Storia della Sinistra italiana: dal Psi al Pci


Pubblicato il 05 Dicembre 2020

Il prossimo anno si celebrerà il centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia che ha segnato la storia della sinistra italiana nel Novecento. Questo movimento comunista che prese vita a Livorno il 21 gennaio 1921 dalla costola del Partito Socialista Italiano, giunse alla scissione al termine del XVII Congresso del P.S.I. L’abbandono della frazione comunista  avvenne dopo che l’avvento del comunismo in Russia e su sollecitazione del II Congresso del Comintern dell’estate del 1920, che fissò 21 punti da rispettare per entrare a far parte dell’Internazionale Comunista e che doveva portare all’annessione e alla scomparsa dei socialisti.
Sin dall’inizio ci fu una corrente del socialismo italiano che entrò in conflitto  e divergeva da questo percorso poiché non intendeva aderire all’internazionale comunista ma aspira alla propria autonomia.  Cominciò anche in Italia in tal modo la politica delle purghe e delle epurazioni professata  e praticata dal comunismo e ,infatti, all’interno di queste direttive internazionali vi fu l’esplicito invito a espellere gli esponenti del riformismo socialista. Su questa linea di difesa della tradizione del Partito Socialista si schierarono sia l’ala gradualista di Filippo Turati che i massimalisti che avevano la maggioranza all’interno del Psi. A settembre però l’ala sinistra del partito ottenne l’approvazione in Direzione di un ordine del giorno firmato che venne firmato da Umberto Terracini che propose di recepire integralmente i 21 punti, e si diede via libera all’espulsione dei riformisti. Si passò ai voti e questo documento fu approvato e nel contempo si coagularono le due frazioni principali che diedero vita al Congresso di Livorno .
La prima fu guidata dal comunista dogmatico e settario   Amadeo Bordiga, e la seconda dal comunista unitario di Giacinto Menotti Serrati .  Mentre la minoranza riformista e di destra del Psi con un convegno tenuto ad ottobre a Reggio Emilia, formò la frazione di concentrazione socialista. Le due principali aree della frazione comunista furono invece capeggiate da Amedeo Bordiga e Antonio Gramsci e questa  frazione dei comunisti riteneva che bisognasse dare alla classe operaia una guida radicalmente diversa dalla «tradizione pseudorivoluzionaria» del PSI e di costituire un nuovo organo, il Partito comunista, che doveva guidare la rivoluzione proletaria che si reputava imminente. In poco tempo Bordiga e Gramsci riunirono le forze del massimalismo di sinistra tentando di isolare i riformisti e a Milano nel 1920 firmano un documento che ottenne l’approvazione dei capi del comunismo sovietico  Zinov’ev, Lenin, Trockij e Bucharin ,i quali legittimarono questa frazione come l’unica che in Italia potesse fare parte  dell’Internazionale Comunista.
La mozione dei  comunisti puntava a fare scomparire definitivamente il Partito Socialista e la sua trasformazione in Partito Comunista eliminando tutti coloro che erano «contro il programma comunista del Partito e contro l’impegno all’osservanza completa delle 21 condizioni d’ammissione all’Internazionale».      Dunque si posero le basi per una scissione poiché questa mozione  aspirava a costruire un partito unico che si fondava sul modello del comunismo russo.  Al Teatro Goldoni di Livorno il 15 gennaio 1921 maturò la scissione anche se lo svolgimento dei congressi avevano dato la maggioranza agli unitari di Serrati con circa 100.000 voti, mentre i comunisti avevano ottenuto 60.000 suffragi e i concentrazionisti 15.000.
 
Tutto si svolse in un clima tumultuoso, di scontri  interni e di interruzioni con i delegati dell’Internazionale comunista che vigilarono e controllarono l’esito finale in modo tale che fosse garantito l’approvazione della mozione comunista e l’adesione al documento bordighiano. La situazione precipitò e persino i massimalisti di sinistra  plaudirono l’intervento in difesa della tradizione del riformismo socialista che venne pronunciato con orgoglio   da Turati, nel quale il vecchio leader rifiutò recisamente i metodi rivoluzionari  e  il mito russo. Nella mattina del 21 gennaio, dopo la proclamazione di risultati definitivi che ricalcarono quelli delle assemblee provinciali, Bordiga decise di formalizzare la scissione definitiva e il giorno dopo il giornale Ordine Nuovo diede la notizia della nascita del Partito Comunista d’Italia.
I delegati della frazione comunista uscirono definitivamente dal Teatro Goldoni e fecero il Congresso fondativo del Partito comunista al Teatro San Marco. Furono gli ultimi vagiti delle forze socialiste e comuniste che presero strade diverse  e che non riuscirono ad opporsi al nascente fascismo. L’ironia della sorte fu che questo nuovo movimento venne fondato qualche anno prima da un altro ex socialista rivoluzionario, Benito Mussolini. In pochi anni quest’ultimo divenne un dittatore , creando un altro mito illiberale il duce , che riuscì ad imporsi in un clima di violenza sostenuto dagli agrari e dagli industriali mettendo fuorilegge dal 1926 tutti i partiti e abolendo le libertà  previste dallo stato liberale.
Rosario Sorace.

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