Intimidazione o scritta sul muro? L’ultima “carnevalata” del Pd di Catania


Pubblicato il 01 Febbraio 2022

Ieri il Pd di Catania ha subito un “attentato”. Anzi non esattamente un attentato ma un’intimidazione. Anzi no, nemmeno un’intimidazione, ma un atto teppistico, o forse una semplice “bravata”. Insomma, ieri qualcuno ha imbrattato la facciata della sede provinciale dei dem con la scritta “Lorenzo Parrelli vive: Pd assassini!” accompagnata da una falce e martello. Un riferimento al giovane studente morto durante uno stage in una fabbrica, un chiaro messaggio contro l’alternanza scuola-lavoro voluta, in effetti, dal Pd. Subito il segretario provinciale del Pd Angelo Villari (che ricordiamo è il favorito nella campagna elettorale per le regionali in quota Pd Catania) ha annunciato di essersi recato in questura, assieme a Bruno Guzzardi, per denunciare il fatto, definendo la scritta sul muro nientemeno che un’intimidazione quasi in stile mafioso, paragonandola addirittura a quella subita qualche giorno fa dal presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava cui, come è noto, è stata violata da ignoti la segreteria politica. Insomma, Angelo Villari come Fava? Jacopo Torrisi come Mauro Rostagno e Bruno Guzzardi come Giancarlo Siani? Chissà, di certo c’è che il carnevale dovrebbe iniziare a fine mese.

Prontamente, i “quadri” del Pd locale si sono messi al lavoro sui social per denunciare il fattaccio e darsi l’autosolidarietà. Chiara Guglielmino, del Pd, è stata tra le prime ad autosolidarizzarsi: “Massima solidarietà e vicinanza al pd catanese per i fatti accaduti ieri”, ha tuonato su Facebook taggando otto persone. Francesca Alessandro, che di persone ne ha taggate ben 82, è stata ancora più ferma: “Andremo avanti con le nostre battaglie! Il Partito Democratico non si ferma!”, ha voluto far sapere sempre su Facebook. Bruno Guzzardi, che nel frattempo ha declassato l’attentato a “pseudo-intimidazione”, ha taggato nel suo post di autosolidarietà 62 persone, tra cui Enrico Letta, Peppe Provenzano, il Dalai Lama, Soleil, Bernie Sanders e il nuovo presidente cileno: “Nella giornata di ieri la Federazione provinciale del PD di Catania è stata colpita da vandali che hanno deturpato la facciata dell’edificio e rubato la nostra targa. Questo segue a ripetuti furti di bandiere ed altri piccoli – e assolutamente inutili – gesti pseudo-intimidatori”. Nel frattempo, tra i commenti ai post di Guzzardi, l’attentato è stato ulteriormente declassato ad “atto privo di senso”.

E che dire di Jacopo Torrisi, che su Facebook ha lanciato un messaggio inequivocabile contro gli ignoti imbrattatori: “Non ci fermerete, noi andiamo avanti!”, ha scritto. “Ma avanti dove, avanti con l’alternanza scuola-lavoro?”, ha chiesto giustamente a Torrisi sempre su Facebook, il docente “iconoclasta” Didier Pavone. “L’articolo non dice nulla – ha aggiunto Pavone – se la dichiarazione è “le minacce non ci fermeranno”, io comprendo che il Pd vuole andare avanti con l’aziendalizzazione della scuola. È italiano”. Pronta la replica di Torrisi, che nel frattempo ha declassato ulteriormente l’intimidazione a “scritta ingiuriosa su un muro”: “L’articolo non entra nel merito della questione – ha spiegato Torrisi – ma risponde ad una scritta ingiuriosa su un muro dicendo che non ci intimida. É italiano. É anche polemica ossia la tua ragiona di vita Didier. Ti abbraccio ”. No, non sono refusi nostri, quelli riportati nel virgolettato, Torrisi ha scritto proprio così: “Non ci intimida. E’ italiano”. Eh no, Torrisi, non ci intimida non è italiano, anzi è un vero è proprio “attentato” alla grammatica italiana.

A far notare che “intimida” non è, appunto, italiano, ci ha pensato l’influencer Debora Borgese che sempre su Facebook ha “perculato” Torrisi senza però mai citarlo: “Sia chiaro. La mia non vuole essere una manifestazione di saccenteria – ha chiarito Borgese – ma tutela del sistema cardiovascolare delle maestre di scuola elementare che leggendo una roba del genere rischiano senza dubbio un infarto come quello che stava venendo a me. Senza entrare nel merito della questione…”. I fatti, secondo Borgese, sono questi: “Esponente politico (del PD) e docente universitario di Giurisprudenza scrive “non ci intimida”. Ripeto: NON CI INTIMIDA!!! Professore, si dice “intimidisce”. INTIMIDISCE! Andiamo avanti. Sulla “è” (copula) l’accento è grave: “È” e non “É”. Adesso mi serve un volontario che traduca in italiano questa frase: “É anche polemica ossia la tua ragiona di vita”. Che cazzo vuol dire? No, professore, non è italiano, senta a me”.

Ma il vero “colpo di grazia” agli autosolidarizzati dirigenti del Pd catanese è arrivato dal pastore valdese Ciccio Sciotto che (anche lui) su Facebook ha scritto:“Paragonare una scritta su un muro contro l’alternanza scuola/lavoro a un vile atto di intimidazione mafiosa. Tipo dire che il green pass è simile ai triangoli gialli o rosa sulle divise degli internati”. Sbam! Un post al fulmicotone, con tanto di like del segretario di sinistra italiana Pierpaolo Montalto e con tanto di commento di Luca Pandetta (“ridicoli”) e di Valentina Costanzo che meglio non poteva sintetizzare: “Sul muro del palazzo di fronte al PD c’è pure un 800A (cio è “Suca”, ndr), un “Baciami Pinuccia” e un “Non studio non lavoro non guardo la tv”…come la mettiamo?! Uno sfregio, chiaramente”.

Ma la vera domanda è: non facevano prima a chiamare un imbianchino? Ma soprattutto: non farebbero meglio, quelli del Pd di Catania, a frequentare più i giovani e i precari e meno le questure? Magari capirebbero come sia possibile che esista ancora qualche “imbrattatore” disposto a spendere due euro di bomboletta spray per fare una scritta sul muro della loro sede.

Iena Plinsky.

 

 


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