BIANCO: DIETRO LA PROPAGANDA, GUAI GIUDIZIARI PER IL SUO ENTOURAGE


Pubblicato il 03 Settembre 2018

Il racconto fiabesco della propaganda bianchista “batte” da anni anche su una presunta diversità morale e politica del centrosinistra rispetto ad una destra che sarebbe “becera, affarista e arrogante”.

Una vera e propria balla da “Istituto Luce”. I fatti –non la propaganda e nemmeno i comunicati non firmati dell’ineffabile ufficio stampa di Palazzo degli Elefanti- indicano una realtà ben diversa: da tempo, attorno a uomini di vertice dell’amministrazione Bianco si dipanano vicende giudiziarie che, sebbene non siano giunte a nessuna pronuncia definitiva di condanna, ugualmente fanno sentire il “tanfo” della cattiva amministrazione, per usare un eufemismo. A parte inverse, cioè con un sindaco di centrodestra, sarebbe scoppiato un mezzo finimondo: ma un’altra “qualità” del centrosinistra in salsa bianchista è quella del doppiopesismo. All’italiana, insomma. Film già visto. Intanto, da Palazzo di Giustizia giungono nuove grane per l’amministrazione comunale. Dopo lo scandalo dei rifiuti (con uomini di stretta fiducia del sindaco ​come Orazio Fazio e Massimo Rosso finiti nei guai) di qualche settimana fa, adesso è la volta di un appalto del settore scuola.
Infatti, il dirigente del Comune di Catania Paolo Italia, di 55 anni, e Alfia Pina Aurora Patrizia Sciuto, di 57, sono stati rinviati a giudizio dal Gup del Tribunale di Catania Giancarlo Cascino, su richiesta dei Pm Monia Di Marco e Fabio Regolo, per turbata liberta degli incanti. Al centro dell’inchiesta una gara da 130mila euro per l’acquisto di “giochi da esterno”: Italia era responsabile della direzione Pubblica istruzione, Sport e Pari opportunità dell’Ente e presidente della commissione di gara, e Sciuto Responsabile unico del procedimento. Le indagini erano state avviate dai carabinieri dopo la denuncia di una ditta esclus, la “Green srl” che si è costituita parte civile nel processo. Per la Procura la società è stata esclusa “nonostante la corretta documentazione prodotta”. Secondo l’accusa il bando in alcuni allegati prevedeva schede tecniche dal “contenuto esattamente identico da quanto riportato” da un’azienda che partecipava alla gara. Per la Procura Paolo Italia in qualità (all’epoca dei fatti contestati) “di Direttore della Direzione Pubblica Istruzione, Sport, Pari Opportunità del Comune di Catania e Presidente delle commissione di gara – si legge nel decreto di rinvio a giudizio – e Aurora Sciuto in qualità di responsabile Unico del Procedimento e membro della commissione di gara avrebbero con mezzi fraudolenti turbato la gara” aggiudicata alla ditta Vastarredo Srl. I mezzi fraudolenti, citati dall’accusa, sarebbero stati quelli di riportare in alcuni allegati del bando schede tecniche dal “contenuto esattamente identico – sostiene l’Accusa – da quanto riportato nelle schede tecniche di prodotti commercializzati da una ditta del gruppo Vastarredo Industrie Srl”. Inoltre gli imputati avrebbero ostacolato “la partecipazione alla gara delle ditte partecipanti, richiedendo, pena l’esclusione dalla gara, attestazioni di conformità certificate da laboratori Sinal, ente di accreditamento non più esistente dal 2009”. “Il tutto – scrive ancora l’Accusa – al fine di individuare fin dal principio l’impresa aggiudicataria della gara”.
Mentre la difesa dei due imputati mostra sicurezza (““siamo sereni perché Anac ha valutato l’intera procedura e ha archiviato gli esposti della persona offesa. La gara e l’intera procedura sono state effettuate con l’assistenza di consulenti tecnici e legali del Comune che hanno supportato con i loro pareri tutte le decisioni dei miei assistiti.- commenta l’avvocato Salvatore Liotta, difensore di Paolo Italia e Aurora Sciuto – Siamo certi che nel corso del dibattimento riusciremo a smentire ogni accusa contestata e a dimostrare la totale regolarità delle procedure, così come già attestato dall’Anac”) non resta che annotare l’ennesima storia che da Palazzo degli Elefanti è finita in tribunale.
Le “strade” del Pm Regolo e del dirigente Paolo Italia si sono incrociate già in passato: come per la tragedia accaduta il 23 ottobre 2014 in piazza Cutelli, quando morì Patrizia Scarola, 49 anni, uccisa dalla caduta di una palma, mentre era seduta su una panchina insieme alla figlia 19enne. Imputati nel processo in corso, per omicidio colposo, sono Marco Morabito e appunto Paolo Italia, dirigenti del verde pubblico del Comune di Catania. Per l’accusa, rappresentata in aulla dal Pm Fabio Regolo, la caduta della palma è avvenuta non a causa del vento che soffiava in città in quei giorni, ma per una mancata manutenzione in una pianta colpita da punteruolo rosso. Ma non è finita: un altro rappresentante dell’amministrazione Bianco è finita al centro di una brutta storia (non legata comunque alla sua attività amministrativa). Si tratta di Maria Ausilia Mastrandrea subentrata, ad inizio gennaio scorso, al posto della dimissionaria Valentina Scialfa, all’assessorato alle politiche scolastiche. Per l’amministratore catanese pende la richiesta del GIP Giuseppina Montuori a che il pm disponga imputazione coatta, un provvedimento che tocca lei e la sorella per aver giurato il falso davanti al giudice dopo aver sfrattato una vittima di usura ed estorsione da un loro immobile. A presentare la denuncia contro l’assessore, l’avvocato Goffredo D’Antona, difensore di Vincenzo Giuffrida. Giuffrida è un uomo distrutto dalle circostanze: vittima dal 2011 di usura ed estorsione, ha perso la sua attività dopo che le proprietarie della bottega dove esercitava, le sorelle Mastrandrea, si sono riprese i locali pur consapevoli che l’uomo era stretto nella morsa dell’usura. La scelta dell’imputazione coatta per l’assessore è stata presa dal giudice per le indagini preliminari Giuseppina Montuori, dopo aver rigettato la richiesta di archiviazione del Pm. Le Mastrandrea, proprietarie di una bottega al centro della città, avviarono un procedimento civile contro Giuffrida che non pagava l’affitto al fine di ottenere la risoluzione del contratto e lo sfratto dei locali. Giuffrida affittuario, gestore di una attività di ricevitoria del lotto in quella bottega, era insolvente in quanto vittima di usura ed estorsione dal 2011. Le due pur essendo a conoscenza del fatto chiesero ugualmente lo sfratto. A seguito di alcuni lavori realizzati nell’immobile vi furono anche danni per il Giuffrida: macchinari rovinati, calcinacci, materiali edili residui, mancanza d’acqua e di luce che impedirono a questa vittima del racket di rilanciare la sua attività, già oltremodo vessata. In quell’occasione, nel 2015, le Mastrandrea avrebbero imposto al loro conduttore di firmare una scrittura privata nella quale “con una anomala ed inusuale clausola” si impediva al Giuffrida di sporgere denuncia nei loro confronti. Da tale documento i giudici hanno tratto le responsabilità delle due sorelle accusate di avere dichiarato il falso davanti al giudice in una precedente udienza del 2014.


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