L’EDITORIALE di Marco Benanti. Catania, la “città perbene” si lava la coscienza


Pubblicato il 22 Ottobre 2011

Secondo la vulgata “garantista” (all’italiana) attorno ai processi, che si fanno in aula, non deve “fiorire” iniziativa di sorta che possa –anche lontanamente- avere eventuali ricadute o effetti sullo stesso. “Principio” applicato alla lettera o a “fasi alterne”, soprattutto quando si muove l’establishment, insomma, quando ci sono “interessi forti”. Sotto l’Etna, la “legge uguale per tutti” e le “garanzie per l’imputato” sono enunciazioni di principio, o meglio aspirazioni dell’anima. La città esprime sé stessa nel suo giornale ufficiale: sbattuti, con foto e annessi dati, i topi d’auto, gli scippatori, i ladri da supermercato. Per i “colletti bianchi” e il loro “brodo di coltura”, invece, sempre comprensione, tatto, insomma…”garantismo all’italiana”.Catania sa proteggere il suo Potere e lo fa bene: usa tutti i mezzi possibili, in particolare usa i media. Come nel caso –terribile, drammatico- di Laura Salafia, di cui abbiamo scritto più volte sul nostro sito. Ieri sera, “Telecolor” di Mario Ciancio, il volto per antonomasia del Potere sotto l’Etna, ha dedicato al caso una trasmissione, con all’interno un’intervista alla ragazza. Su questo non diciamo nulla, per non cadere in banalità. Le immagini parlano da sole. Ma chi è stato invitato alla trasmissione? Fra gli altri, il Rettore Recca, il sindaco Stancanelli, l’avvocato di parte civile Carmelo Peluso. E l’avvocato dell’imputato? No. Perché? Lo diciamo subito: Andrea Rizzotti, imputato del processo, ha diritto, come tutti gli imputati, alla Difesa, come Costituzione garantisce. Il suo avvocato difensore esiste, si chiama Giorgio Antoci. Non è stato mai invitato. Perché “avrebbe già parlato”. Sì, ha parlato ai cronisti dopo l’ultima udienza, come aveva fatto già a giugno. Ha spiegato la posizione dell’imputato, senza mai diminuire il dramma prodotto da Rizzotti, ma aggiungendo che quanto accaduto è da inserire nel contesto di una città che fa paura, non solo per le pistolettate, ma per l’omertà, l’assenza di socialità, di rispetto per la vita e la dignità delle persone. “Quanto accaduto è lo specchio di Catania” ha detto Antoci. E come dargli torto? Come spiegare l’insondabile vuoto di valori, il pozzo senza fondo di violenza, nel senso più ampio del termine, in cui è maturata la tragedia del primo luglio del 2010. Una violenza che cova in contesti bestiali, in quartieri senza nulla, senza sport come senza cultura, in condizioni di vita da fare vergognare (se il pudore albergasse ancora da qualche parte), senza diritti e senza istruzione per difendersi. Questi sono i quartieri popolari di una città violentata. Violentata da chi comanda e impone le sue “soluzioni” ai nodi di fondo di Catania. Che città è Catania? E’ la città che a poche ore dal terribile evento si gira dall’altra parte (solo due ragazzi fuorisede diedero indicazioni agli investigatori per identificare Rizzotti): basta andare su youtube e vedere un filmato di Antonio Condorelli che propone interviste a persone sedute a pochi metri dal luogo della tragedia. Vedete e sentite quelle risposte, quell’omertà in serie: chi, allora, disse altro, insieme a Condorelli, fu oggetto di severo “rimbrotto”, con annesso “documento politico” della “sinistra rivoluzionaria”. In nome della difesa del quartiere “infangato”. Da chi? E da cosa? Da chi esprime una cultura primordiale, da un contesto di vuoto o da chi dice cose scomode?Insomma, c’è chi difende il “quartiere infangato” e chi difende il “buon nome”, i “giusti sentimenti” delle “persone perbene” di Catania: e la città e il suo establishment si autoassolvono. Per chi dissente c’è l’ “ammonimento” (senza nemmeno essere citati per nome e cognome, come nel “documento politico”) per chi passa da “bravo a cattivo” non c’è difesa, spiegazione, anche articolata, anche onesta, capace di non nascondere le responsabilità, ma anche senza ipocrisie. Solo condanna, punto. Tutto questo, secondo la città “perbene” non deve essere mostrato, spiegato: Rizzotti, il “cattivo” (custode-guida della Chiesa di San Nicolò l’Arena per volontà del comune di Catania, prima di diventare un “cattivo”, una sorta di “mostro”), improvvisamente spuntato sul palcoscenico del “male” va preso, condannato (alla pena massima, per cortesia, attenzione agli sconti dell’abbreviato….) e dimenticato in galera. Poi, si ricominci pure a violentare la parte più debole della città. In trasmissione, però no -lo abbiamo detto- Antoci non è stato invitato. Le sue parole, però, sono state commentate, liberamente. Insomma, parità di giudizio e di opportunità. Rizzotti non è “uno come noi”: che dice l’avvocato Antoci? Sottinteso? Che Rizzotti è solo una sorta di “pazzo”, improvvisamente spuntato dal nulla: l’autoassoluzione generale, allora, è immediata. L’avvocato di parte civile ha potuto anche spiegare che le parole di Antoci fanno parte di una strategia difensiva per lenire la pena. Clamoroso! Insomma, in mezzo a tanti disinteressati se non alla “verità”, c’è l’avvocato dell’imputato, del “male”, che infatti scompare dal “palcoscenico”. Dove deve trionfare il “bene”. In fondo la città “perbene” si doveva lavare la coscienza: il Rettore con il conto corrente e i diecimila euro, il sindaco con la rete di esperti….tutte brave persone, sinceramente unite per Laura. Peccato che nè Università, né Comune si siano costituiti parte civile. Recca, Magnifico, ci spieghi? “Ma mi è stato consigliato dal prof. Siracusano”. Insomma, aristocrazia forense con aristocrazia baronale.Peccato che durante le udienze il cronista abbia notato l’assenza della città, il vuoto della “società civile”, la strafottenza di tante “persone perbene” che mettono a distanza il “male”. Loro che sono coinvolti, più e peggio di Rizzotti. Coinvolti nella devastazione sociale e culturale, prima che urbanistica della città.Insomma, i “maestri” della moralità…all’italiana. Del resto, il sindaco Stancanelli ci ha spiegato che cercare di legare quanto accaduto alla società è al massimo una “perorazione” difensiva: ma Stancanelli è “giustificato”, la sua cultura “politica” è quella, nulla di nuovo sotto il Sole. Bisogna capirlo.E così nella patria del “garantismo all’italiana” ad una settimana dalla sentenza si può confezionare questo sereno e serio “contributo” alla giustizia e alla verità. Facciamo un esperimento: si adotti analogo condotta per le vicende di cui non frega niente a nessuno, per le vicende degli ultimi, quelli della “macelleria” giudiziaria quotidiana. Statene sicuri, troverete validi “paladini della giustizia” che vi soccorreranno…per portarvi al “patibolo” e lavare via il “male”.


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