Vittorio Gassman: i vent’anni dalla scomparsa del “Mattatore” del cinema italiano


Pubblicato il 04 Luglio 2020

di Gian Maria Tesei.

Il 29 giugno del 2000, ossia vent’anni fa, ci ha abbandonato una delle più importanti stelle del firmamento cinematografico italiano ed internazionale, uno dei pilastri della commedia all’italiana, assiema a Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e Marcello Mastroianni, ossia quell’immenso attore che è stato Vittorio Gassman.

Maestro assoluto di tecnica attoriale, con una formazione teatrale che risale ai primi anni quaranta quando attese agli studi recitativi all’ l’Accademia nazionale d’arte drammatica, incominciò ad erigere, grazie anche alla sua grande applicazione, quella figura di attore completo, con una struttura fisica significativa e non comune tra gli attori del momento, ed una capacità di adozione delle tecniche attoriali rara, con una dote mnemonica che egli aveva amplificato tanto da sentirsene sempre fiero. Ma anche l’uso della voce, condito da una dizione precisa e senza sbavatura alcuna, fu un vessillo che issò nel galeone delle sue doti, che attraversò tante decadi della storia italiana. E seppe adoprare il mezzo vocale, comprendendo come, soprattutto in ambito cinematografico, dopo aver costruito con attenzione l’impalcatura dell’interprete, che sfoderava abilmente a teatro, occorresse” sporcarsi un po’” per emozionare ancor di più.

La carriera teatrale dell’attore nato a Genova, lo vide impegnato in testi di grande livello come quelli di Shakespeare, Miller, Cocteau, Flaiano, con registi come Visconti o Squarzina, con personaggi resi indimenticabili, come Amleto od Otello, solo per citarne alcuni.

 A livello cinematografico la sua fisicità unita alla sua impostazione recitativa lo resero in una prima fase della sua carriera (principiata sul grande schermo nel 1945 con “Incontro con Laura”) e fino alla seconda parte degli anni cinquanta, adatto a personaggi da antagonista negativo, come in “Riso amaro”(1951) di Giuseppe De Santis con Silvia Mangano o pellicole in costume, fino a che Monicelli, nel 1958, ne”I soliti ignoti”, modificandone i tratti estetici con un naso posticcio ed adulterandone le perfette intonazione e parlata attraverso un personaggio tartagliante, gli schiude le porte di una carriera che poggerà anche sul comico , senza trascurare il drammatico.

E questa sua ampia e variegata disponibilità di generi venne trasfusa dall’attore de” La grande Guerra” (pellicola del 1959, sempre diretta da Monicelli con un compagno d’avventure meno strutturato di lui, ma sicuramente dal grande talento quale Alberto Sordi) nel programma televisivo il cui titolo rimase l’appellativo con il quale viene ricordato Gassman: “Il mattatore”. In questo programma tv l’interprete di “Profumo di donna” (celebre pellicola di Dino Risi che gli consentì di ottenere nel 1975 il premio per la migliore interpretazione maschile a Cannes e che venne riproposta come remake in “Scent of a woman”; con protagonista Al Pacino)sciorinò tutte le sue anime artistiche, dalla conduzione alla recitazione e tanto altro, significando ancora una volta il repertorio vasto di grande talento che lo contraddistingueva. Un talento che a livello internazionale, nonostante i prodotti filmici internazionali a cui partecipò, (in ultimo, in ordine cronologico, si ricordi la sua intensa, seppur non lunghissima, perfomance in “Sleepers”, nel 1996, di Barry Levinson) non ha ottenuto il giusto riconoscimento, fors’anche per la sua incapacità di accettare ed adattarsi appieno al mondo hollywoodiano, imputando, consapevolmente, solo a sé stesso la mancata affermazione assoluta a livello mondiale.

In realtà la sua personalità era un miscellaneo ben organizzato (almeno a finché non fu preda della depressione) di precisione, introversione e timidezza, ben celate in pubblico e sulle scene anche grazie ad una severità, un essere molto diretto ed egocentrico che lo spingeva addirittura a riprendere i figli che lavorarono al suo fianco, anche pubblicamente. Ma la sua grande abilità a convivere tra stati d’animo differenti, oscillanti anche tra il suo essere un po’ intimorente ed al tempo atto a creare sagaci ed a volte ciniche battute, frutto anche della sua vasta cultura, trovò in momenti differenti della sua vita incrinature profonde che lo fecero piombare in una brutta depressione con la quale dovette convivere per un bel tempo. MA non gli mancò il sostegno dei figli (ne ebbe quattro Paola, Vittoria, Alessandro e Jacopo da quattro compagne diverse).

Come con la maggiore, Paola, attrice rinomata e consorte di un grande attore quale Ugo Pagliai, che era nata proprio il 29 giugno, stesso giorno e stesso mese della data del decesso del padre e che del padre fu erede artistica (peraltro svolgendo negli ultimi anni della vita del “mattatore”un ruolo quasi da madre per lui). Come lo fu Alessandro, che forse più degli altri, godette del momento in cui Vittorio era, anche per età, più predisposto a svolgere il ruolo genitoriale e con il quale condivise momenti artistici, fatti di serietà e tante risa e complicità.

 E proprio ad Alessandro si deve un aneddoto relativo al cognome, in quanto Il padre di Vittorio era un ebreo ashkenazita-tedesco, il cui nome era con due “n”finali ossia Gassmann  mentre sua madre, anch’ella ebrea, ma italiana, si chiamava Ambroon anche se cambiò , per evitare problemi durante il fascismo , il proprio nome in Ambrosi . Ed anche se sui documenti di Alessandro e di Vittorio appariva la redazione corretta, dopo la seconda guerra mondiale Gassmann-padre abbreviò il cognome sulle locandine di cinema e teatro, sottraendo una “n”, mentre proprio l’attore di Caos Calmo”, per rimembrare tutti quelli che hanno dovuto modificare le proprie generalità per non rischiare la vita, ha nuovamente introdotto la scrittura originale.

”Vittorio Gassman fu attore, non fu mai impallato. Purtroppo alla fine impallò sé stesso”. Così volle che recitasse l’epitaffio presente sulla sua tomba uno degli attori più grandi della cinemtografia italiana e non solo.

 


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