Torna Ghino di Tacchino: metafore del Potere


Pubblicato il 01 Marzo 2024

Ghino di Tacchino.

Quanto faticano gli uomini del potere nel Liotru, trasognati e attendisti, utopisti e distopici, pragmatici e  idealisti , pieni di grazia e avidi amanti della lentocrazia, levantini quanto basta per non cagionare danni più del dovuto, la calma è la prima musa ispiratrice della polis politicante, approfondire, valutare, discutere, decidere poco o mai,   quando persino il podestà enrichetto non riesce a trovare il suo mago zurlì per risollevare l’urbis, è vicino al popolo per lunga tradizione di famiglia, papà ex monarchico, ex fascio, già tutore legale.

Ci viene naturale dire, non smentitevi per favore riconfermate la saga del già visto, chi occupa un piccolo trono resta sempre in attesa di prossime e future promozioni, la filosofia prevalente è quella di conservare comode poltrone senza far danni, cosi si vive meglio e più a lungo, anche oltre misura, al punto che poi si diventa miti da ricordare ai posteri. Quanti ricordi poi assalgono la mente di chi faceva (finta! )di fare la rivoluzione, tuttavia molto spesso si è  accomodato volentieri in cattedra, guadagno sicuro e conformismo assicurato, o di chi esaltava il ventennio rancoroso e rabbioso , e ora occupa il potere beato e contento, c’est la vie, i vecchi nemici si incontrano e si abbracciano nei dintorni dei palazzi, qualche volta a cena.

Quanti secchioni che giungono a ricoprire ruoli come  quelli ,per fare solo un esempio illustre, che al “Palazzo della Pupa” occupano scranni importanti, non si riposano mai, lavorano anche di notte per interpretare la lex e spesso talmente stanchi si addormentano sui fascicoli in cui si decidono le sorti dei litiganti, il destino dei civitoti.  C’è anche qualcuno(a) che fa trascorrere anni anni, due (così poco ?) per depositare le carte scioglimento dei vincoli di sposalizi andati in malore.

Qualcosa non funziona bene nella filiera sotto e sopra i portali, si inceppa sempre qualcosa e nessuno sa bene perché. Forse non si conoscono bene le tecniche del copia e incolla per produrre ordini giudiziari, se qualche tutore legale chiede notizie gli(le) rispondono con sgarbo dicendo che hanno tante cose da fare, ogni anno la stessa litania  “siamo pochi “, “siamo ridotti all’osso” ,” il lavoro ci seppellisce”, si chiudono nelle  stanze a scrivere sentenze con le penne rigorosamente a bic,  in modo da  velocizzare il lavoro.

Mi stupisce nel campo delle pene a cosa è servito il processo all’(ex) puparo, forse a scrivere qualche pagine di storia in più ? Non c’erano già in abbondanza ? O forse i giuristi vogliono fare gli storici?  Qui come altrove forse in tutto lo stivale, il popolo del liotru non mugugna ,è abituato al nulla, scherza e ride su tutto. La medaglia del potere dei giuristi(locali) e dei regnanti(locali ) hanno lo stesso volto ?

A volte si guardano in cagnesco, i primi amano gli inchini e i salamalecchi, i secondi le forme e le procedure , mi sembra tutto sommato che si allontano dal reale , vivono in ampolle autoreferenziali. Dai consoliamoci che arriva tra poco una “belle estate “ calda e torrida al punto giusto, i fascicoli possono posso attendere ingialliti dalla luce, i problemi poi per carità si risolvono non affrontandoli, nessuna fretta e nessuna ansia da prestazione, non è urgente risolvere , decidere il destino dei poveri cristi, di una comunità che langue.


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