Giudiziaria, Catania: In cosa & dove Raffaele Lombardo avrebbe “concorso”?


Pubblicato il 31 Ottobre 2016

di marco pitrella

Fossero almeno emersi “indizi gravi, precisi e concordanti” nel corso dell’appello; sembra, piuttosto, un J’accuse su quanto Lombardo avrebbe fatto, avrebbe detto, “avrebbe stato” (e rappresentato?) che nulla ha a che vedere coi delitti e con le pene.

Chiesti dalla Procura 7anni e otto mesi per un processo che quando non è un de relato (una testimonianza indiretta) può esser la deduzione d’un pentito o la sua “memoria a rate” (cit.) a far fede magistrAle.

“Nel corso della requisitoria molti punti della sentenza sono stati oggetto di profonda critica, mentre si è insistito sulle dichiarazioni di collaboratori come l’architetto Tuzzolino smentito da tutti i testimoni citati e accusato d’aver calunniato persino il suo avvocato difensore”, s’apprende dal comunicato stampa di Lombardo.

Del resto, “in più punti l’impugnante ha avuto ragione perché più volte in sentenza (di 1°grado ndr) vi sono stati letture e fatti non autorizzati da contesto probatorio”, l’ammissione del PM a inizio della requisitoria… però, chiesti 7anni e otto mesi.

Ragionevolmente di dubbi ce n’è d’ogni.

In principio il summit mafioso del 2003 con Don Raffaé nel ruolo di “sensale” fra le famigghie Ercolano & Santapaola. Il pentito La Causa l’avrebbe saputo da Puglisi e Maugeri (deceduto): “l’autista si riodda bonu di mia”. Da “leggenda” l’autista dell’ex governatore; non pervenuto. A dispetto delle chiacchiere, i riscontri stanno a zero.

Fra gli ipotetici rapporti “affaristici”, poi, quello con l’imprenditore Basilotta (deceduto)“costa” parecchio. Dei supposti 700mila euro che sarebbero stati versati a Lombardo – soldi che sarebbero dovuti andare a esponenti  “per la messa a posto” dei lavori al Pigno – non c’è traccia alcuna nei conti correnti di “Lombardo&CO.”. Nessuna telefonata in 8 anni d’intercettazioni (periodo dei lavori al Pigno compresi). Qualcosa c’è, in effetti: la fattura dei 108mila euro pagati da Lombardo alla ditta di Basilotta per l’esecuzione di lavori campestri nella campagna ramacchese. I conti non tornano; non sembra sia “tutto apposto”.

Nell’infondatezza il “sodalizio” con l’avvocato nisseno Bevilacqua, condannato per mafia ma nel 2003 ancora incensurato (era stato assolto in appello nel 1997). Nelle migliori tradizioni democristiane una richiesta di raccomandazione di Bevilacqua fatta pervenire a Lombardo per mezzo d’un terzo, Bonfirraro, tanto era “forte” il sodalizio, per un posto all’aereoporto che nessuna assunzione ha prodotto. In cosa abbia “concorso”, quindi, Lombardo non c’è dato sapere.

La stessa Procura di Catania infatti, proprio in relazione a Bevilacqua, nella richiesta d’archiviazione (perché di questo processo, nella fase delle indagini, fu chiesta l’archiviazione) sottolineò come non vi essendovi alcun accordo fra i due “le circostanze non possono assumere valore indiziario del delitto di concorso esterno in associazione mafiosa”. E ancora, una nota dei comando provinciale dei carabinieri di Enna e della DIA di Caltanissetta: “non appare provato il rapporto fra i Bevilacqua e il politico”.

Di che stupirsi? quando sul pare & sul si mormora il processo è costruito.

Il capitolo Mario Ciancio ne è un esempio.

Senza voler turbare l’ipocrisia della “Catania (per) bene”, basterebbe leggere la sentenza di proscioglimento di Mario Ciancio per rendersi conto di come non venga citato Don Raffaé a “collettore” degli interessi dell’editore de “La Sicilia” (non sarebbe comunque reato non essendo Ciancio stato condannato). “La sentenza Lombardo refluisce in questa sede”, scrive il Gip Barnabò Distefano. Nelle motivazioni che hanno portato al proscioglimento di Ciancio si pone l’accento, piuttosto, sulle mancate indagini riguardo “i possibile intrecci a livello amministrativo” si fanno i nomi di altri politicanti tutt’ora in auge […].  

“Qualora ciò non fosse sufficiente, le testimonianze di Mimmo il senatore Sudano, Nino Di Guardo sindaco di Misterbianco e Gabriella l’architetto Sardella (manuale di diritto amministrativo compreso) hanno escluso l’ex governatore da qualsiasi “vicenda cianciana”. A sentire i testimoni, pezzo dopo pezzo crollano gli “impicci lombardiani” su parcheggi, centri commerciali e villaggi degli americani mai sorti. 

In tema di “reato elettorale” – l’aggravante di un anno e mezzo richiesta dai Piemme – nomi di altri politicanti, a dispetto di quello di Raffaele, sono emersi in “Iblis”.

Nel bene & nel male, per ogni incipit non c’è mai l’epilogo.

Son tutti de relati, dicevamo, finché non sono i morti ad essere chiamati in causa. Ha del miracoloso, infatti, il “Rosario” (di) Di Dio: “Lombardo, nel 2003, mi chiese un incontro con Angelo Santapaola”; boss, guarda caso, passato a miglior vita nel 2007 che, come sopra, non potrà né confermare né smentire.

“Curioso” che Di Dio – di dissociarsi da “Cosa Nostra” non né ha avuto intenzione alcuna – abbia dato del mafioso ad un altro soggetto “il” Lombardo, appunto.

“Rischiai a vita e a galera”, il prezzo da pagare secondo Di Dio.

Dai 20anni ai 14di reclusione ridotti in appello, lo sconto magistrAle (è imputato nel medesimo processo “Iblis”).

Tra “il prezzo” & “lo sconto” passa solo l’inattendibilità.

Una redenzione in piena contraddizione quella (di) Di Dio: le intercettazioni a Lombardo fatte dalla Procura di Catanzaro, dal 2000 al 2007,  dimostrano, infatti, che l’ex governatore – “o almeno il telefonino” – non si trovasse nei luoghi del supposto incontro.     

Verba volant, scripta manent, specie nel pentimento ad personam.

“Incredibili” i pentiti dell’ultimo minuto. Stupefacente Nizza: “compravamo voti compravamo i voti con la marjuana”. Sempre di Nizza la memoria postdatata: “se questo politico (Lombardo ndr) sale avrai la pompa di benzina”, gli comunicò il fratello, a suo dire, tra il 2007/2008. Se ne ricordò poi due anni dopo, nel 2010: “come andò a finire? chiesi a mio fratello”; per non dimenticare l’ha riferito il tutto ai magistrati nel 2016. Nel pieno delle rateizzazioni mnemoniche, epico il finale: “avvocato mi sta prendendo la mala”. Con Scollo, anche fra i pentiti dell’ultimo minuto, arriva – immancabile – il de relato: “ero nella stessa cella a Bicocca con Mario Strano che, vedendo Lombardo in televisione, esclamò è manciataru, ha a che fare con i Mirabile”. Puntuale, nell’udienza successiva, la smentita di Strano: “Non ho mai parlato di Raffaele Lombardo nemmeno con una battuta ironica” e con “io votavo per il partito Radicale”… e così rottama “DC uguale mafia”.    

“Lombardo aveva interlocutori all’interno dell’organizzazione mafiosa?”, la domanda di Benedetti, legale dell’ex governatore. “No”, la risposta. Il “No” è venuto dall’avvocato Francesco Campanella. Non è un “qualunquemente” pentito Campanella, ex braccio destro di Nino Mandalà, boss di Villabate. E’ “Uno serio”, dunque. Uno che su mandato di  “Cosa Nostra” vestiva la maschera dell’antimafia.

La smentita si conferma – per l’ennesima volta – il leitmotiv processuale.

Quel “No” dice tanto, troppo. Eppure…

The Show must go on”. Entra in scena il “collaboratore in prova”, Tuzzolino: Svegliatosi un bel dì per s.o.s.tenere quanto Lombardo sia massone.

“Tuzzolinochi?”… “un millantatore, cocainomane che fa uso di alcol, uno che rompeva le macchinette del caffè dello studio per rubare le monete, frequentò mia figlia e vi furono episodi di violenza, spiega, in udienza, l’architetto agrigentino Calogero Baldo in udienza.

“Credeva che il mondo fosse governato da quattro coccodrilli travestiti da esseri umani”; di quale loggia? quella dell’inammissibile “loggica”.

In sintesi, questo è quanto.

      

 


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