomma, il “Caso Catania”. Chissà oggi? I fatti dicono che il comune di Catania è addirittura fallito e ancora sulle relative responsabilità gli “schieramenti alternativi” (una pantomima che dura da decenni fra presunti avversari, capaci di trovare punti di intesa immancabilmente sulla “roba”) della politica catanese litigano. Al di là del dato giudiziario (con un processo ancora in corso), la città ha “ingoiato” tutto, anche questo, con il suo smisurato cinismo.

Risultato di un simile sistema? I livelli di povertà e di marginalità sociale sono sempre altissimi (l’evasione scolastica è al 22%, interi quartieri vivono di droga ed elemosina, in tanti, anche in “zone bene” vivono di fatto reclusi in una povertà crescente). La “proposta” che arriva puntuale è semplice: privando le fasce povere di Catania di ogni servizio, di ogni speranza di futuro non resta che l’arruolamento nelle cosche. Insomma, un “modello di rapina sociale” ben oleato, in una città sudamericana, abituata all’ossequio a quelli “del salotto bene”, una compagine di straccioni che continua ancora oggi ad “allevare” un ceto politico di infimo livello.

Meglio, insomma, che alla fine solo poca gente comune (impegnata adesso a tutelare il bene pubblico contro eventuali privatizzazioni, vedi caso del Molo di ponente di Ognina) abbia voluto ricordare Scidà: ai familiari noi nel nostro piccolo diciamo di vigilare. Che la memoria del Presidente non venga manipolata o peggio monopolizzata dai soliti circoli della “caserma antimafiosa”. Funzionali, oggi come non mai, al Potere.


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