“Diamo l’esempio”. Un imprenditore catanese scrive al presidente della Regione


Pubblicato il 07 Settembre 2011

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Un imprenditore catanese, Giovanni Mangano, ci ha segnalato la missiva che ha inviato al Governo Regionale . In essa, con spirito costruttivo,  solleva questioni vecchie e nuove. Ve la proponiamo integralmente qui di seguito. Buona lettura.

Egregio Presidente,

le scrivo perché sono un cittadino speranzoso, ancora. E la mia speranza è che qualcosa possa cambiare nonostante tutto.

Mi rivolgo a lei, che ha fondato un movimento il cui nome faceva sperare qualcosa, a me e a tanti altri siciliani: Movimento per l’Autonomia. Dopo tre anni del suo governo, però, di autonomia ne abbiamo vista ben poca. Anzi niente (voglio citare soltanto la non applicazione dell’articolo 38 dello Statuto della nostra regione autonoma che prevede che le imposte riscosse rimangano in Sicilia; articolo che non è stato mai reso esecutivo). E non abbiamo visto neanche altro. Avevamo avuto fiducia, noi cittadini speranzosi, che lei avrebbe potuto davvero riformare il sistema della politica siciliana.

E invece… Ci aspettavamo che lei costituisse una squadra nuova, che si avvalesse di volti giovani e soprattutto nuovi, per avviare un corso diverso nella pratica del governo da quello esistente. E invece ha mostrato di credere che il modo migliore per ottenere consenso fosse quello di affidarsi ai “noti” e ai “vecchi”, cioè a coloro che già avevano pregiudicato lo sviluppo della nostra regione. Cosa hanno fatto questi signori per la politica italiana? E per la Sicilia nella fattispecie? Quali problematiche che ci riguardano direttamente hanno sollevato a Roma? Vorrei sbagliarmi, ma forse lei pensa ancora che andando dietro a questo indefinito schieramento potrà continuare a governare? A governarci?

No. Direi proprio di no. Oggi, dopo gli eventi degli ultimi mesi in Italia, in Europa e nel Mediterraneo, dovremmo aver capito che non è più possibile ottenere consenso con i vecchi strumenti del privilegio e delle offerte utilizzati finora; con le elemosine e i favoritismi, con i maneggi della casta e della cricca, insomma. Le faccio notare che mai come oggi, a livello nazionale, siamo stati cosi corposamente rappresentati da una schiera di ministri , sottosegretari e un presidente del Senato e non poteva andare peggio per la nostra terra.  Non deve dimenticare, Presidente, che domani, ma dico proprio domani e non dopodomani, quelli che andranno a votare non costituiranno più lo stesso elettorato che vi ha portato a governarci.

E questo per il semplice motivo che le persone più anziane, diciamo i nonni e le nonne, non andranno più a votare, schifate dai servizi inesistenti, dalle magrissime pensioni, e soprattutto dal vedere che figli e nipoti vivono oramai senza un futuro. Tutelati da nessuno. I nipoti, dal canto loro, proprio perché sdegnati per le stesse ragioni e con l’acqua alla gola, disoccupati o sottoccupati, non voteranno più per l’esistente, bensì per il nuovo, qualsiasi esso sia. I figli, infine, sono definitivamente delusi e stanno già grattando il fondo del barile senza accorgersi che lo stesso è già vuoto.

Insomma, egregio Presidente, volevo soltanto farle notare, con questa mia, se non se n’è accorto, che oggi ci troviamo davanti a una svolta politica obbligata in Italia e dunque anche in Sicilia. Con il solo vantaggio che essendo una regione a statuto autonomo, potremmo svincolarci più facilmente e chiaramente dalle scelte che si fanno nella capitale e magari diventare un esempio per tutta la nazione.

Qualcuno ancora potrebbe sperare in questi suoi due anni di governo a venire. Ma per sperare ancora ci vogliono le azioni, non bastano le parole. E adesso le dico quali sarebbero le azioni per ottenere subito un reale consenso dei cittadini siciliani come me, che oggi sono davvero tanti, stufi di promesse e chiacchiere, con il problema della sopravvivenza come lavoratori e come persone. Primo: eliminazione delle province, e non solo di alcune, ormai considerate da tutti un Ente inutile, e l’accorpamento dei comuni con meno di cinquemila abitanti, e non mille abitanti, cosi da poter essere noi un esempio per l’Italia.

Secondo: creazione di un fondo a copertura delle insolvenze da mettere a disposizione per le banche affinché queste siano più elastiche nei confronti degli imprenditori che oggi hanno bisogno di risorse economiche per rilanciare le loro aziende. Terzo: farsi promotore nei confronti del Governo Nazionale affinché si applichi una sospensione di qualsiasi contenzioso nei confronti dello Stato fino a Dicembre 2014 e possibilmente, visto che chi si trova in situazioni di contenzioso nei confronti di  IRPEF, INPS,  etc, è un soggetto che non riesce a pagare ma dichiarando ha espresso la volontà di pagare, rivedere i tassi di interesse che vengono applicati a coloro che pagano in ritardo (e parlo di sospensione di imposta amministrativa, non di condono).

Quattro: favorire le imprese siciliane, invece di guardare alle multinazionali o alle grosse imprese del nord, come spesso accade nel campo della Sanità. Anche perché, qualora fosse provato un reale risparmio nel tempo e se vuole le dimostro che questo risparmio non è reale, e se a questo si aggiungono zero introiti fiscali e perdita dei posti di lavoro, la somma è negativa per la nostra regione.

Aggiungo, forse erroneamente, che si potrebbe valutare l’ipotesi che le imprese che intendono investire in Sicilia, lo debbano fare con una ragione sociale locale.
Ecco, dunque, quattro esempi da proporre subito, domani e non dopodomani, ché il tempo sta davvero finendo, se già non è finito.

Egregio Presidente, questi quattro punti consentirebbero un risparmio nel settore pubblico e al rilancio della piccola e media impresa perché consentirebbe di investire quelle risorse in aumento di occupazione e ciò significa aumento dei consumi e di benessere e le assicuro che vale molto più in questo momento di una riduzione che pur va fatta della pressione fiscale. Lei caro Presidente si deve fidare dei cittadini siciliani onesti, e ce ne sono tanti, anzi tantissimi, che sarebbero disposti a sostenerla fin sotto il palazzo d’Orleans senza indugio, se capissero che finalmente è in atto una rivoluzione della politica; una rivolta pacifica fatta a colpi di riforme, al fine di garantire proprio quelle persone oneste che vogliono lavorare senza avvalersi di conoscenze e amicizie, che non vogliono approfittare del politico di turno.

Solo così lei potrebbe continuare il suo mandato, magari per altri cinque anni ed essere lei il protagonista di questa svolta siciliana e di questo nuovo modello per l’Italia. Signor Presidente, diamo l’esempio! Forse siamo ancora in tempo.
Giovanni Mangano
Imprenditore
Catania


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