A Palermo si risparmiava sulla pelle dei malati di tumore. E’ l’ipotesi per la quale procede la Procura di Palermo. Intercettazioni shock in una clinica


Pubblicato il 01 Ottobre 2011

ClinicaViene la pelle d’oca solo a pensare di rileggere alcuni spezzoni delle intercettazioni ambientali, inizialmente diffusi dall’edizione palermitana di Repubblica, realizzate all’interno della clinica Latteri di Palermo dai carabinieri dei Nas, su ordine del sostituto procuratore, Amelia Luise.

Secondo l’ipotesi investigativa si tendeva a risparmiare sui malati di tumore che eseguivano sedute presso la clinica in “day service”. Così, in riferimento alla sommistrazione del disintossicante Tad, al termine delle pesanti sedute di chemioterapia, ecco cosa hanno intercettato i Nas: “Glielo devi fare, ma che fa scherziamo? – dice una dottoressa – il paziente si vomita, si disidrata“. E chi gestisce la struttura sanitaria le replica seccamente: “Allora non hai capito che la prassi che fai tu costa alla clinica duecentocinquanta euro e quello mi dà cento euro”. “Quello” sarebbe l’assessore alla Sanità regionale, Massimo Russo, autore della riforma diretta a contenere i costi della Sanità, da anni fuori controllo.

?L’indagine sulle cliniche private palermitane prende il via su iniziativa dei carabinieri che cominciarono a monitorare la gestione, dal 2007 al 2010, delle case di cura Latteri, Maddalena e Noto.

E sono tanti altri i fatti oggi passati sotto la lente d’ingrandimento della Procura. Decine di pazienti, per esempio, hanno pagato sulla loro pelle la decisione delle case di cura di tagliare terapie e farmaci nella speranza di abbassare i costi. L’inchiesta dei Nas ha portato alla luce lo scandalo della mancata somministrazione di Tad, il disintossicante generalmente dato a chi si sottopone alla chemioterapia, ai pazienti in day service, ipotizzando una truffa alla Asp di un milione e 200 mila euro.

Nel settembre del 2009 un paziente della clinica Latteri contatta il medico: “Sono rosso in viso, come se avessi delle vampate. Anche negli occhi, me li sento stanchi…”. E la dottoressa rispose: “Questo potrebbe essere un po’ legato al cortisone, niente di particolare. È un effetto transitorio che passa“. E il paziente replicò: “Eh, perché questa volta, per esempio, la Tad non l’hanno fatta. Non l’hanno fatta, non è stata fatta“. La dottoressa lo rassicura: “Vabbè, dico, Tad in ogni caso non succede niente. Lo può anche fare”. Qualche tempo dopo, i carabinieri sequestrarono la cartella del paziente e accertarono che aveva eseguito sei sedute in day service per sottoporsi a trattamenti chemioterapici e in quattro occasioni non gli era stato somministrato il potente disintossicante.

Si apprende, inoltre, che nel corso dei complessi accertamenti investigativi gli inquirenti furono costretti a intervenire, correndo il rischio di pregiudicare le indagini, pur di evitare conseguenze drammatiche ai danni di una paziente della clinica Latteri alla quale non sarebbe più stata somministrata l’albumina. E’ l’agosto del 2009 ed ecco cosa dice un medico alla responsabile della struttura:“…Siccome per dire questa sta facendo albumina, io non gli faccio altri 10 giorni di albumina che si spendono un putiferio di soldi a matula”. E la responsabile: “Nooo, infatti… “. Il medico: “Io magari ci scrivo in cartella che loro rifiutano di fare qualsiasi procedura e la terapia”. Secca la replica: “Di questo non ti preoccupare assolutamente”. Poi il medico si lascia scappare anche un “…loro sperano che muoia…”, che sembrerebbe riferito ai parenti del paziente. I carabinieri, su disposizione del magistrato, in fretta e furia si precipitarono in clinica, fingendo una ispezione, e sequestrarono anche la cartella della paziente. Ciò insospettì non poco i vertici tanto che agli atti ci sono anche queste ulteriori intercettazioni: “Sono arrivati per le cartelle e poi si sono indirizzati per questa…”. E poi: “..Io al telefono non parlerò più di nulla”.

Sotto inchiesta, a vario titolo, sono finiti diversi medici delle cliniche Maddalena, Latteri e Noto. Uno di essi è stato anche denunciato per esercizio abusivo della professione in concorso col direttore sanitario e il titolare della clinica: nonostante non si fosse mai laureato risultava in servizio come Internista. Tra gli indagati anche due medici che ufficialmente lavoravano in ospedali pubblici ma che, in cambio di denaro, dirottavano pazienti alla Latteri e alla Noto, sostenendo che nei nosocomi non ci fosse posto.

Una delle strutture sanitarie coinvolte ha già diramato un comunicato stampa per mezzo del proprio legale, l’avvocato Francesco Surdi: “In relazione all’articolo diffuso il primo ottobre dal quotidiano La Repubblica – Edizione di Palermo, i responsabili della casa di cura Latteri dichiarano che quanto riportato in merito alla mancata e/o ridotta somministrazione di farmaci ai degenti è destituito di ogni fondamento e frutto di un’arbitraria e fuorviante ricostruzione dei fatti. Precisano, inoltre, che ai pazienti ricoverati è stata sempre prestata, con professionalità ed umanità, la massima assistenza nel pieno rispetto dei protocolli terapeutici garantendo le somministrazioni di tutte le cure farmacologiche necessarie”.

Secondo il presidente degli oncologi italiani, quanto denunciato è  “grave e aberrante”, ma è anche l’effetto della “politica dei tagli”.

Sulla questione si registra la ferma presa di posizione dell’assessore regionale alla Sanità, Massimo Russo: “I fatti contestati, se confermati, sono di inaudita gravità e adesso vedremo se ci sono le condizioni per adottare fin da subito i consequenziali provvedimenti amministrativi, compresa la revoca del convenzionamento”.


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