PELLIGRA E LA “SINDROME CATANESE”: UN FILM GIA’ VISTO


Pubblicato il 09 Agosto 2024

Lo “psicodramma pallonaro” del Calcio Catania senza soldi per fare una stagione decente sta raggiungendo vertici impensabili. Per chi non conosce Catania.

In realtà, quello che sta accadendo è semplicemente in linea con quanto accade sotto l’Etna da decenni.

La “commedia” con i suoi atti si ripete, quasi come un automatismo quasi matematico: delle tre cose in cui “crede” il catanese (i soldi come “religione quotidiana”, Sant’Agata e il Calcio Catania) quello che lo appassiona per lunghi tratti dell’anno è l’andamento del pallone, una passione che addirittura gli fa prendere posizioni nette, cosa che in una città dove la regola è quella di “vivere nel mezzo” sa quasi di sovversivo, rivoluzionario, radicale.

Ebbene, quando arrivò Ross Pelligra accadde che l’entusiasmo fu subito traboccante (primo atto della commedia). Entusiasmo contro tutti e tutto, anche e soprattutto contro chi si era azzardato a scrivere o pensare in modo critico (costume che a Catania viene tradotto con la parola “attacco”).

A nostra memoria, pochissimi furono i giornalisti che fecero questo “azzardo” (“film già visto durante l’ “Era Pulvirenti”): ricordiamo Luca Allegra che fu presto oggetto di “attenzioni” che misero in evidenza il suo “codino” o la sua “fede juventina” . O peggio “comunista”. Insomma, roba che nemmeno al bar dello sport. Sul merito, ovviamente, poco o nulla.

La politica? Entusiasta, anzi capace di manovrare, come ha fatto la destra catanese, per favorire l’azione del “nuovo che avanza”, anche grazie ad una “corte di camerieri di Palazzo” da fare impallidire Luigi XVI di Francia.

Entusiasta pure la cosiddetta “imprenditoria” quel misto di “affittacamere” e di “utilizzatori” del denaro pubblico a fini privati, che secondo il catanese rappresentano davvero il mondo dell’impresa. Per non parlare delle “libere professioni” con le loro corporazioni che servono sempre a coprire il peggio. In nome della “colleganza”.

Non meglio, ricordiamo noi, andò a Matteo Iannitti e la redazione de “I Siciliani” verso i quali la “Catania degli uomini liberi” e “amanti delle Istituzioni” riservò commenti al veleno.

In generale, nulla di nuovo. Catania è un posto dove l’ esercizio dello “spirito critico” è visto con sospetto costante. E si capisce il motivo: in una città dove tutto ha un prezzo (la vita, l’amore, la fede politica, in generale le “scelte di vita”) e il prezzo varia da dal mattino alla sera, non è immaginabile un costume “bizzarro” come lo “spirito critico”. Insomma, di cosa volete parlare di libertà in mezzo ad un “commerciante dell’esistenza” come il catanese? Naturalmente, tutto questo avviene mentre la “sua” città naviga nei rifiuti e nella violenza.

Andiamo avanti: il secondo atto della “commedia” prevede l’entusiasmo immotivato. Tutto in base ai risultati del momento. Non si costruisce nulla, non si immagina che le vittorie sono frutto di lavoro costante e lungo, di sacrifici che durano anni.

No, il “commerciante dell’esistenza” bada al momento. E i suoi “giudizi” subiscono gli ondeggiamenti della sorte. Tradotto: il Catania va bene e già s’immaginano scenari da Champions, il Catania va male e subito la retrocessione è dietro l’angolo. Del resto, Pippo Fava diceva che i catanesi stanno sempre con chi vince, non “hanno tempo per i perdenti”. Insomma, stanno dove tira il vento, in linea con uno degli aspetti più meschini dell’italianità.

Questo atteggiamento mentale impedisce la comprensione reale, più profonda degli avventurieri che si presentano e fanno fortuna (o sfortuna) a Catania. Proprio sul “terreno” ideale del catanese: la scaltrezza negli affari.

Paradossi della vita, che colpisce anche i “furbi” che pensano di mettersi in tasca il mondo e dal mondo vengono puntualmente puniti. Si chiama più semplicemente “sindrome del piccoloborghese” di provincia, che sogna sempre una condizione migliore della sua, ma non avendo gli “strumenti culturali” per capire davvero il mondo, lo subisce.

Terzo atto: l’avventuriero o simili si mostra per quello che è, cioè uno che si è fatto i suoi interessi privati, più o meno alla grande. Sotto il naso del “catanese sperto”. Drammi esistenziali, crisi mistiche, ululati web, giureconsulti che fanno analisi filosofiche, giornalisti che riscoprono lo “spirito critico” (ammesso che lo abbiano mai esercitato…): lo “spettacolo” di questi giorni di fronte al “fenomeno Pelligra” sono uno spasso. E sono un film già visto.

Catanese, il mondo è molto più grande degli angoli della tua piccola città.


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