Benzina, gas, luce, rifiuti, acqua alle stelle: Catania a un passo dal baratro


Pubblicato il 13 Marzo 2022

DI GIUSEPPE BONACCORSI

Il ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, riferendosi agli aumenti di gas e petrolio ha detto che sono in corso fenomeni speculativi immotivati – in cui guadagnano in pochi a scapito di cittadini e imprese –   e non esiste una motivazione tecnica agli aumenti. E ha aggiunto che è necessario stabilire un tetto al costo di petrolio e gas oltre il quale non bisogna andare. Per questo si rivolge alla Unione europea.  La domanda sorge spontanea: perché non comincia lui stesso a pressare sul suo governo per provvedimenti immediati?

Ai cittadini, già preoccupati per la assurda guerra in Ucraina provocata dalla Russia e per il dramma dei profughi, importa anche che qualcuno si faccia carico di questi pesanti aumenti che stanno mettendo al tappeto la sopravvivenza di milioni di famiglie. Invece da due settimane non si sente altro che  parlare di viaggi dei ministri, col cappello in mano, alla ricerca di nuovi approvvigionamenti energetici in giro per il mondo, che per materializzarsi in fatti concreti richiederanno mesi, mentre le bollette stanno adesso strangolando le famiglie già in ginocchio dopo due anni di pandemia.

Eppure le speculazioni sulle fonti energetiche non sono cominciate adesso. Il fenomeno è in corso da alcuni mesi. Già prima che la Russia invadesse l’Ucraina le bollette per gli italiani erano diventate insostenibili. Il Parlamento non si è occupato già allora della tempesta perfetta che stava per abbattersi su tutto lo Stivale, impegnato in beghe e lotte di basso rangoo come lo stucchevole scontro per la nomina del nuovo presidente della Repubblica.

Un trattato grande quanto la Treccani ci vorrebbe poi per spiegare quanti <no> questo Paese è riuscito a pronunciare in questi ultimi anni per non produrre quel miglioramento energetico che in questo momento avrebbe permesso al Belpaese di avere un tantino la schiena più dritta. Negli ultimi anni sono stati portati avanti dinieghi anche per l’estrazione di un giacimento di gas che si trova nell’Adriatico perché una parte politica diceva che il depauperamento delle risorse del sottosuolo avrebbe potuto deformare il fondo del mare. Così il giacimento è stato sfruttato dalla Croazia. E che dire delle battaglie per la Tap pugliese che porta il gas dall’Azerbaijan? E’ stato un miracolo che sia stato portato a termine altrimenti forse oggi le famiglie italiane sarebbero state definitivamente attaccate alla “canna del gas”.

E poi c’è il caso del nucleare che è la peste nera per l’Italia mentre al di là del confine i francesi, a 50 km da Ventimiglia, producono energia in una grande centrale transalpina. Bene non produrre nucleare, ma per noi con quale alternativa?

Insomma questo Stato ha fatto di tutto per essere dipendente dall’estero nelle risorse energetiche e non ha fatto nulla o poco per intensificare quelle minime risorse che il nostro territorio offre. Non è riuscito neanche a incrementare le fonti energetiche naturali, il sole, il vento, con centinaia di progetti per il solare e l’eolico ancora bloccati dalla burocrazia.

Per non parlare del grano. Fino a pochi anni fa il granaio d’Italia, quello Ennese è stato dimenticato perché si preferivano i grani provenienti dal Canada e dall’Ucraina. Addirittura alcuni coltivatori hanno dichiarato, qualche anno fa, che sono stati pagati per non produrre. Adesso si fanno i conti con l’aumento esponenziale del grano alla tonnellata, ma per riprendere i raccolti negli Erei ci vuole coraggio e forti decisioni che ancora oggi la politica sembra non riuscire a prendere.

Quanto alla Sicilia e in particolare all’area del Catanese l’impressione è quella di ritrovarsi nella periferia delle periferie. Oltre alle bollette impazzite che colpiscono tutto lo Stivale, Catania deve fare i conti con quell’insipienza politica che ha caratterizzato gli ultimi decenni. Si prenda ad esempio la questione rifiuti. Mentre in altre aree del Belpaese esiste un servizio rifiuti da moderna città europea in alcune aree della Sicilia si arranca con una differenziata che non supera il 20%, in particolare nelle due grandi città metropolitane, Catania e Palermo, con l’aggravante che presto il surplus del 35% del rifiuto indifferenziato, per l’esaurimento di alcune discariche, compresa quella lentinese che serve Catania, potrebbe essere destinato fuori dall’isola con un salasso per le tasche degli utenti che a Catania pagano una delle Tari più care d’Italia per avere un servizio che dire scadente è un eufemismo. Addirittura sotto l’Elefante c’è poi il pesantissimo recente aumento del costo di discarica a tonnellata sempre per via della bolletta elettrica.

Ma al peggio non c’è fine. Sta per scoppiare per i catanesi un altro bubbone niente male, quello delle bollette dell’acqua. Già da settimane i presidenti e i direttori di Sidra e Acoset, le due aziende che servono la città e i paesi dell’hinterland, hanno lanciato l’allarme per il recapito di bollette dell’energia elettrica a dir poco assurde e insostenibili. <Il costo della luce è aumentato negli ultimi mesi del 400×100 – spiega il direttore di Acoset, Giuseppe Giuffrida -. Continuando così non sapremo come fare e si potrebbe prospettare una estate con razionamento>. Il sindaco pro tempore Roberto Bonaccorsi ha detto che <I governi regionale e nazionale devono farsi carico di questa situazione, perché far cadere gli aumenti di acqua e rifiuti sui cittadini sarà un disastro>.

Le due aziende idriche attraverso i suoi dirigenti hanno convocato per domani, lunedì, nell’aula consiliare di Catania un incontro con le forze politiche. <Forse la politica non ha ben capito quello che sta accadendo e che rischia presto di accadere – ha concluso Rizzo – E’ il momento che apra gli occhi e si assuma le sue responsabilità>.

Insomma benzina, grano, gas, acqua, rifiuti a costi alle stelle. Cosa si può volere di più?


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