Catania, il futuro è ancora a Destra? Torna a scriverci Iena nera


Pubblicato il 01 Novembre 2011

Ci scrive Iena nera e con piacere diamo spazio anche al suo punto di vista sulla scelta fatta da Raffaele Stancanelli di rimanere sindaco di Catania e, in generale, su quel che potranno essere gli scenari futuri per la città e la Sicilia. Ienesiciliane, negli ultimi mesi, è anche diventato un punto d’incontro e di dibattito aperto tra personaggi di primo livello nel panorama intellettuale, culturale e politico, nazionale e siciliano. Siamo orgogliosi di ospitare le opinioni di professionisti stimati e apprezzati, di radici e idee divergenti, come iena ridens, iena politica, iena nera, iena al pistacchio di Bronte, iena rossa e tante altre. Tutte esterne alla nostra redazione, ma che ci seguono assiduamente e infiammano il confronto coi lettori con argomentazioni di tutto rispetto. Il nostro spazio è aperto a tutti coloro che, nel rispetto degli altri, desiderino apportare un contributo ai dibattiti lanciati sui vari temi proposti dalla redazione. A presto.

Catania, il futuro è a Destra. di Iena nera

Nessuno, siamo sinceri, aveva mai pensato che Raffaele Stancanelli potesse decidere di lasciare il ruolo di sindaco di Catania. Lo indicava il buon senso e lo imponeva la real politic. Nelle ultime ore precedenti l’annuncio solo qualche solone del centrosinistra ha potuto pensare che l’epilogo della vicenda personale e politica di Stancanelli-sindaco potessero essere le dimissioni. In fondo, di fronte a una legislatura “in fin di vita” che senso avrebbe avuto non giocare fino in fondo questa partita?

Ma, proviamo a raccontare questa storia in modo diverso. Proviamo a scegliere la sfumatura che più ci pare essere convincente. Raccontiamo il non raccontato. Cerchiamo il chiaro-scuro. Da quando si è compreso che la prossima stagione elettorale si avvicina anche per Catania, il campo politico del centrodestra si è mosso di più di quanto non sia avvenuto nel campo avverso. Ed è proprio in questa chiave che bisogna provare a leggere la partita che ha giocato Raffaele Stancanelli (e che, sia detto con chiarezza, con lui hanno giocato Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri, i quali mai avevano chiesto al sindaco di rimanere a Roma…).

Non è un mistero che siano emerse – e tuttora permangano – tre diverse ipotesi per il futuro amministrativo della città: il secondo mandato Stancanelli, all’insegna della rinnovata alleanza con l’Mpa; il ‘rottamatore’ e deputato regionale Salvo Pogliese; il popolarissimo Nello Musumeci (tra tutti il più avvantaggiato dalla nuova legge elettorale). Insomma, una partita tutta in casa di quello che fu il campo della Destra politica catanese.

Non è dato sapere quale delle tre opzioni appaia come la più concretizzabile, ed è abbastanza scontata quale possa essere l’argomentata opinione di chi scrive. Ciò che si vuole, invece, provare a indagare è questa singolare condizione per la quale nel tempo in cui si evidenzia con sempre maggiore forza l’assenza di una Destra parlamentare e di governo capace di incidere, dominandole, le giuste politiche per garantire un futuro diverso alla Nazione, nel tempo in cui la diaspora finiana ha fatto perdere peso politico e contrattuale a chi nel Pdl entrò dalla porta di Alleanza nazionale, nel tempo in cui la scelta di una segreteria Alfano e il lavorio in corso per un post-berlusconismo all’insegna della Costituente popolare (quindi di centro), nel tempo in cui le politiche conservatrici di una Destra moderna paiono oggi più di ieri necessario strumento per ricollegare il capitale al lavoro e il popolo alla sua Nazione, mentre tutti questi elementi diventano oggetto di riflessione e speranza di soluzione, a Catania, nel centro del Mediterraneo, a Sud d’Italia e d’Europa, c’è uno spazio politico pronto ad essere riempito e occupato da tre esponenti della Destra che fu e che forse sarà.

Sia ben chiaro, sono diversi i tre e con i loro rispettivi ambienti politici se le danno di santa ragione da almeno dieci anni. Ricordavano, anzi, alcuni amici che proprio questa sfida a tre risale a un decennio addietro (le regionali del 2001, con Ioppolo a rappresentare Musumeci) e che lo stesso schema, con alleanza tra due gruppi contro uno si ebbe nel 2004, alle elezioni europee. È come se il tempo non passasse mai nelle case (e parrocchie) della Destra etnea. Direbbe il nostro amico che se la ride(ns) sulle colonne virtuali di questo giornale web, che è triste e fuori dal tempo immaginare la perduranza di scenari che risalgono a dieci e più anni fa. Eppure, noi la pensiamo con Nietzsche, e siamo sempre convinti che la dimensione del tempo futuro è legata a doppio filo con il tempo presente e quello passato. In fondo è la stessa concezione che Veneziani racconta nel suo “Elogio della tradizione” – e che Bernini ha lasciato scolpita nel marmo – nel raffigurare la scena di Enea che parte da Troia alla volta di Roma, portando con sé il padre Anchise e il figlio Ascanio ancora bambino. E, per chi crede nella conservazione come indicata da Prezzolini nel suo Manifesto, non è certo deprecabile lo scenario in cui le buone politiche vengono riaffermate, attualizzandone la portata e scolpendone i valori di riferimento.

È una tradizione di vittorie e successi quella della Destra catanese. E quando ha saputo mostrarsi compatta e unita attorno a leadership credibili e a politiche capaci di intercettare il consenso delle persone, i numeri elettorali hanno detto quello che non avrebbero mai potuto immaginare altrove. Quando più di un elettore su quattro sceglie un partito consegnandogli la palma di forza maggiormente rappresentativa (e anche questo è successo almeno tre volte nel recente passato), si può essere guida di una coalizione e non parte silente. Non sempre questo scenario si sarebbe ripetuto. Oggi i segnali di frammentazione (e qualche eccessiva miopia) sembrano non aver compreso cosa significhi aver immaginato uno sceneggiato i cui principali attori appartengono alla stessa tradizione.

Ci eravamo dati l’obiettivo di guardare da una diversa angolazione i fatti della prima settimana politica degna di questo nome e appena conclusasi nella città alle pendici dell’Etna. Lo abbiamo fatto evitando le polemiche, non attribuendo voti in pagella e senza ipotizzare scenari ultimativi: abbiamo cercato di offrire un punto di vista altro a quanti ancora oggi pensano che le sorti del futuro di questa città debbano passare per forza dalla volontà dei padroni del potere (un potere più vuoto perché adesso, come nel 1993-94, sarà chiesto ai cittadini di mettere un nome sulla scheda per consegnare la città alle loro speranze).

In più, non a caso Catania (e la Sicilia) sono state nel tempo pioniere di un voto di Destra che ha consentito a una intera coalizione di poter governare città, province e la Regione. Certo, quella Destra di allora commise errori imperdonabili, consegnò la Sicilia a Cuffaro e portò il cuffarismo e i suoi eredi odierni a tornare padroni nella terra dei bisogni. Eppure se c’è una strategia per immaginare una nuova Repubblica che superi l’incompiuta attuale, questa nuova strategia potrebbe essere elaborata proprio alle pendici dell’Etna. Chissà se sarà così oppure no…


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