Cronaca da un ferragosto siciliano


Pubblicato il 16 Agosto 2020

da Sua Eminenza Marco Spampinato

Se dovessi rispondere al pedante, disturbante quesito costante del social più in voga tra gli italiani dovrei farlo così, semplicemente: “A cosa penso? Penso che la Sicilia fosse méta di meraviglia e scoperta anche al tempo dei greci ed è anche questa considerazione che mi offre il metro per misurare la fortuna che ho nel vivere e operare in quest’isola”.

Non saremmo stati Magna Grecia, altrimenti; è talmente lampante. Lo insegna la storia. E viene ribadito finanche nei cartoni animati (di “Masha & Orso”, ad esempio).

Ma, spesso, non si ha cura per la memoria e certe realtà che ci circondano – beni naturali, storici, architettonici, paesaggistici -finiscono con l’essere banalizzate o non adeguatamente apprezzate. Restando in molti casi sconosciute ai più.

Avviene così ancora oggi, nonostante l’informazione e la comunicazione veloce di internet e addirittura dopo mesi d’isolamento forzato, dopo lo spauracchio – o la paura – generata dalla diffusione del Covid-19, il virus.

Anzi, siamo pure peggiorati ritengo.

Ricoveri, morti, prime cure, guarigioni, proseguo dei contagi, ricerca, vaccini, migranti, Europa, informazioni contrastanti tra diktat e decreti del presidente del Consiglio dei Ministri.

Siamo in Italia, nessun dubbio. Con le chiavi di lettura di Borges o Kafka.

Non si può far finta di nulla e bisogna avere rispetto per la salute personale e pubblica. Al contempo la voglia di vita, d’intensità è, e permane, una necessità insopprimibile, come l’aria che respiriamo, come il sentore di libertà che non possiamo perdere, al quale non possiamo sostituire null’altro.

Non amo particolarmente festeggiare per le occasioni da calendario che ci servirebbero per diversificare o “sfantasiare” come si dice a queste latitudini, non lo faccio da anni.

Ma due settimane addietro è un caro amico di decenni trascorsi, Salvatore Scrivano, chef, che riesce a “sfruculiare” la mia fantasia attraverso un invito tra il suadente e l’imprevedibile per un luogo evocativo che è parte del mio percorso.

“Caro Marco – mi dice in un messaggio vocale – ti consiglio sinceramente di fare parte dei nostri ospiti. Festeggeremo con una cena arricchita da musica retrò e, ovviamente, con i tavoli in terrazza. Lo sai dove, vero? Al Santa Tecla Hotel”. Baciati dalla brezza del mare, pensai. E poi, riflettendo, cosa c’è di meglio di una vacanza, seppur fulminea e breve soprattutto per un padre che si predispone al primo ferragosto assieme al pargolo?

Via la pelle da orso! Si va a Santa Tecla.

Dopotutto il ferragosto è una delle occasioni più indicate e specifiche da abbinare alle ferie, alle vacanze.

Anche se devi indossare la mascherina pure all’aperto, anche se devi scaricare l’app per vivere la Sicilia in sicurezza o, comunque, pure se è normale che si rispetti quello che una ributtante terminologia definisce qual “distanziamento sociale”.

È pur sempre ferragosto, che diamine! Ed è partito nel pomeriggio del 14. Ieri.

Questa giornata particolare nasce quale consuetudine tra gli antichi romani e viene ribadita nei tempi moderni e recenti ribattezzando per antonomasia la gita fuori porta di mezza estate, al mare o in montagna.

È l’occasione che contempla, anzi, prevede, un lauto pasto oltre ad avere l’obiettivo principale di spensieratezza assoluta.

“Spensierato” ritengo di non esserlo stato neppure da bambino per quanto l’infanzia fu agiata e sorridente.

Ma, di certo, posso organizzare in spensieratezza e morigerata allegria questa “gita fuori porta” adatta alle famiglie: così si parte da Catania alla volta di Acireale e di lì sotto fino all’ex borgo di Santa Tecla, ospiti dell’omonimo hotel. La vacanza, la voglia di rilassamento nel benessere, nelle coccole per la propria persona, nel meritato riposo di chi ha avuto l’opportunità di faticare (il che non sarebbe poco perché significa che c’è ancora lavoro o opportunità per la propria professione o mestiere) e nella mancanza di preoccupazioni che non prevede l’arrivo di ulteriori cattive notizie né contempla scadenze o costrizioni di sorta s’identifica proprio con il ferragosto.

Così, senza traffico riscontrato su una nazionale percorsa da pochi mezzi, in un pomeriggio caldo ma ventilato giungiamo al nostro luogo di destinazione, consapevoli, peraltro, che molte strutture turistico-ricettive di Catania e della provincia hanno fatto il pieno di prenotazioni e presenze proprio per questa settimana.

Non possiamo che esserne contenti pur sapendo che la stagione assai tribolata non è salva ma soltanto “addolcita”.

Così, derogando a una precisa scelta di campo, decido di rituffarmi in quell’attività che per quasi trent’anni mi ha visto impegnato, e soddisfatto, nello scrivere. Per la cronaca, per impegno sociale, per una maggiore comprensione degli eventi. Perché sono curioso di incontrare Andrea Giovanni Cavallaro che del Hotel Santa Tecla Palace è il titolare.

“Quello che vede intorno a lei – specifica subito dopo i convenevoli Cavallaro – è frutto del tangibile entusiasmo, e dell’abnegazione, di un personale che non si è mai fermato. Che è arrivato fin qui anche nell’incertezza della riapertura della struttura alberghiera; nel rischio di tardare con gli stipendi o, peggio, di non riceverne più”.

A poche ore dalla cena di ferragosto, attorno a noi comodamente seduti in fronte al Mare Jonio, è un via vai ordinato di collaboratori e camerieri, alacremente impegnati a sistemare gli ultimi dettagli per la serata che rimanderà al mito di Atlantide “Una civiltà sommersa ma che riaffiora, che riemerge dalle acque – riprende Cavallaro – un parallelismo che da anche l’idea di una Sicilia sofferente, che si stringe nei valori della sua gente migliore e nella voglia di riemersione, oltre la crisi, oltre le difficoltà sancite dalla chiusura e da tutto quanto derivante dalla pandemia”.

Anche qui il comparto del prodotto fresco e freschissimo diviene non soltanto tangibile ma necessario per una scelta di più alto livello e migliore logistica. “Diverse occasioni in questi mesi terribili riprende l’imprenditore – ci hanno oltremodo convinti che puntare sulla produzione locale, anche preferendo il pesce freschissimo qual è quello pescato del giorno, e locale, in esclusiva rispetto al prodotto semi-congelato (anche se siciliano) fosse una condizione essenziale per lavorare meglio offrendo, al contempo, alta qualità e freschezza ai nostri ospiti, una occasione di maggiore produttività ai pescatori e ai produttori locali”.

Il decantato chilometro zero che, in ascesa in Sicilia, sta fruendo dell’innalzamento qualitativo del comparto vitivinicolo ma anche ittico e delle produzioni specifiche: dal grano che diventa farina e pasta di grani antichi siciliani, agli allevamenti ovini e bovini, a frutta e ortaggio come all’olio dop è la nostra concreta speranza di isolani per visualizzare un futuro prossimo possibile. La nostra Terra è cultura, così come risorsa principale è il turismo e l’offerta culturale e culinaria della nostra tradizione.

 I preparativi per la festa dedicata al mito di Atlantide sono ultimati, gli ospiti sono pronti per la cena che offrirà a Salvatore Scrivano e alla sua brigata di cucina l’occasione di pregevole riscontro.

Condivisione e incontro, con grandi meduse illuminate a fare da coreografia, con fuochi d’artificio finali, come da tradizione con il promontorio della Timpa e l’Etna sullo sfondo quando il cielo è ancora illuminato dagli ultimi, fiochi bagliori di un Sole che, adesso, è altrove.

La nostra vacanza è tutta qui, uscita anche dalle sapienti idee e dalla creativa operosità della donna che sostiene l’impresa e anima la festa.

Noi, per una volta, spensierati; sorridenti senza nulla pretendere, coscientemente speranzosi in una ripresa attuale, possibile, tangibile.

Il 15 agosto è l’Assunzione di Maria in Cielo, un giorno non comune.

 

 

 

 


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